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Capitolo 14

Letture Cattoliche - Risposte dei Vicarii generali invitate a divulgarle - Il GALANTUOMO pel 1855 - Scissioni tra i Valdesi - Lettera di D. Bosco al Ministro Valdese De Sanctis perseguitato da' suoi correligionarii - Risposta - Due altre lettere di D. Bosco allo stesso Ministro per invitarlo a ritornare a Dio - Visite, dispute, ostinazione - Morte disgraziata.


Capitolo 14

da Memorie Biografiche

del 28 novembre 2006

Narrati avvenimenti non avevano interrotta la regolare pubblicazione  delle Letture Cattoliche. Per l'ottobre, per la prima metà di novembre e pel mese di febbraio 1855, eransi fissati cinque fascicoli, nei quali era divisa l'operetta anonima: La buona regola di vita per conservare la sanità.- Conversazioni.

    Sono dieci conversazioni sugli effetti fisici e morali dell'intemperanza, dell'abuso del bere e del mangiare, di certe abitudini contro l'onestà dei costumi, dell'ira e delle passioni egoistiche; e suggeriscono i mezzi di emendarsene, descrivendo i felici effetti di questa emendazione. Si accenna anche ai vizii de' coriféi del protestantesimo. L'ultima conversazione espone una buona regola di vita in famiglia e in società. Un dottore è il caritatevole consigliere di vari giovanotti che egli riconduce sul retto sentiero, rimettendo la pace e la felicità nelle loro case D. Bosco continuava intanto a cercarsi nuovi associati, e per questo fine si raccomandava con lettere e circolari stampate, alle diverse Curie ecclesiastiche del regno. Ecco le risposte che ancora si conservano:

 

   Ho ricevuto le 180 copie della lettera circolare di cui mi fa cenno nel pregiatissimo suo foglio del 31 scaduto ottobre. Ne ho tosto fatto la diramazione in tutte le parrocchie della diocesi, e spero che ne risulterà l'effetto corrispondente a; benefici e pii di Lei desiderii.

Gradisca, ecc.

Nizza, li 10 novembre 1854.

 

Can. Arcid. Guiglia, vic. gen.

 

 

Ieri sera mi giunse il pacco colle incluse circolari che saranno poco per volta diramate in tutta la nostra diocesi. Il Signore benedica lo zelo sempre più edificante della S. V. M. R. Dovunque possa cooperare in qualche cosa alle religiose di Lei intraprese, non mi risparmi e farò tutto quel poco che mi sarà possibile.

Gradisca con tutta stima ecc.

Novara, II novembre 1854.

 

Scavini, vic. gen.

 

 

Insieme col gentil foglio di V. S. Preg.ma delli 31 p.p. mese di ottobre mi pervennero, non sono che due giorni, le ivi enunciate circolari, che di concerto col ven.mo Prelato d'Ivrea furono compilate.

   Le circolari stesse munite del timbro vescovile verranno subito diramate ai Parrochi di questa città e diocesi e ad altre pie persone onde vengano viemaggiormente diffuse le letture cattoliche.

E’ commendevolissimo e santo lo scopo cui si mira, epperò io spero che le zelanti fatiche della S. V. Preg.ma saranno da Dio benedette e coronate di felice successo.

Gradisca intanto, ecc.

Asti, 15 novembre 1854.

 

Can. Mussi, vic. gen.

 

 

Contemporaneamente D. Bosco preparava il Galantuomo, almanacco pel gennaio 1855. In queste pagine dettava ricette per bevande suppletive al vino, e per levare le macchie dagli abiti: quindi dava una bella esposizione delle principali solennità della Chiesa, vari aneddoti edificanti, un dialogo intorno alla sacramentale Confessione, e due poesie graziose, una in lingua italiana, l'altra in dialetto piemontese.

    Ma degna di nota speciale è la prefazione colla quale D. Bosco, usando uno stile festevole, vuol togliere dal popolo certi pregiudizi, e ricorda quanto fecero il Sindaco e i buoni cittadini per soccorrere i poveri nell'ultima epidemia. Ne rechiamo alcuni periodi:

 

 

Il Galantuomo ai suoi amici.

 

Son ancor vivo; sono ancor vivo! Che trista annata ho dovuto passare... Alla metà dell'anno rimasi privo di lavoro, privo di danaro, carico di debiti... Ma la miseria fu il minore dei miei mali. Appena scoppiò quella malattia terribile che chiamano cholera-morbus, parecchie famiglie che dimoravano vicino a me ne furono orribilmente colpite. Dieci miei amici di mia età (io ho quarant'anni), sani e robusti ne furono vittima; oh! che morte spaventosa fecero mai!... Se si fossero lasciati portare al Lazzaretto forse non sarebbero morti; ma non ci vollero mai acconsentire, perchè erano imbevuti della falsa idea, che colà loro venisse data una caraffina bianca per farli morire, e intanto morirono senza caraffina. Poveri amici, requiescant in pace. Mi consola però che sono morti da buoni cristiani e spero che saranno in cielo con Dio.

   Mentre io credeva di avere ormai passata la burrasca e quasi voleva cantare alleluia, il temporale cadde terribilmente sopra di me... Io ed un mio ragazzo fummo colpiti dal coléra; e poichè in casa mia non eravi che miseria, fummo ambidue portati al lazzaretto. Colà non mi fu risparmiata cura e diligenza; io sono guarito; mio figlio andò all'altro mondo. In quei momenti fatali la Divina Provvidenza venne in mio soccorso. Il Sindaco della città fece ricoverare due miei superstiti ragazzi, che spero presto poter ritirare in casa mia; alcuni pii signori della società di S. Vincenzo de' Paoli mi hanno con assiduità assistito. Più volte essi mi portarono danaro, lenzuola e coperte; al presente ancora mi portano un biglietto per carne, due per pane in ciascuna settimana. Insomma la carità di persone pubbliche e private, dopo Dio, mi hanno salvato la vita. Il Cielo sia loro propizio, e tutti li difenda dal cholera-morbus.

   Intanto ho pensato di metter testa a partito, e pensare un po' più seriamente all'anima mia; perciò non stupitevi, miei cari amici, se in questo anno lascierò a parte alcune minchionerie e parlerò più assennato.

   Ho fatto una raccolta di notizie e di vari aneddoti, i quali, leggendo, spero che potrete ritrarre molto vantaggio per voi e per le vostre famiglie. Il Cielo ci sia propizio, ci scampi dai pericoli, e ci doni tempi migliori; l'anno venturo, se avrò ancor vita, ritornerò a farvi una visita.

In questi mesi frattanto gli eretici di vario colore, che parevano stretti ad un patto per disfarsi di D. Bosco, avevano cessato di far parlare di loro. Ma scomparso il coléra,, ripresero le loro geste odiose e in specie riaccendevano le loro antiche intestine discordie. Si erano scissi come in due partiti, gli Evangelici ed i Valdesi, e di quando in quando si accapigliavano e si maledicevano a vicenda. Eransi proposti di comporre un catechismo, ed era già stato preparato da tre dei loro pastori, ma non poterono mettersi d'accordo. Avevano tanti principi religiosi quante erano le teste. Odiandosi a vicenda, in varii paesi delle valli e in altri luoghi del Piemonte, formavano nuove sette, assumendo, con varie denominazioni, il titolo fastoso di chiese libere.

    La discordia si era accesa fin da quando si trattò di nominare il Ministro che officiasse il nuovo tempio sul corso del Re. I Valdesi avevano parteggiato per Amedeo Bert, gli Evangelici per l'ex-parroco apostata De Sanctis. Le questioni si accentuarono a tal punto che nel mese di novembre del 1854 il Ministro Valdese De Sanctis, venuto a rottura co' suoi colleghi, era stato destituito dal suo uffizio per ordine della così detta Venerabile Tavola, ossia Supremo Magistrato della Chiesa Valdese. Il periodico della setta degli Evangelici, La luce evangelica nel suo numero del 4 di detto mese, ne dava la notizia con queste piccanti parole: - “ Il Signor De Sanctis, Ministro del Santo Vangelo, che da due anni in qua ha evangelizzato in Torino con soddisfazione di tutti, è stato, dalla Venerabile Tavola della Chiesa Valdese dimesso istantaneamente dall'uffizio di Evangelista. Siccome una tale determinazione della Venerabile Tavola scandalizza la Chiesa, e può attaccare presso i forestieri (non presso gli Italiani che lo conoscono) il carattere del Signor De Sanctis, la Direzione della Luce Evangelica invita i membri della Chiesa che si sentono abbastanza indipendenti, a dire se possono o no in coscienza, e davanti a Dio che ci dovrà giudicare approvare la determinazione della Venerabile Tavola ”.

    Questo disinganno toccato al povero apostata era una voce, che gli faceva udire il Signore, per richiamarlo sul buon sentiero e al seno della Cattolica Chiesa, che egli aveva vergognosamente abbandonata. Quindi D. Bosco, il quale regolavasi co' suoi avversari in ben altra maniera di quella colla quale essi aveanlo trattato, cercò, in quei giorni, di render più facile al De Sanctis la via della salute. Gli scrisse perciò una lettera:

 

Torino -Valdocco, 17 novembre 1854.

 

Ill.mo e Stimabile Signore,

 

Da qualche tempo andavo meditando in cuor mio di scrivere una lettera a V. S. Ill.ma, ad oggetto di esternarle il mio vivo desiderio di parlarle e di offerirle quanto un sincero amico può offrire all'amico. E ciò derivava dall'attenta lettura fatta dei suoi libri, la cui mercè parevami scorgere una vera inquietudine del cuore e dello spirito di Lei.

   Ora da alcune cose stampate nei giornali sembrando essere V. S. in disaccordo coi Valdesi, Le faccio invito di venire in casa mia, qualora Le gradisse. A che fare? Quello che il Signore Le inspirerà. Avrà una camera per dimorare, avrà meco una modesta mensa; dividerà meco il pane e lo studio. E ciò senza alcun tratto consecutivo di spese per parte sua.

   Ecco i sentimenti amichevoli che Le esterno dal profondo del mio cuore. Se Ella potrà venire in cognizione quanto sia leale e giusta l'amicizia mia verso di Lei, accetterà le mie proposte, o almeno mi darà un benigno compatimento.

   Secondi il buon Dio questi miei desiderii, e faccia di noi un cuor solo ed un'anima sola per quel Signore, che darà il giusto compenso a chi lo serve in vita.

Di V. S. Ill.ma

 

Sincero amico in G. C.

Sacerdote bosco giovanni

 

Questo scritto di D. Bosco scosse le pi√π intime fibre del misero De Sanctis, il quale rispose tostamente in questi termini:

 

 

 

Torino, S. Salvario, via de' Fiori n. 1.

 

Stim.mo Signore,

 

V. S. non potrebbe mai immaginare l'effetto che ha prodotto in me la sua gentilissima lettera di ieri. Io non credeva mai di trovare tanta generosità e tanta gentilezza in un uomo, che mi è apertamente nemico. Non ci dissimuliamo: V. S. combatte i miei principii come io combatto i suoi; ma mentre mi combatte mostra di amarmi sinceramente, porgendomi una mano benefica nel momento dell'afflizione; e così mostra di conoscere la pratica dì quella carità cristiana, che in teoria è predicata così bene da tanti. Dio volesse che imitassero la sua carità i suoi confratelli del Campanone, i quali non sanno parlare senza insultare, o senza gettare lo spregio ed il ridicolo sulle cose più serie.

   Per rispondere poi alla sua lettera Le dico che accetto come un prezioso dono la offerta di sua amicizia, e mi auguro che possa presto presentarmisi occasione, senza offendere la mia coscienza, di dimostrarle che La amo non di parola nè di lingua, ma d'opera ed in verità.

   Per moltissime ragioni non sono ora in grado di poter accettare la sua generosa esibizione; ma la profonda impressione, che essa ha fatto nel mio cuore, non sarà cancellata così facilmente. Intanto preghiamo l'uno per l'altro, acciò Dio ci faccia la grazia di trovarci insieme per tutta l'eternità avanti al trono di Dio, a cantare l'inno dei riscattati dal sangue dell'Agnello.

Mi creda con sincerissima stima

 

Dev.mo Servo ed Amico

   Luigi De Sanctis.

 

 

 

Fortunato il De Sanctis, se avesse ascoltato il consiglio di D. Bosco e si fosse svincolato da' suoi vergognosi lacci! Ma l'infelice chiuse le orecchie alla voce del Cielo, si contentò di ringraziare D. Bosco e far pubblicare sulla Luce evangelica queste parole: - “Mentre i Valdesi trattano il Signor De Sanctis nella maniera che ognun sa, il Sacerdote D. Giovanni Bosco scrive al medesimo una lettera piena di gentilezza e di carità, invitandolo a dividere seco lui l'abitazione e la mensa. Onore a chi lo merita ”.

    Quindi in una lettera al Direttore della Buona Novella, data alle stampe, diceva: “ Io debbo rendere giustizia alla verità: i preti non mi hanno mai trattato così male ”, comparativamente ai Valdesi.

    Ma D. Bosco non si contentava d'aver ottenuto dal De Sanctis un elogio: non voleva lasciar l'opera sua incompiuta; quindi gli indirizzava la seguente lettera:

 

Ill.mo Signore,

 

Ho veramente piacere che la mia lettera sia stata di gradimento a V. S. Ill.ma e car.ma; e poichè Ella mi dice che trovasi nell'afflizione, vorrei che, mentre degnasi di accettare l'umile ma leale mia amicizia, mi desse occasione con cui io Le potrei recare qualche conforto. Vorrei però che si persuadesse che il numero di quelli che l'amano e stimano sinceramente è forse più grande di quello che Ella immagina. Il sig. Can. Anglesio Rettore dell'Opera del Cottolengo, il Teol. Borel Rettore del Rifugio, D. Cafasso capo di conferenza e Rettore del Convitto di San Francesco d'Assisi e moltissimi altri dividono meco gli stessi sentimenti verso di Lei, e sarebbero assai contenti di avere un'occasione per mostrare verso di Lei la realtà di quanto affermo.

   Poichè Ella compiacquesi di chiamarmi amico, avrei caro di parlare seco Lei, sia per conoscere di persona colui che amo senza aver mai veduto, sia per confermarle di persona quanto Le scrivo. Che se Ella gradisse una mia visita, o volesse fissarmi un posto per la città; oppure, e sarebbe un favore per me, volesse venire a casa mia, sarebbe cosa, credo, di reciproca soddisfazione, ed Ella non avrebbe soggezione di alcuno.

   Solamente vorrei che mi dicesse il giorno e se può anche l'ora per non assentarmi da casa ed impedire che si rechi qua senza ritrovarmi.

   Voglia gradire questi miei amichevoli sentimenti, e mentre La prego a volermi continuare la sua amicizia Le auguro ogni bene dal cielo con dirmi

Di V. S. Ill.ma e car.ma

Torino - Valdocco, 30 novembre 1354.

 

          Aff.mo Servitore ed Amico

Sac. Bosco Giovanni

 

 

De Sanctis, il povero sacerdote apostata, lo scrittore dell'empio Amico di casa, aderì all'invito a patto che D. Bosco non lo nominasse ne' suoi scritti.

   E venne all'Oratorio. D. Bosco lo ricevette col berretto in mano e così stette finchè da lui non fu pregato di coprirsi; gli fece visitare la piccola casa, e lo introdusse nei primi laboratori, ove Gastini faceva il libraio. Quindi tenne con lui una conferenza e i giorni seguenti più altre. Le questioni si aggiravano specialmente sui caratteri della vera Chiesa.

   De Sanctis ammetteva, come fanno tutti i Protestanti, la visibilità della Chiesa, a chiare note annunziata dal Santo Vangelo; ma affermava che il protestantesimo esisteva dacchè cominciò ad esistere il Vangelo e che desso era la società visibile di quelli che credono in G. C. e posseggono la sua genuina dottrina.

     - Ma dove era la vostra chiesa prima di Lutero e di Calvino? obbiettavagli D. Bosco; dove era il protestantesimo nei 1500 anni che scorsero dalla Chiesa primitiva fino alla riforma? Se la società di questi uomini era visibile, questa deve sempre aver avuto dei capi: datemi dunque il loro nome, patria, successione, il tempo in cui vissero, il luogo in cui abitarono, il loro culto, liturgia, dommi, morale, disciplina. Anzi non vi domando il nome di molti: datemi il nome di un sol uomo che prima di Lutero e di Calvino abbia professata la dottrina che oggidì voi professate.

     - Un nome? Oh un nome vi è. - E qui ripeteva le favole inventate da' suoi correligionari, e accennava ad eretici antichi che nulla ebbero di comune coi riformatori del secolo XVI.

    D. Bosco sfatava questi errori e tanto più facilmente lo convinceva in quanto che il De Sanctis non ignorava la Storia Ecclesiastica, e conchiudeva: - Dunque la vostra setta, o chiesa che sia, fu invisibile per 1500 anni, dunque le manca il carattere evangelico, dunque non è la vera!

    I giovanetti dell'Oratorio talora si accostavano cautamente alla finestra per udire qualche parola della disputa e poi ripetevano scherzando fra di loro: - Mi dica il nome di un solo, un solo nome!

    De Sanctis fu convinto de' suoi errori, ma del convertirsi non ne fu nulla. Giustamente aveva scritto a Don Bosco in questi tempi il Teol. Marengo: “ Dall'ultima dispensa della Luce appare che il De Sanctis è strettamente impegnato e vincolato colla Società Evangelica italiana, il qual legame gli può essere funesto ”. Tuttavia qualche cosa di bene provenne da questi colloqui. L'azione generosa di D. Bosco verso un così famoso suo avversario, caduto in disgrazia, parve' calmare contro di lui le ire nemiche. Da quel giorno infatti gli eretici cessarono dalle violenze, e si limitarono alle innocue armi della polemica.

    D. Bosco però non desistette dal tentare la conversione del povero De Sanctis, e l'anno seguente indirizzavagli un'altra lettera.

 

20 maggio 1855.

 

Carissimo Signore,

 

   Desideroso che la nostra amicizia non fosse limitata a sole parole, andava aspettando occasione di manifestarla con qualche fatto. Inoltre da' suoi scritti e dalle sue parole sembrandomi di scorgere che V. S. Car.ma non sia intieramente tranquilla, attendeva anche circostanza propizia di poterle palesare i vivi sentimenti che ho per la sua eterna salvezza; ed Ella, giacchè mi fe' dono della sua amicizia, mi palesasse a tu per tu le sue speranze e timori. Non già con animo di disputare, ciò non deve essere tra gli amici, ma per discorrere e conoscere il vero  era perciò ansioso di rivederla.

   Ora Le dirò schiettamente che desidero, e desidero di tutto cuore, la salvezza dell'anima di V. S. e che sono disposto a fare tutti i sacrifizi spirituali e temporali per coadiuvarla. Resta solo che V. S. mi dica se Le pare di essere tranquilla e di potersi salvare; se giudica che un buon cattolico si possa salvare nel suo attuale sistema religioso; se Le pare aver maggiori garanzie di salvezza un cattolico o un dissidente. Si persuada però che tutto ciò che passerà fra di noi o con iscritti o con discorsi non Le potrà mai recare alcun discapito nella sua posizione civile, sociale, religiosa; giacchè l'assicuro che ogni cosa sarà detta e posta sotto al più stretto amichevole segreto.

   Stupirà V. S. di questa mia lettera; pure io son fatto così; contratta una qualche amicizia, io bramo di continuarla e procurare all'amico tutto il bene a me possibile.

Iddio buono La benedica e La conservi; ed io con pienezza di stima me Le offro in quel che posso.

Di V. S. Ill.ma e car.ma

 

Aff.mo Servo ed Amico

Sac. Giovanni Bosco.

 

 

De Sanctis conosceva quanto fosse leale l'amicizia dì D. Bosco: le passioni gli offuscavano l'intelletto, ma non, poteva misconoscere la falsità di ciò che insegnava. Perciò andando a visitare D. Bosco non riusciva a ribattere le ragioni stringenti colle quali il santo prete lo confortava a ritornare in seno alla Chiesa Cattolica. De Sanctis però schermivasi sempre col dire: Ho famiglia e non posseggo mezzi di sussistenza.

   D. Bosco rispondevagli: - Stia certo che i Cattolici non lo abbandoneranno, ed io sono pronto a dividere il mio pane con lei. Lo aiuterò con tutti i mezzi possibili.

     - Ma... e la moglie non mi permette di fare, il passo che lei mi consiglia.

   D. Bosco allora a fine di cavarlo da ogni impiccio si assunse perfino l'incarico di provvedere alla pretesa sua, moglie un convenevole sostentamento; ma De Sanctis non accettò. L'ultima volta che fu a parlare con D. Bosco, lasciogli un barlume di speranza, che si sarebbe convertito. Era commosso e riconoscente fino alle lagrime per la bontà colla quale si vedeva trattato.

   Ma l'infelice apostata non volle rompere le vergognose catene, e pochi anni dopo, colpito da accidente, moriva all'improvviso, dicendo alla compagna di sua mala vita Muoio, muoio! Voglia il cielo che in quell'istante abbia almeno potuto fare in cuor suo un atto di contrizione!

 

 

 

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