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Capitolo 13

Il Provveditore agli studi chiede l'annua relazione del ginnasio - Preoccupazione di D. Bosco pel venturo anno scolastico - Il Collegio di Cavour offerto a Don Bosco, che invita il prof. D. Cantù ad accettarne la direzione: invito e consigli di Amedeo Peyron: convenzione non accettata - Altro progetto di fondazione scolastica in Occimiano - D. Bosco aspettato a Lanzo per decidere sulle sorti di quel Collegio - Ammira la virtù di D. Provera nelle sofferenze - Morte di D. Ruffino: parole di D. Bosco in sua lode e di altri giovani dell'Oratorio - Lettera di D. Bosco alla Contessa Callori, ove espone il suo stato d'animo in questi giorni - Spiegazioni di una predizione notata nella Cronaca di Don Ruffino - Augurii per l'onomastico di un amico - Il nuovo Prefetto di Torino - D. Bosco a S. Ignazio e a Lanzo: è assicurata la continuazione di quel Collegio - Sua lettera ad un chierico - Ultima parlata di Don Bosco sul terminare dell'anno scolastico: coraggio cristiano: allusione alla morte prossima di D. Alasonatti - Lettera al Provicario Can. Vogliotti per l'esame delle vestizioni clericali.


Capitolo 13

da Memorie Biografiche

del 04 dicembre 2006

Don Bosco il 30 giugno aveva ricevuto dal Provveditore agli studi, Francesco Selmi, la richiesta della solita relazione e quistionario intorno il suo Istituto da trasmettersi al Ministero. Mentre egli ordinava la risposta non poteva fare a meno di pensare al venturo anno scolastico. Tre de' suoi sacerdoti, Alasonatti, Ruffino e Fusero, abilitati all'insegnamento del ginnasio, stavano gravemente infermi. Anche di un quarto patentato si stava in apprensione per la debole sanità; un quinto era andato in Seminario.

Nello stesso tempo da più di un mese il Municipio di Cavour aveva ripreso con lui le trattative sospese nel 1860 per affidargli il Collegio - Convitto che da qualche tempo era chiuso. Don Bosco pel desiderio ardente di far del bene alla gioventù in qualunque luogo avesse potuto e per accondiscendere alle istanze del famoso grecista, membro della Regia Accademia delle Scienze, Professore nell'Università di Torino di Teologia, Lettere e Filosofia, e suo amico, l'abate Amedeo Peyron, propendeva di venire agli accordi. Si trattava delle quattro scuole elementari e delle cinque ginnasiali. Il Sindaco, Cav. Cesare Cauda, Maggior Generale, era venuto a Torino a trattarne con D. Bosco. Vi fu scambio di lettere e non rimase altra divergenza fuorchè l'ammontare degli stipendii; cioè se 10000 oppure 8000 lire annuali. In quanto al personale, gli assistenti non sarebbero mancati: i maestri elementari approvati non era difficile provvederli; si era però in difetto di professori patentati, specialmente pel ginnasio superiore.

Don Bosco scrisse a qualche professore, suo amico, addetto a scuole pubbliche, proponendogli una cattedra nel collegio di Cavour con equo stipendio; tra gli altri invitava il prof. Sacerdote Angelo Cant√∫, di Carmagnola, insegnante nel Liceo di Savona.

 

Carissimo Cant√π,

 

Dal detto al fatto avvi un bel tratto, non è vero? Tuttavia vediamo un po' se si può superare questo lungo tratto. L'anno scorso si è detto qualche volta che, trattandosi di aprire un collegio, Ella sarebbe di buona volontà a prendervi parte. Ora si tratta di aprire il collegio di Cavour, ma sono in penuria di personale dirigente; se ne assumerebbe Ella la direzione? Oppure si arrenderebbe a fare una parte, o dirigente o insegnante? Ecco le mie domande. Se Ella in massima mi dice di sì, allora io le scriverò i particolari e credo che sarebbe facilmente d'accordo: altrimenti, re infesta, redibo.

Faccia il piacere di pregare pel suo povero D. Bosco, che ha tante cose tra mano per gli altri e dimentica se stesso. Dio la benedica e le dia sanità e grazia mentre con pienezza d'affetto mi professo

Di V. S. Car.ma,

Torino, 17 giugno 1865.,

Aff.mo amico

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

L'abate Amedeo Peyron scriveva a D. Bosco:

 

Torino, 4 luglio 1865.

Mollo Rev. Signore,

 

Nell'interesse del bene che si può fare in Cavour, io le significo che la Comunità è decisa di stabilire un collegio di latinità. Essa tuttavia persiste nelle sole lire 8000; inoltre mi comunicò uno scritto di Lei, contenente quanto Ella esige dalla Comunità, ma desidererebbe pure che fossero determinati per iscritto i doveri che ella si assume. Ciò premesso io sono persuaso che nulla si potrà fare senza che la Comunità ed Ella conferiscano immediatamente ed oralmente insieme.

Per tal fine io le propongo di venire a Cavour ed accettare albergo nella mia villetta, dove la mia famiglia ed io l'accoglieremo come un angelo benedetto. Se io sapessi il giorno e l'ora dei suo arrivo a Pinerolo, le manderei il mio calessetto a prenderla.

Ma prima di venire, favorisca di conferire col sig. Vicario di Cavour il quale ora è a Torino e si recherà da Lei. Egli è in grado di darle le opportune notizie ed intendere le possibili transazioni e me le comunicherà. In Cavour poi, come Ella sarà giunta, il Vicario si terrà in disparte a fine di non compromettersi, ed io solo col mio nipote, che è di Comunità, agirò.

Circa ai doveri che Ella si assume, la consiglierei a comprendervi una scuola serale nei mesi d'inverno. Ciò è di moda e noi dobbiamo cogli odierni uomini entrar colle loro per uscir colle nostre.

La prego di ricordarsi di un tale giovanetto di Cavour, per nome Bima, che io già le raccomandai in questo inverno, ed Ella mi assicurò che lo riceverebbe nel prossimo agosto.

Sono col massimo rispetto di Lei,

Servo umil.mo

AMEDEO PEYRON.

 

D. Bosco si attenne ai consigli dell'abate, ed esposte per iscritto le sue idee sotto forma di convenzione le presentava al Municipio. Poi queste pratiche dovettero essere sospese, sia per l'insufficienza di uno stipendio da dividersi fra nove insegnanti, che dovevano essere patentati; sia perchè nè il Prof. Cantù, causa il suo stato infermiccio, nè altri colleghi poterono aderire all'invito. Forse vi furono anche altre ragioni, ma il fatto sta che per D. Bosco non fu tempo perduto, poichè ebbe campo a studiare e formarsi un giusto criterio sulle condizioni da apporsi quando si fosse trattato altre volte di accettare la direzione ed amministrazione di qualche Collegio Convitto Municipale. Ecco, a titolo di documento, quali furono le convenzioni da lui proposte a Cavour.

 

PROGETTO

DI RIAPERTURA DEL COLLEGIO CONVITTO DI CAVOUR.

 

Visto il voto emesso dai Signori Membri del Municipio di Cavour nella tornata del 19 maggio scorso per la riapertura dell'antico Collegio Convitto di quel paese e preso in considerazione l'invito fatto nel verbale di formulare una proposta su quanto venne approvato; considerato eziandio il tenore delle lettere che lo accompagnavano ad unico scopo di promuovere il bene morale e scientifico della giovent√π studiosa di Cavour e dei paesi vicini, si ridurrebbe il verbale ai seguenti capitoli:

1 ° Il Municipio di Cavour nel desiderio di vedere riaperto l'antico suo Collegio e provvedere un mezzo regolare per l'istruzione elementare e ginnasiale ai giovani studiosi di Cavour ed anche dei paesi vicini si obbliga di pagare la somma di F. 10.000 al Sac. Bosco Gio. con che egli provveda legale e regolare insegnamento per le quattro classi elementari e per le cinque ginnasiali (V. Verbale suddetto).

2° Il Municipio concede il locale detto del Collegio ed il giardino annesso, per uso di scuole, ma non potrà variarne la destinazione.

3° Il Municipio stabilirà una minervale tanto per i Cavouresi quanto pei forestieri che vengono a partecipare dell'insegnamento. I convittori ne sono dispensati.

4° Il Sac. Bosco dal suo canto provvederà maestri approvati per le scuole elementari e ginnasiali, e farà dare l'insegnamento secondo i programmi e le discipline governative.

5° Tutte le spese d'impianto saranno a carico del Sac. Bosco. Il Municipio però come proprietario si obbliga di fare le riparazioni che sono necessarie alla conservazione ed all'uso dei rispettivi locali, secondo il disposto delle leggi civili.

6° Il Municipio provvederà gli oggetti necessarii pel primo impianto delle classi; per gli anni successivi sarà a conto del Sac. Bosco la spesa di cancelleria, riparazione dei banchi, degli scrittoi e delle legna per l'inverno.

7° Il Municipio non dissente che si facciano le scuole serali agli esterni adulti e che si radunino eziandio nei giorni festivi, per imparare la musica vocale ed istrumentale secondo che si potrà effettuare.

Lo stesso Municipio fisserà ogni anno la somma di franchi 150 per dare i premii nelle rispettive classi in fine dell'anno.

8° Tutti i giovani di Cavour possono partecipare ai varii rami d'insegnamento che hanno luogo nelle classi elementari e ginnasiali, ma tutti gli allievi dovranno uniformarsi alla disciplina ed agli orarii stabiliti in ciascuna classe.

9° Per ciò che riguarda ai provvedimenti riguardanti la moralità e la religione il Municipio si rimette al Sac. Bosco d'accordo col Vicario Foraneo di questo paese.

10° Le scuole saranno aperte al cominciare dell'anno scolastico 1865-66.

11° Qualora per qualche ragionevole motivo il Municipio non volesse più continuare nella presente capitolazione (il che certamente non sarà) darà il preventivo diffidamento al Sac. Bosco, di anni cinque, affinchè possa prendere le sue misure e non abbia ad aver danno l'opera di pubblica beneficenza di cui è Direttore in Torino.

12° Attese le gravi spese cui deve sottoporsi il Sac. Bosco, il Municipio per quest'anno procurerà di anticipare la somma di cinque mila franchi pel prossimo ottobre. Il rimanente e negli anni successivi i versamenti si faranno a scadenza, secondo le leggi.

13 ° Alcune cose necessarie al Sac. Bosco e che non dànno dispendio al Municipio saranno trattate verbalmente.

Mentre svaniva questo progetto, un altro glie n'era stato proposto e caldeggiato da persone amanti della cristiana educazione della gioventù, da attuarsi in Occimiano, grossa borgata della Diocesi di Casale, non troppo lontana da Mirabello. Anche qui si voleva un Collegio Convitto, e D. Bosco non si mostrava contrario; e lasciò che i promotori di quell'affare se l'intendessero coi maggiorenti del paese. Che egli dubitasse di non poter albergare in avvenire nel Piccolo Seminario di Mirabello tutti i giovani che vi sarebbero accorsi? Che già prevedesse la convenienza di dover abbandonare Mirabello? Tuttavia non affrettossi a prendere impegni, quantunque il desiderio di veder effettuato quel disegno si mantenesse vivo per parecchio tempo in Occimiano. Ma anche questa proposta doveva dileguarsi, come quella di Cavour.

 

Molto Rev. Sig. D. Bosco,

 

Abbia la bontà di scusarmi se ho tardato alquanto a risponderle per quella commissione che mi aveva lasciato, partendo io da Torino. Il solo desiderio di darle notizie più certe mi fece tardare sinora. Ho parlato col sig. Marchese Da Passano proprietario di quel locale che Ella sa, denominato il Convento. Il Marchese è contentissimo di cedere a Lei questo locale, massime per fare un'opera molto vantaggiosa al paese. Il vantaggio è spirituale e temporale, e ciò rende il sig. Marchese uno de' più animati promotori di questa sua impresa. Ho parlato con molti del paese e tutti mi cantarono la stessa canzone, che cioè D. Bosco invece di stabilirsi a Mirabello, avrebbe fatto meglio fermarsi ad Occimiano fondando il suo collegio nel Convento, luogo adatto nient'altro che per questo. E quando ho fatto loro sentire che D. Bosco sarebbe ancora disposto a venire, se il paese lo desiderasse, allora dissero che il Comune dovrebbe fare la dimanda, ed offrirsi spontaneamente con favorevoli disposizioni. A questa proposta solo tre o quattro rimasero un po' freddi, ma forse intesero non approvare questa domanda fatta a Lei e non già d'opporsi direttamente quando si trattasse della sua venuta. E poi in qualunque senso lo prenda questo dissenso, non deve fare le meraviglie, perchè sa benissimo che l'accordo perfetto è sempre difficile ad ottenersi in qualunque cosa. Dunque io finisco col far coraggio, come mi suggerì lo stesso sig. Marchese e di esortarla a non temere, chè la cosa riuscirà bene. Faccia la sua interpellanza al Municipio in questi termini: “ Non bastandomi all'uopo lo stabilimento di Mirabello, io sarei disposto, se il paese fosse contento, a fondare un altro Collegio in Occimiano. Però, prima d'iniziare: qualsiasi trattato desidererei sapere qual sia il parere del Municipio su questo proposito”. A questa interpellanza il Municipio deve necessariamente rispondere qualche cosa, si radunerà quindi il Consiglio e si discuterà la questione e stia tranquillo, che, spero, avrà voti favorevoli. Andrebbe poi benissimo se avesse una qualche conoscenza o relazione coll'intendente di Casale e far fare da esso la sua interpellanza, perocchè esso sarebbe una persona molto sentita nel paese di Occimiano e sarebbe qui un appoggio considerevole pel suo disegno. Interpellati i membri municipali da un loro superiore devono più pronti rispondere e non oserebbero rifiutare questo invito nè rigettare questa offerta senza addurre buone e sode ragioni. Faccia dunque il meglio; io non posso dirle altro.

Il Sig. Marchese poi lo aspetta desideroso di fare la sua conoscenza e d'intendersi meglio a viva voce su di questo argomento. Io l'ho assicurato che verrà presto, recandosi a Mirabello a vedere il suo stabilimento.

Accetti i miei pi√π cordiali ossequi, come pure quelli del sig. Marchese; e baciandole la mano mi sottoscrivo

Occimiano, il 29 luglio 1865,

Suo umil.mo Servo

D. Rossi GIUSEPPE.

 

Fin dal 5 luglio, benchè sempre inchiodato su d'una sedia co' suoi atroci dolori, il caro D. Provera aveva scritto:

 

Dolcissimo e M. R. Padre D. Bosco,

 

A Lanzo si desidera moltissimo la sua risposta sulla continuazione del Collegio. Il Rev. Sig. Vicario ed il Rev. D. Arrò ne sono impazienti. Io con distinzione: se affermativa la desidererei quanto prima: se negativa chiamerei 8, o 10 giorni di tempo a distribuire i 400 biglietti. Ritardai finora per avere programmi da spedire con quelli.

Dietro mia lettera il Sindaco ci procurò subito il mandato di lire 2200; ma l'esattore ci diede ancor nulla. Ci promise buona somma per la metà del corrente mese...

Qui in genere le cose vanno discretamente bene. Spero che Don Sala ci porterà a casa la notizia del giorno in cui avremo il bene di averlo con noi.

Noi preghiamo e lavoriamo, perchè il Signore le mandi consolazioni molte, in compenso dei tanti dispiaceri già dovuti esperimentare in quest'anno.

Vostra S. R.. che ci è padre, ci dia la sua santa benedizione, ci raccomandi alla Vergine SS. perchè ci preservi da nuove disgrazie, specialmente spirituali. Per tutti rispettosamente la riverisco. Godo essere

di V. S. M. Rev.da,

Aff.mo figlio in G. G.

Sac. PROVERA FRANCESCO.

 

D. Bosco letta questa lettera, la stessa sera, mentre a tavola si parlava delle miserie che opprimevano il Collegio di Lanzo e anche l'Oratorio, diceva: - Chi è mirabile in tutto questo è D. Provera. Egli non solo si mantiene sereno in mezzo a' suoi mali, ma trova anche il modo di consolare gli altri. - E rispondendo al suo invito per mezzo di D. Sala, gli faceva sapere che si sarebbe recato a quel Collegio, nel tempo che fossero per dettarsi gli esercizi a S. Ignazio. Il buon Padre non sentivasi l'animo di allontanarsi dall'Oratorio, mentre il povero D. Ruffino pareva giunto al termine della vita.

Infatti questi cessò di vivere il 16 luglio, giorno consacrato alla memoria della Madonna del Carmine. Contava 25 anni. Pieno di santa volontà, aveva portato la sua energia e la sua virtù a salute di quel nuovo collegio, facendo concepire di sè le più belle speranze. D. Bosco, dopo che gli ebbe chiusi gli occhi, uscì dalla camera piangendo ed esclamò:

- Caro D. Ruffino, tu mi hai aiutato ed io non ti dimenticherò mai!

Udì queste parole il giovane Giuseppe Daghero, studente di terza ginnasiale.

D. Bosco ricordò sovente D. Domenico Ruffino. Nel 1884, diciannove anni dopo la sua morte, diceva:

- Che bell'anima aveva D. Ruffino, il fratello del nostro Giacomo! Pareva un angiolo in carne; il solo vederlo imparadisava, il suo volto era assai più divoto di quello che suole dipingersi nelle immagini di S. Luigi. Oh quanti angeli Iddio ha mai regalati alla nostra Pia Società! La stessa vita di un Savio Domenico, di un Magone Michele, di un Besucco Francesco, sparisce innanzi all'edificante condotta di molti altri, rimasti sconosciuti e dei quali egualmente non si ebbe mai nulla a dire sui loro così illibati costumi. - E ne faceva i nomi.

Nè solo col ricordarlo, ma colla carità verso la sorella di lui, egli mostrava al defunto la propria riconoscenza. Ce lo dice una sua lettera, diretta alla benemerita Contessa Callori, ove anche apprendiamo qual fosse lo stato d'animo del Venerabile in quei giorni.

 

Benemerita Signora Contessa,

 

La giovane Ruffino è assente e non potrei farla prevenire per domani; sua madre passa qualche giorno col Vicario di Lanzo. Appena potrò parlare con una o coll'altra, vedrò quanto si convenga a farsi e renderò subito informata V. S. Benemerita.

Non ho dimenticato il libro; anzi l'ho tuttora di mira: la sola impotenza mi fece differire la stampa. Che mai! Contemporaneamente cinque sacerdoti dei pi√π importanti caddero ammalati. D. Ruffino, ieri otto giorni, volava glorioso al Paradiso; il prode D. Alasonatti sta per tenergli dietro; gli altri tre lasciano speranza remota di guarigione. In questi momenti s'immagini quante spese, quanti disturbi, quante incombenze caddero sopra le spalle di D. Bosco.

Non si pensi per altro che io sia abbattuto; stanco e non altro. Il Signore diede, cangiò, tolse nel tempo che a lui piacque; sia sempre benedetto il suo santo nome! Sono per altro consolato dalla speranza che dopo il temporale ci sarà bel tempo.

Quando sarà definitivamente stabilita a Vignale, spero di poterle fare una visita e potermi fermare qualche giorno.

0 signora Contessa, io mi trovo in un momento in cui ho un gran bisogno di lumi e di forze; mi aiuti colle sue preghiere; e mi raccomandi eziandio alle anime sante che sono di sua conoscenza.

Dal canto mio non mancherò d'invocare la benedizione del Cielo sopra di Lei, sopra il sig. di Lei Marito e sovra tutta la rispettabile famiglia, mentre ho l'onore di potermi professare colla più sentita gratitudine

Della V. S. Benemerita,

Torino, 24 luglio 1865,

Obbl.mo Servitore

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Le carte del caro D. Ruffino furono gelosamente raccolte. Fra esse era anche la sua Cronaca dell'Oratorio, nella quale si legge una nota:

“ Ottobre 1859. - D. Bosco disse a me: “ Devi ancor vivere una volta e mezzo quanto hai già vissuto ”. Io gli aveva detto per isbaglio di avere 18 anni, quantunque ne avessi 19 ”.

Ruffino aveva domandato a D. Bosco quanto tempo ancora gli rimanesse di vita; e scrivendo la riferita risposta die' prova evidente dell'importanza che le attribuì, ben conoscendo quante volte eransi avverate le parole del Servo di Dio.

Ma se Don Bosco in questo caso predisse, intese Ruffino il senso vero di quelle parole? Pare che no, poichè D. Bosco non poteva alludere alla sua vita naturale, essendo morto D. Ruffino in età di 25 anni. Anzi appunto in questa morte precoce è da ricercarsi la ragione del non avere D. Bosco spiegato chiaramente il suo pensiero, poichè egli, prudentissimo com'era, non lasciava trapelare simili segreti ai giovani che sapeva maturi per l'eternità. Quindi crediamo di poter dire aver D. Bosco parlato della sua vita salesiana, cioè dall'anno scolastico 1855-56, in cui egli, pur essendo nel Seminario di Giaveno, aveva deciso di volersi dare a D. Bosco. I lettori ricorderanno quanto abbiamo già scritto nel nostro V° volume. Ora dall'anno suddetto al 1859 erano trascorsi quattro anni; ed altri quattro ne trascorsero dopo fino all'autunno del 1863, e due ancora dall'autunno del 1863 al 1865. - Tale, in questo caso, è la nostra opinione. Anche le profezie della Santa Scrittura non tutte si debbono intendere nel senso letterale. Del resto ognuno giudichi come meglio crede.

Noi avremmo potuto omettere la nota citata per dispensarci da ogni spiegazione; ma abbiamo voluto riferirla, perchè non taciamo nulla e non abbiamo nulla da nascondere che riguardi D. Bosco. L'abbiamo anche riferita, perchè nessuno potesse poi muoverci accusa di aver fatto simile omissione e insieme per dichiarare, tanto a chi approva come a chi non approva le esposte riflessioni, che noi, per i primi, non vogliamo pretendere che il Servo di Dio, interrogato o conversando, abbia sempre dovuto e voluto profetizzare.

Ma anche nel suo dolore Don Bosco non dimenticava gli amici, che trattava con inalterabile giovialità. Pel 19 luglio scriveva

“ al celebre Dottore Vincenzo Lanfranchi - sue mani “, inviandogli, a quanto sembra, una gratificazione doverosa, o forse un semplice augurio di lunghi e lunghi anni di vita.

 

VIVA S. VINCENZO

E CHI NE PORTA IL NOME.

Se favorevole

Mi fosse il vento,

Farei la rima

Con mille e cento.

Ma che? il Marsupio,

Che fu tarlato,

A cencinquanta

M'ha limitato.

 

Mille evviva, mille anni di vita felice. Amen!

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

Intanto al Conte Pasolini era succeduto nella Prefettura della provincia di Torino, quantunque per breve tempo, il Conte Carlo Cadorna, senatore del Regno. D. Bosco aveva bisogno di avvicinare il nuovo Prefetto essendogli necessaria la sua benevolenza per la lotteria, e il Signore gliene aperse la strada. Il 17 luglio il Cadorna gli scriveva per ordine del Ministero dell'Interno, pregandolo ad accettare nel suo stabilimento il giovane Giovanni Emilio Demonte, di anni 12, il cui padre naturale, che era luogotenente in un Reggimento Fanteria, e avealo abbandonato in mezzo ad una strada, prometteva che avrebbe pagate lire 15 mensili. La piena condiscendenza di D. Bosco fu bene accetta, e conseguì il fine desiderato.

Quindi partiva per S. Ignazio; e da quel santuario, com'era solito, scriveva lettere a que' suoi figliuoli che gli chiedevano consigli. Di quest'anno non ne abbiam potuto raccogliere nessuna; ma poichè ci venne consegnato ancor uno di questi

biglietti di qualche anno fa, lo riportiamo qui egualmente, perchè è sempre l'amico delle anime che parla.

 

Dilecto Filio Cibrario Nicolao, salutem in Domino.

 

Ut animae tuae curam geram per epistolam tuam postulasti; et exaudita est deprecatio tua. At quantum in te est, cura ut habitu, incessu, sermone, gestu, opere agas et vivas quemadmodum decet Clericum in sortem Domini vocatum.

Dominus conservet te in via mandatorum suorum; ora Deum Pro me, et cura ut valeas.

S. Ignatii apud Lanceum, die 25 Julii 1860.

Sac. Bosco JOANNES.

 

Disceso a Lanzo, dopo essersi intrattenuto coi consiglieri municipali sugli affari del Collegio, per deferenza al Vicario Albert ritirava il suo licenziamento; e tornava a Torino per la solenne distribuzione de' premi, che era per D. Bosco una delle più care occasioni per formare alla virtù l'animo dei suoi figli. Cominciava ad avvisarli per tempo che doveano andare in vacanza, e, perchè si guardassero dal rispetto umano:

“ Dite francamente con S. Paolo - diceva loro - Non erubesco evangelium. Siate uomini e non frasche: Esto vir! Fronte alta, passo franco nel servizio di Dio, in famiglia e fuori, in chiesa e in piazza. Che cosa è il rispetto umano? Un mostro di carta pesta che non morde. Che cosa sono le petulanti parole dei tristi? Bolle di sapone che svaporano in un istante. Non curiamoci degli avversari e dei loro schemi. Il coraggio dei tristi non è fatto che dell'altrui paura. Siate coraggiosi, e li vedrete abbassar le ali. Siate di buon esempio a tutti, e avrete la stima e le lodi di tutto il paese. Tanto più che siete studenti.

” Un villanello che abbia fede, che bacia e ribacia nella sua capanna un crocifisso, mi innamora; ma un professore, un capitano, un magistrato, uno studente che al tocco della campana recita colla famiglia l'Angelus, il De profundis pe' suoi morti, questo, dico, m'impone e mi entusiasma!

” Siate dunque di onore a voi e all'Oratorio. Ricreazione sì, ma anche studio e pietà. Avete ingegno? servitevene sempre in bene. Rintuzzate l'albagia di certi studenti disonesti che forse troverete al paese, reduci da qualche altro collegio. Ricordatevi che scienza senza coscienza non è che la rovina dell'anima. Fate insomma che la gente vedendovi senza rispetto umano, fedeli alle leggi di Dio e della Chiesa, interrogando chi siate, possa sentirsi rispondere stupefatta:

” - Egli è un figlio di D. Bosco! ”

Proponeva anche, ai giovani che andavano in vacanze, di obbligarsi a riserbare tutti i giorni nelle loro orazioni un'Ave Maria per la salute dell'anima e pel buon esito delle opere del loro povero Superiore, promettendo che egli avrebbe fatto lo stesso pel bene loro e per quello delle loro famiglie. Si raccomandava caldamente che mai si dimenticassero di recitarla e chiamavala l'Ave Maria vincolata.

Quest'anno distribuì ai più giudiziosi vari biglietti della Lotteria, perchè ne procurassero lo spaccio nei loro paesi.

Chiuso l'anno scolastico, mandava al Can. Vogliotti, Rettore del Seminario e Provicario della Diocesi, i nomi de' suoi giovani che domandavano di vestire l'abito clericale.

 

Ill.mo e Molto Rev. Sig. Vicario Generale.

Torino,7 agosto 1865.

 

Le mando nota dei giovani che desiderano d'essere ammessi all'esame per la vestizione chiericale. Si poterono nemmen ancora ottenere tutte le carte, malgrado ogni sollecitudine per ottenerle. Quelle che mancano le rimetterò a Lei appena le avrò ricevute dai rispettivi parenti. Quest'anno non si diedero in nota quelli d'altre diocesi, ma si notarono solamente quelli che appartengono alla diocesi di Torino o che desiderano d'essere aggregati alla medesima.

Mi rincresce molto che in questi affari io non possa fare le cose regolarmente; ma non si può ottenere, quanto è necessario, per la lontananza e spesso per la negligenza o per l'imperizia di chi deve formulare le dichiarazioni.

Gradisca i sentimenti della mia gratitudine, con cui le auguro ogni bene dal Cielo e mi professo

D. V. S. Ill.ma e Molto Rev.da,

Obbl.mo Servitore

Sac. Bosco GIOVANNI.

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