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Capitolo 15

Le varie Compagnie nell'Oratorio - Smarrimento dei loro verbali - Due conferenze di D. Bosco tenute alla Compagnia del SS. Sacramento - Bisogno di una nuova Compagnia per gli artigiani - Un giovanetto convertito per una preghiera recitata in onore di S. Giuseppe - Divozione di D. Bosco a questo santo Patriarca - Giuseppina Pellico traduce per D. Bosco dal francese Le sette domeniche di S. Giuseppe - Istituzione della Compagnia di S. Giuseppe e suo regolamento - Frulli consolanti - D. Bosco scrive promettendo un suo artigiano per un Ospizio incipiente - 1 chierici sostegni delle Compagnie - Due lettere di D. Bosco al Rettore del Seminario e suo giudizio sulla condotta di qualche chierico.


Capitolo 15

da Memorie Biografiche

del 14 dicembre 2006

Un mezzo potentissimo per tener viva la divozione erano le compagnie di S. Luigi, dell'Immacolata e del SS. Sacramento. D. Bosco si recava in seno or dell'una or dell'altra per farvi udire la sua desiderata e persuasiva parola.

E i segretarii di ciascuna Compagnia cercavano di trascriverla il più fedelmente che fosse possibile nei loro verbali, che volta per volta redigevano. Era un vero tesoro, che andavano accumulando di massime, esempi, consigli, esortazioni, per trasmetterlo a quelli che loro sarebbero succeduti col trascorrere degli anni. Ma pur troppo le loro note non sono giunte fino a noi; invano le abbiamo diligentemente ricercate. Il mutamento dei locali dove si tenevano quelle care assemblee, per le continue fabbricazioni di nuovi edifizii; il passare di simili documenti dall'uno all'altro in mani private, che li custodivano presso di sè, perchè le sale servivano a più usi diversi; la morte di qualcuno di essi dei quali talora gli scritti o rimanevano inosservati o andavano smarriti; la santa avidità di chi, ritornando alla propria famiglia, se ne impadroniva per recare con sè una memoria della sua fanciullezza e di D. Bosco; il trasloco poi di ufficio e di casa dei segretarii, furono causa che per noi ora sono perdute.

Di due sole conferenze fatte da D. Bosco alla Compagnia del SS. Sacramento, in questo anno 1859, noi abbiamo ritrovate le traccie. In queste, come sempre, D. Bosco ha di mira in primo luogo l'istruzione religiosa dei giovani, perchè basata su questa, più ferma si mantenga la loro fede. I nostri lettori saranno contenti che noi assicuriamo la perpetuità eziandio di queste idee di D. Bosco; e quindi noi qui le riportiamo.

 

CONFERENZA PRIMA.

 

Il profeta Isaia aveva annunziato che alla venuta del Signore i monti si sarebbero scossi e che i cuori più induriti si sarebbero accesi di amore. Così fu! Ma se oggigiorno dal regno dei beati volgesse i suoi sguardi sulla terra, come vedrebbe raffreddato quel sacro entusiasmo, che egli forse sperava duraturo, intenso, ognora crescente fino alla fine dei secoli!

I Patriarchi e tutto il popolo Ebreo desideravano di vedere i giorni di Gesù Cristo, sospiravano di averlo in mezzo a loro, di essere da lui benedetti. E noi, ora che lo possediamo, che lo abbiamo nelle nostre chiese continuamente, che possiamo adorarlo presente, accoglierlo nel nostro cuore, parlare con lui, chiedergli tutto, perchè egli è padrone di tutto, come lo trattiamo? Per scuoterci dalla nostra ingratitudine, dalla nostra indifferenza, facciamoci queste due interrogazioni. 1. Che cosa fa per noi Gesù in Sacramento? 2. Che cosa dobbiamo far noi in conseguenza verso di Lui?

Che cosa fa Gesù per noi celato nel SS. Sacramento? Egli continua un atto il più profondo di umiltà, per darci esempio di questa virtù così necessaria. Tutta la sua vita mortale fu, è vero, un continuo umiliarsi; ma se io lo vedo nascere in una grotta, se giace su poca paglia, io pur odo il canto degli angioli, vedo una brillante stella che lo annunzia ai grandi della terra, ai Re Magi, i quali tosto si muovono ad adorarlo; se io lo vedo fra le turbe, disprezzato e svillaneggiato dagli Scribi e dai Farisei, vedo pur anche che ovunque egli passa lo accompagnano i più strepitosi miracoli; se io lo vedo pendere dalla croce, io vedo pur anche che al suo dolore si rattrista e si sconvolge il firmamento e il sole niega la sua luce; trema ed oscilla la terra sotto i piedi della croce; i morti risorgono dalle tombe; la natura scompigliata annunzia all'universo la morte del Dio fatto uomo. Ma nel SS. Sacramento non vedo cosa che mi possa in qualche modo indicare che vi stia nascosto un Dio onnipotente e terribile nelle sue giustizie, come infinitamente buono nelle sue misericordie. E perchè ciò? Per amore degli uomini! Per potersene rimanere con noi quasi nostro eguale, per insegnarci ad essere umili... Se egli lasciasse sfolgorare un raggio solo di sua maestà, chi mai regger potrebbe innanzi a lui? .....

E poi, se così fosse, che merito avrebbe un cristiano? Il merito sta nella fede; ma se questo Dio visibilmente si palesasse sui nostri altari tosto mancherebbe ogni nostro merito di credenti. Egli vuol darci facile, affettuosa occasione di acquistarci questo merito, col credere alle sue parole, che sono parole di un amico divino. Ma quale vivezza di fede egli trova in noi?

Innanzi ad un Dio così buono come dovremo giudicare la nostra indifferenza verso la sua carità? Si entra in chiesa sbadatamente; non si degna il tabernacolo di una genuflessione,

oppure gli si fa un inchino solo per metà; alcuni paiono quegli stessi Giudei i quali, bendato Gesù, lo inchinavano per dispregio! Ah, miei cari, entrando in chiesa fissate gli occhi nel tabernacolo ove sta Gesù Cristo. Benchè non lo vediate egli è là! Ravvivate la vostra fede; pensate che quivi abita colui, innanzi al quale tremano tutte le legioni degli angioli e tutte le schiere dei santi stanno colla fronte a terra.

Domando ancora: che cosa fa nostro Signor Gesù Cristo nel SS. Sacramento dell'altare? Egli prega continuamente l'Eterno suo divin Padre per noi: rattiene i suoi castighi, i suoi fulmini che ci scaglierebbe pei nostri peccati. Se nel mondo non si vedono e non si sentono più certi così terribili castighi, che piombavano sul popolo ebreo nel tempo dell'antica legge, non è già perchè i nostri peccati non siano tanto enormi, oppure che minore sia il loro numero. Anche voi sapete quali e quanti empii uomini regnino fra di noi. Chi rattiene il braccio della giustizia eterna tutti i giorni, tutti i momenti, senza intermissione ? È Gesù sui nostri altari, che specialmente nella S. Messa si offre vittima per noi. Alla vista delle sue piaghe l'angelo sterminatore rinfodera la spada...

 

CONFERENZA SECONDA.

 

Avete udito nell'ultima conferenza che cosa fa Gesù per noi nel SS. Sacramento: resta ora che esaminiamo ciò che si deve fare per lui. Egli qui se ne sta sui nostri altari in continue umiliazioni, s'immola, prega per noi; e noi dobbiamo 1. per le sue umiliazioni dimostrargli riconoscenza di una vera fede; 2. pei suoi patimenti una riconoscenza di acceso amore; 3. per le preci che di continuo porge per noi una riconoscenza di perfetta contrizione.

1. Egli, Dio così grande, se ne sta nascosto, annientandosi sotto le specie di poco pane e di poco vino. Questo suo abbassamento dovrebbe essere agli uomini di stimolo per crederlo più fermamente Dio d'amore, che per solo amore, ed amore per chi poco lo ama, così si umilia. Eppure quanti sono mai gli eretici, che per questo appunto che non veggono alcuna apparenza di divino, osano negarlo in Sacramento.....

Vorrebbero costoro vedere co' proprii occhi la divina faccia di Gesù Cristo, vorrebbero sentire le angeliche armonie di tutti quelli spiriti beati, che di continuo gli fanno corona. Ma sappiano costoro che, chi non crede alla parola di Gesù Cristo, non vedrà mai la sua faccia, e sarà condannato. Sconoscenti, ingrati, di dura cervice, della stessa razza di quei perfidi Ebrei, i quali, non potendo negare i miracoli, che Gesù Cristo in loro presenza andava operando, dicevano che tali miracoli egli operava in virtù del demonio. In tal modo adunque, o mio Divin Salvatore, vi viene dagli uomini pagato il vostro abbassamento ? Ah! mio Gesù! È vero che vi sono alcuni tanto ingrati, che non vi riconoscono, ma fra tanta ingratitudine vi sono moltissime anime, vi sono tutti questi giovanetti, che vi credono con tutta la forza del loro cuore, vivo e vero presente nel SS. Sacramento. Sì, credono che voi siete il figlio dell'eterno Padre, del Dio vivente, padrone assoluto di tutto il creato: vi credono vero figlio di Maria da cui nasceste per liberarci dagli artigli dell'infernal nemico .....

2. O tempi felici della primitiva Chiesa in cui quei fervidi campioni di Cristo cotanto si segnalavano per la loro carità, quanto siete mai desiderati ai giorni nostri. Qual fosse l'amore dei primi cristiani verso Gesù Cristo nel SS. Sacramento si può apprendere dalla storia. Non dimenticavano un solo istante il Calvario e la Croce. Con qual riverenza, con quale adorazione, con quale divoto raccoglimento essi stavano al suo cospetto, andavano a visitarlo, assistevano al S. Sacrifizio, facevano la comunione! In quei sacri templi chi piange di gioia, chi manda dal petto affocati sospiri, chiètratto come in estasi fuori di sè. Verginelle ed innocenti fanciulli inneggiando al Divino Agnello, come si fa dagli Angioli nella celeste Sionne, par loro lento a venire quel fortunato istante in cui possano stringere al seno il loro Gesù. E con Gesù nel cuore,èper amor suo, che li vedete andare incontro eroicamente ad un glorioso martirio e col sangue e colla vita, render grazie a Gesù di quel sangue e di quella vita che Egli ha consumata per loro sulla croce. Ma ohimè! Volgendo i miei sguardi da quei cristiani ai cristiani di oggidì, qual differente spettacolo non mi si affaccia! che rilassatezza, che freddezza, che negligenza nel mortificare i proprii sensi! Ma se non vale ad accendere d'amore i nostri cuori quel che tanto ha fatto e sofferto per noi il Divin Salvatore Gesù, che cosa mai potrà accenderlo?

3. In ultimo le preci che Gesù porge per noi devono spingerci a dimostrargli una riconoscenza di perfetta contrizione. E chi mai non avrà da rimproverarsi di qualche irreverenza, se volge i suoi pensieri alla vita passata? Quanti mancamenti di rispetto alla sua presenza, quante distrazioni! Quante comunioni fatte con un cuore freddo, indifferente, fatte solo forse per convenienza, per non dar nell'occhio! Chi sa ancora che qualche volta non si abbia rinnovato il tradimento di Giuda col sacrilegio! E Gesù fu sempre così buono, così compassionevole per la nostra miseria! Ah! ognuno vi pensi un po' sul modo col quale ha trattato Gesù e risolva per l'avvenire di accendere nel suo cuore una fede viva in riconoscenza delle tante umiliazioni a cui per nostro amore si assoggettò questo nostro buon Dio; di far ardere il suo cuore d'amore verso questo buon Gesù per i patimenti che gli tocca soffrire nel SS. Sacramento dagli ingrati suoi figli; di eccitarci ad un vero pentimento di tutti i nostri peccati, in riconoscenza delle preghiere che porge al suo Eterno Padre per noi ......

 

Mentre così D. Bosco animava al bene i soci del SS. Sacramento, vedeva non essersi nell'Oratorio provveduto ancora abbastanza colle Compagnie ai bisogni di tutte le classi degli alunni. Per gli adulti interni di virtù soda, era la Compagnia dell'Immacolata, che li esercitava nella carità spirituale verso i compagni e ai quali udimmo D. Bosco proporre affettuosamente come modello S. Giovanni Evangelista, il quale aveva meritato per la sua innocenza e per il suo zelo di ricevere in custodia Maria SS. Per i suoi catechisti, sia interni sia esterni, stavano le conferenze aggiunte di S. Vincenzo de' Paoli, del quale Santo egli descriveva l'industriosa carità. La Compagnia del SS. Sacramento col Piccolo Clero era esclusivamente formata dagli studenti. Quella di San Luigi avrebbe dovuto abbracciare tutti i giovani interni ed esterni, ma il numero considerevole degli studenti che vi erano ascritti, la diversità degli orarii, il prudente consiglio di non togliere ai giovani qualche tempo di ricreazione nei giorni festivi, la diversità di inclinazione, istruzione e dimestichezza faceva sì, che pochi fossero talvolta gli artigiani che la frequentassero.

D. Bosco adunque deliberò che pure gli artigiani avessero una compagnia loro propria, alla quale sarebbero stati aggregati i più volenterosi del bene; e fu quella di S. Giuseppe modello del buono, laborioso e cristiano operaio. D. Bosco era certo che i suoi cari artigiani, ascoltando nelle conferenze istruzioni convenienti al loro stato, sentirebbonsi portati alla pietà ed alla divozione.

Una sera raccontava loro quanto S. Giuseppe amasse i giovanetti. - Or son pochi anni, ei diceva loro, un povero garzone della città di Torino, il quale non aveva ricevuto nessuna istruzione religiosa, andò un giorno a comperare un soldo di tabacco. Ritornato fra i suoi compagni, che lo aspettavano, volle leggere quel pezzetto di carta stampata nel quale il tabacco era stato involto dal bottegaio. Era un'orazione a S. Giuseppe per ottenere una buona morte. Stentava il buon giovane a comprenderne il senso, eppure era così commosso da quel poco che intendeva, da non poter staccare gli occhi dalla carta. I suoi amici, spinti dalla curiosità, avrebbero voluto ancor essi leggerla, ma egli se la nascose in seno e prese a divertirsi. Era per altro impaziente di rileggere quell'orazione tanta era l'ineffabile dolcezza, che aveva provato nel leggerla la prima volta. Infatti la studiò tanto che la ritenne a memoria e la recitava ogni giorno, ma quasi materialmente, senza intenzione formale di ottenere qualche grazia.

S. Giuseppe non fu insensibile a quell'omaggio, direi involontario: toccò il cuore di quel povero giovane, il quale, essendosi presentato a D. Bosco, gli procurò la fortuna inestimabile di ricondurlo a Dio. Il giovane corrispose alla grazia: ebbe il tempo d'istruirsi nella religione, che fino allora aveva trascurata non conoscendola, e potè far bene la sua prima comunione; ma poco dopo cadde in una malattia della quale morì, lodando ed invocando il nome di S. Giuseppe, che a lui aveva ottenuto pace e consolazione in quegli estremi momenti.

La parola di D. Bosco era di fuoco perchè accompagnata dall'esempio. Non è a dire quanto egli amasse S. Giuseppe e lo dimostrò con atti continui in tutta la sua vita, come ce ne fanno testimonianza gli allievi più illustri di tutti i suoi tempi. Lo aveva nominato tra i patroni dell'Oratorio, aveva messi gli artigiani sotto la sua protezione, e lo aveva proclamato eziandio protettore degli esami per gli studenti. A lui ricorreva ne' suoi bisogni ed esortava gli altri ad invocarlo. Più volte parlava lungo l'anno alla sera dell'efficacia della sua intercessione, faceva celebrare la festa del Patrocinio nella terza Domenica dopo Pasqua e soleva prepararvi gli alunni con fervorini di un'unzione particolare. I giovani santificavano il mese dedicato a questo Santo in chiesa, o individualmente, o uniti in gruppi senza averne alcun obbligo di regola, ma tanta era la loro divozione da lui instillata, che quasi tutti prendevano parte alla pia pratica. D. Bosco poi nelle chiese che edificò volle sempre fosse dedicato un altare a S. Giuseppe. Godette molto e dimostrò una grande contentezza allorquando il Papa Pio IX lo proclamò Patrono della Chiesa Universale; e nel 1871 dichiarò che in tutte le sue case si dovesse farne la festa il giorno 19 marzo dagli studenti e dagli artigiani con perfetto riposo in ogni lavoro. In quegli anni, in Piemonte, il 19 marzo era cancellato dal numero dei giorni festivi.

Di questa sua divozione costante dava prova nel 1859, aggiungendo nel Giovane Provveduto una pratica in memoria dei sette dolori e delle sette allegrezze di S. Giuseppe; una preghiera allo stesso per ottenere la santa virtù della purità; un'altra per impetrare una buona morte e bellissime laudi sacre in suo onore. Nel regolamento poi dell'Oratorio festivo, metteva la seguente nota nella parte 3 a, capo v. “Nelle sette Domeniche precedenti alla festa di S. Giuseppe avvi Indulgenza Plenaria per chi si accosta al santo Sacramento della confessione e comunione; perciò se ne dia avviso per tempo e si indirizzano ai giovani speciali parole d'incoraggiamento ”.

Di ciò non contento incaricava la sorella di Silvio Pellico a tradurre dal francese un opuscolo intitolato: Le sette Domeniche di S. Giuseppe, che intendeva dare alle stampe e divulgare tra il popolo. Pubblichiamo una lettera di questa buona signora scritta sul principiar dell'inverno intorno a detto opuscolo.

 

Ill.mo e Molto Rev.do,

 

Giacchè andò a monte il piacere ch'io sperava di veder la S. V. Ill.ma alla mia casa di campagna, mi permetta ch'io La ringrazi dell'onore che degnavasi procurarmi.

Sembrandomi che per correggere quella piccola mia traduzione delle Sette Domeniche di S. Giuseppe Le sia necessario il testo francese, feci cercare in Torino quell'opuscoletto, ma non c’è; Le invio pertanto il qui unito, il quale, quantunque cosa sì da poco, desidererei riavere, perchè, come vede, lo tengo dall'autore; perciò mi raccomando.

V. S. Ill.ma che ha tante conoscenze, deh! guardi di ricoverare Hinger in qualche modo per quest'inverno che s'avanza! Come farà egli con niente? vorrebbe lavorare, ma con niente non si può fare niente.

V. S. dirà con ragione, ch'io sono importuna; ma no, non lo dirà, perchè V. R. ha la carità nel cuore, e a quest'ora saprà da Hinger stesso, che per aver già fatto per lui il più ch'io potei, sono ora indebitata non poco, e che da più di quattr'anni son perseguitata dalla grandine e da altre avversità. Siane lodato Iddio, sì, ma non mi restano mezzi per aiutare ancora quel poveretto.

Cosa c'entro io, mi dirà V. R. e cosa posso fare? Ah! prenda la cosa a cuore e qualche Provvidenza l'aiuterà!

Mi perdoni per amor di S. Giuseppe, soccorra Hinger per amor di S. Giuseppe, e S. Giuseppe proteggerà ognor più il suo Stabilimento e benedirà le sue fatiche. Colla più viva fiducia, ho l'onore rassegnarmi con profondo rispetto

Della S. V. Ill.ma e M.to Rev.da

27 ottobre 1859

Umil.ma, dev.ma ed obbligat.ma serva

GIUSEPPINA PELLICO.

 

Per la venerazione adunque che D. Bosco professava a S. Giuseppe, preparavasi a stabilire una Compagnia in suo onore. Il Ch. Bonetti Giovanni, che aveva per un anno fatti gli studii di filosofia nel Seminario di Chieri, attratto dall'amore che portava a D. Bosco e dalla memoria della vita incantevole di famiglia che si godeva presso di lui, era tornato nell'Oratorio. Ora essendogli stata affidata l'assistenza degli artigiani, conoscendo egli le intenzioni di D. Bosco, chiedeva ed otteneva di poter dare principia ed ordine a tale Compagnia. Annunciato il progetto ai giovani artigiani, questi lo accolsero con vivo piacere.

Moltissimi risposero premurosi all'appello e il giorno dell'iscrizione, probabilmente il 20 marzo, Domenica, diede luogo ad una bella festa religiosa e ricreativa. Da quel punto la Compagnia di S. Giuseppe ebbe continua e prospera vita fino ai giorni nostri.

D. Bonetti ne pose le basi con un regolamento ispirato e corretto da D. Bosco, al quale poi si fecero varii cambiamenti, ma lo spirito rimase sempre lo stesso.

Nel modo seguente era ideata la nuova Compagnia:

 

I.

 

SCOPO DELLA COMPAGNIA DI S. GIUSEPPE.

 

Scopo di questa Compagnia è di promuovere la gloria di Dio e la pratica delle virtù cristiane specialmente nei giovani artigiani educati nell'Ospizio di S. Francesco di Sales.

 

II.

 

MEMBRI COMPONENTI LA COMPAGNIA.

 

La Compagnia sarà composta d'un Presidente, Vice - Presidente e d'un Segretario nominati dal Direttore dell'Istituto.

Membri effettivi potranno essere pertanto i giovani artigiani, i loro Maestri d'arte, Assistenti, Catechista e tutti quelli, che soddisferanno alle condizioni in appresso indicate.

 

III.

 

CONDIZIONI D'ACCETTAZIONE.

 

Per far parte di questa Compagnia è necessario:

1. - Che il giovane faccia apposita domanda diretta o mediata al Presidente della medesima.

2. - Che sia stato ammesso alla santa Comunione.

3. - Che abbia dato prove di buona condotta per due mesi.

4. - Che sia giudicato idoneo dai membri componenti la Direzione della Compagnia, e v'intervenga l'approvazione del Superiore dell'Istituto.

5. - Che abbia lette le Regole della medesima e prometta di osservarle.

6. - Sarà aspirante per due mesi; dopo i quali, se avrà data prova d'idoneità, verrà inscritto nel registro dei Soci effettivi.

7. - Nel giorno di sua accettazione si accosterà ai SS. Sacramenti, riceverà la medaglia benedetta di S. Giuseppe, coll'attestato di ammissione.

Si raccomanda a tutti di portare divotamente al collo questa medaglia, anche per lucrare le molte indulgenze che vi sono annesse.

 

IV.

 

REGOLE GENERALI.

 

I giovani che fanno parte della Compagnia di S. Giuseppe, confidando nel potente aiuto di questo gran Santo, promettono:

1. Di osservare diligentemente tutte le Regole dell'Istituto.

2. Di prestare un'esatta ubbidienza ai Superiori, ai quali si sottomettono con una illimitata confidenza; e di edificare i compagni, sia col buon esempio, sia ammonendoli caritatevolmente colle parole ogni qualvolta se ne presenti l'occasione, eccitandoli al bene e distogliendoli dal male.

3. - Di adoperarsi colla massima carità per impedire le risse ed ogni sorta di dissenzioni tra i compagni in qualsiasi luogo o circostanza.

4. - Di evitare rigorosamente, e di impedire, o per sè, o per mezzo di altri, i cattivi discorsi e qualsiasi altra cosa contraria alla modestia.

5. - Di avere in abbominazione l'ozio, procurando che siano ben occupati tutti i momenti della giornata.

6. - Di vincere il rispetto umano, non facendosi schiavi di vani od immaginari timori.

7. - Di mortificare i sensi esterni per potersi conservare puri e casti nei pensieri, nelle parole e nelle opere, ad imitazione di S. Giuseppe, che fu il primo ad offrire a Dio con voto la sua purità, e meritò d'essere Custode della stessa purezza, Gesù Cristo.

 

V.

 

REGOLE PARTICOLARI.

 

Non vi sono preghiere speciali; nulladimeno raccomandiamo queste poche pratiche:

1. - La frequenza ai SS. Sacramenti una volta alla settimana o almeno ogni quindici giorni.

2. - Di onorare in modo particolare il nostro Patrono San Giuseppe nelle sue feste, come sarebbe il santo suo sposalizio (23 gennaio), il giorno della preziosissima di Lui morte (19 marzo) ed il suo Patrocinio (III Domenica dopo Pasqua). Sarà cosa ottima fare precedere a tali feste, una novena di Comunioni in onore del Santo.

3. - Di fare qualche pratica di pietà nel mese di S. Giuseppe, alla quale potranno prendere parte anche quelli non ascritti alla Compagnia.

4. - In tutte le solennità dell'anno i figli di S. Giuseppe, procureranno d'accostarsi divotamente alla Santa Comunione.

5. - Avvenendo il caso che alcuno dei soci ammalasse, il Presidente ne parlerà nella prossima conferenza, affinchè si facciano preghiere speciali per lui.

6. - Se sarà opportuna la notturna assistenza, il Presidente potrà darne avviso a due dei membri della Compagnia, che compiano sì bell'opera di carità; e se il malato continua ad averne bisogno, i soci compiranno questo ufficio, due per ciascuna notte, come crederà meglio il Direttore.

7. - Se il compagno infermo passasse all'altra vita, i Soci, col consenso del Direttore della Casa, assisteranno al funerale, e ne accompagneranno il cadavere alla sepoltura. Si farà da ciascun membro la Comunione in suffragio del medesimo, e nella prossima conferenza, invece di altra opera di carità, si reciterà la terza parte del Rosario pel compagno defunto.

Per tranquillità di ciascuno si dichiara che le suddette regole, per se stesse, non obbligano sotto pena di colpa neppur veniale, se non in quelle cose che fossero già in questo senso comandale o proibite dai precetti di Dio e della Chiesa.

 

VI.

 

REGOLAMENTO PER LE CONFERENZE.

 

1. - I membri della Compagnia di S. Giuseppe si raduneranno una volta alla settimana, assistiti dal Presidente. Durante l'ingresso si farà lettura di un tratto della vita di S. Giuseppe, o di qualche altro libro edificante.

2. - Si aprirà la Conferenza coll'invocazione dello Spirito Santo e colla chiama di tutti i Soci effettivi ed aspiranti.

3. - Nelle Conferenze si tratteranno cose spettanti al culto di S. Giuseppe, l'imitazione delle sue virtù, la diffusione di buoni libri; insomma s'inculcherà tutto ciò che riguarda il benessere spirituale e materiale dei Soci della Compagnia.

4. - Nelle Conferenze si faranno proposte di Postulanti, ed i membri componenti la Direzione potranno dare il loro parere sull'Accettazione degli Aspiranti, di cui il Presidente ne terrà conto, mentre potrà rimandare l'accettazione o farla come giudicherà meglio nel Signore.

5. - Le Conferenze in generale saranno brevi e si chiuderanno con un Pater, Ave, Gloria, Versetto ed Oremus in onore di S. Giuseppe.

6. - Ogni mese si renderà conto al Superiore della Casa di quanto si è fatto nelle Conferenze, dell'aumento o diminuzione dei Soci, dell'osservanza delle Regole e del progresso della Compagnia.

 

Tale fu il regolamento della Compagnia di S. Giuseppe, il quale così assegnava gli uffizi ai membri componenti la Direzione. - Era ufficio del Presidente convocare le adunanze della Compagnia, di aver cura dell'istruzione religiosa dei soci e di promuovere, con tutti quei mezzi che la prudenza gli suggeriva, il maggior progresso spirituale e materiale che gli fosse possibile tra i confratelli. - Il Vice - Presidente doveva supplire il Presidente ogni volta che questi fosse impedito di presiedere le radunanze, e coadiuvarlo in tutte quelle cose, che non potesse disimpegnare. Il Segretario aveva l'incarico di notare le assenze dei soci ed aspiranti, di tener conto del soggetto di ogni conferenza e dei punti principali di esse, stendendone il verbale per poscia trasportarlo su apposito registro. A lui spettava eziandio notare quanto accadeva di più importante riguardo alla Compagnia e tenere un elenco esatto di tutti i soci ed eziandio degli Aspiranti. - I Consiglieri e Decurioni dovevano invigilare, affinchè i Soci osservassero esattamente il Regolamento della Compagnia.

Per dare la dovuta importanza a questa Compagnia furono dichiarati membri onorarii i Superiori maggiori dell'Oratorio e fu dessa equiparata a quella di S. Luigi. Mentre per essere membri delle Compagnie dell'Immacolata, del SS. Sacramento e del Piccolo Clero bastava farsi iscrivere; per appartenere alla Compagnia di S. Giuseppe, dovevasi recitare una formola di adesione .

I benedetti risultati di questa nuova Compagnia appariranno evidenti dal complesso delle nostre pagine, e fin d'allora erano prevedibili per la buona condotta di gran parte degli artigiani. Era questa talmente nota che di essi facevasi richiesta in varii laboratori ed Istituti del Piemonte, e poi dell'Italia e di molte altre parti del mondo. Dei nomi di questi vi sarebbe da fare un elenco sorprendente.

Abbiamo ancora una lettera di quest'anno, scritta da D. Bosco ad un fondatore di un ospizio di carità che gli chiedeva un artigiano.

 

Carissimo nel Signore,

 

L'aspetto torbido delle cose politiche mi hanno fatto indugiare alquanto a rispondere alla venerata di Lei lettera. Dirò adunque:

Qualora si continui nel progetto mentovato, io Le potrei mandare uno de' miei giovani, non famoso calzolaio, ma capace di tagliare e fare l'oggetto di sua arte. Riguardo alla condotta, spero, non vi saranno lagnanze, ad eccezione che decada dall'attuale maniera di vivere. Le farò trarre copia del regolamento di questa casa e glielo farò tenere. Per la radunanza festiva sarebbe mestieri parlarci; perciò se mai venisse a Torino faccia di poter passare qualche giorno festivo con noi e vedrà come ce la caviamo in nomine Domini. Quando ci sia qualche cosa di fatto mel dica e si Dominus dederit, Le andrò a fare una visita.

Qualora gradisse meglio un giovane sarto l'avrei pure.

Umili saluti all'intrepido D. Fenoglio. A tutti e due gran coraggio nel Signore. Faccia un milione di associati alle Letture Cattoliche; preghi per me e per li miei poveri figli; mentre mi professo

Di V. S. C.ma nel Signore

Torino, 3 aprile 1859

Obbl.mo Servitore Amico

           Sac. Bosco G.

 

Ed ora finiamo questo capitolo con una osservazione. Se della compagnia di S. Giuseppe e di tutte le altre era anima la frequenza alla SS. Comunione, la formazione, l'incremento e il vincolo che stringeva i membri di tali istituzioni, si deve attribuire allo zelo ed al buon esempio dei chierici. Don Bosco quasi ogni settimana li radunava in sua camera ad intime conversazioni nelle quali inculcava loro le sue idee, dava norme perchè mantenessero un'illibata condotta; e descrivendo le virtù di S. Francesco di Sales, non di rado faceva caldi elogi della sua dolcezza, purità e spirito di sacrificio nell'adoperarsi in ogni modo e a costo della stessa sua vita per la salvezza delle anime.

Questi chierici oggetto delle sue più tenere cure se gli era tirati su lui fin dalla prima loro età e corrispondevano ai ricevuti insegnamenti. E non doveva essere diversamente; poichè egli non ammetteva nel suo clero o in quello dei Seminarii, se non quei giovani che davano sicurezza di buona riuscita; e li aiutava in ogni modo nel conseguimento dei loro santi desiderii.

Così egli scriveva al Can. Vogliotti Rettore del Seminario e Provicario diocesano:

 

Ill.mo Signor Rettore,

 

Il chierico Alasia da Sommariva, seminarista di Chieri, mi scrive che gli è fatta dimanda della pensione. Egli andò in Seminario nella speranza di averla gratis, siccome Ella avevami fatto sperare. Io mi raccomando affinchè V. S. venga al medesimo in aiuto, altrimenti, non potendo pagarsi nemanco un soldo, sarebbe costretto di andarsene a casa. - Il Chierico Bonetti la godeva intiera l'anno scorso; Ella mi ha fatto sperare che prendendo io in casa il Bonetti, l'avrebbe trasferita al giovane Chierico Alasia.

Pieno di fiducia nella sua bontà mi professo con pienezza di stima

Di V. S. Ill.ma

Da casa, 6 aprile 1859

Obl. Servitore

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Coloro poi che non tenevano buona condotta, li escludeva senza riguardi dallo stato clericale, dando al Superiore ecclesiastico informazioni sincere. Egli aveva risposto ad una domanda del sopraddetto Rettore del Seminario in questi termini:

 

Ill.mo e molto Rev.do Signor Rettore,

 

Sono un po' imbrogliato a dare notizie del giovane……di…... Le dirò coram Domino le cose siccome le conosco. Di studio bene, di condotta mediocre e fu licenziato dalla casa per motivo da non nominarsi fra i cristiani. Quivi ha fatto fino alla Rettorica inclusivamente; e può darsi che da due anni, da che non è più qui, abbia tenuto miglior condotta e perciò si meriti speciale onorevole raccomandazione.

Credo che tali informazioni basteranno, disposto a spiegare le cose pi√π minutamente qualora ne faccia mestieri, mentre mi professo con gratitudine Di V. S. Ill.ma

Da casa, 15 marzo 1859

Obbl. Servitore

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

N. B. Quando detto giovane si presentò per l'esame di Vestizione, io gli rifiutai la fede di buona condotta; ed egli andò a farsela fare dal suo Curato.

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