La guerra delle sêtte contro il Papato.
del 02 ottobre 2006
 
 
 
Prima di incominciare la narrazione delle preclare geste di D. Giovanni Bosco, mi sembra opportuno dare uno sguardo agli avvenimenti che funestarono l'Europa in sul fine del secolo XVIII e nella prima metà del secolo XIX. Questi si compendiano in un sol motto: Guerra al Papato. Principi protestanti, arricchiti delle spoglie della Chiesa, dominanti su nazioni che avevano apostatato dalla vera Religione, usurpatori della supremazia spirituale, si ostinavano nella superba ribellione contro il Vicario di Gesù Cristo. I Principi Cattolici, insofferenti di un'autorità che spiritualmente aveva su di essi giurisdizione, ad ogni istante pretendevano che il Papa tradisse i suoi doveri per obbedire alle loro prepotenze. La massoneria intanto, animata dallo spirito di Satana, co' suoi adepti ebrei, protestanti e cattolici rinnegati, aveva giurato di cancellare dalla terra il regno e il nome di Gesù Cristo. E per giungere a questo scopo, mezzo più sicuro giudicava togliere al Pontefice di Roma il potere temporale per vincolarne così la libertà e diminuirne, per quanto si poteva, l'azione sociale. Pronta a tradire e Principi e nazioni, riuscì a trarre a' suoi disegni, o ad introdurre nei gabinetti dei Sovrani, perfidi consiglieri, i quali risvegliassero contro Roma le gelosie assopite e le facessero più vive se già accese. E la storia ci narra come fatalmente vi riuscisse, non ostante che il Padre dei fedeli, coll'affabilità del buon pastore e con amorevoli consigli, cercasse di trarre i Re da quella via che conducevali alla perdizione.
 
Ma venne il momento che una parte del popolo, corrotta e senza religione, si sentì più forte dei Re, i quali le aveano dato lo scandalo di ribellarsi a Dio. Primo crollò il trono di Francia nel 1793. E di ogni empietà e di tante infamie operatesi nella Repubblica francese furono i framassoni convinti complici dai tribunali della stessa Inghilterra protestante.
 
La tempesta, che minacciava l'Europa, non tardava a rovesciarsi sopra l’Italia, perchè qui era Roma. Per quattro anni i battaglioni austro-sardi impedivano all'esercito francese i valichi delle Alpi. In questo tempo Carlo IV Re di Spagna, che voleva Roma col paese all'intorno, per darla al suo genero il Duca di Parma; e Ferdinando IV Re di Napoli, che pretendeva per sè il Principato di Benevento e di Pontecorvo, non prevedendo le terribili conseguenze del loro stolto disegno, aprivano trattative col regicida ed ateo Governo di Francia per averne il consenso. In quel mentre Francesco II, Imperatore d'Austria, meditava d'impossessarsi delle tre Legazioni. Bologna, Ferrara e Ravenna.
 
Senonchè nel 1796 il generale Bonaparte, sconfitti gli alleati austro - sardi, penetrava in Piemonte, conquistava la Lombardia, Venezia e poi Genova; toglieva al Papa le tre Legazioni e la Marca d'Ancona, e mandati i suoi eserciti ad invadere gli altri Stati italiani, partiva per l'Egitto. E il Direttorio fa occupare Roma nel 1798, la spoglia di tutti i tesori e delle opere d'arte, come aveva fatto in tutte le altre città; e Pio VI, condotto prigioniero a Valenza, vi muore il 29 agosto in età di 82 anni. “È l'ultimo dei Papi! gridano trionfanti i settarii; “Roma è nostra!”
 
Ma i popoli italiani, coll'aiuto della flotta inglese e degli eserciti russo ed austriaco, sollevansi contro gli oppressori che, scacciati da ogni luogo, solo in Genova trovano rifugio. E il Re di Napoli col suo esercito entra in Roma e occupa il Patrimonio dì S. Pietro, prendendone possesso in nome del futuro Pontefice appena fosse eletto, ma colla risoluzione di non restituire Terracina e Benevento; e gli austriaci, senza riconoscere i diritti del Papa, acquartierano le loro truppe nelle Legazioni, nelle Marche e nell'Umbria, ordinandovi un Governo proprio.
 
È breve però quest'occupazione. Il generale Bonaparte, ritornato all'improvviso dall'Egitto e fattosi proclamare primo Console, con poderoso esercito per la valle d'Aosta scende in Piemonte nel 1800, e sconfitta l'Austria a Marengo, la costringe a cedere al nuovo Papa Pio VII le provincie usurpate e nello stesso tempo impone ai napoletani di sgombrare da Terracina e da Benevento; ma ciò non per essere venuto a migliori consigli, sibbene per opportuna mutazione di politica. Per la pubblicazione del concordato avendo la Chiesa di Francia riacquistata la libertà di culto ed essendosi rialzata dalle sue immense rovine bagnate da tanto sangue generoso, Pio VII si reca a Parigi nel 1804 e incorona Imperatore dei francesi Napoleone Bonaparte.
 
Vincitore di quasi tutta l'Europa nelle guerre continue dal 1805 al 1810, levatosi Napoleone sempre più in superbia, intima al Papa di rinunziare al potere temporale ed al diritto inalienabile della istituzione dei Vescovi. Resistendo il Pontefice alle minacce e agli insulti dell'Imperatore e dei suoi ministri framassoni, Roma è invasa dai francesi, gli Stati papali sono dichiarati provincia dell'Impero; e Pio VII, nel 1809 condotto prigioniero prima a Savona e poi a Fontainebleau, per cinque anni soffre ogni sorta di angoscie morali, di infermità e di privazioni.
 
Senonchè la giustizia di Dio interviene a fiaccare i suoi nemici. Napoleone, perduta metà del suo esercito fra le nevi della Russia, assalito in Francia dagli eserciti di tutte le Potenze del nord, è costretto a scendere dal trono e ad accettare per sua residenza la piccola isola d'Elba, lasciando in libertà Pio VII, che rientra trionfante nella sua Roma il 15 maggio 1814.
 
E in che modo le Potenze europee, radunate a Vienna, cercano di riordinare gli Stati sconvolti? Secondo lo spirito, settario che le animava. Si dicevano campioni dell'ordine, ma erano colpevoli più o meno degli stessi errori, nei quali era caduto Napoleone, che in alcune circostanze potè dirsi migliore di esse. Infatti il ministro inglese Pitt, l'Imperatore di Russia, il Re di Prussia lo avevano replicatamente consigliato a far suo il progetto di Giuseppe II d'Austria e imporsi alla Francia e a tutti gli Stati annessi come unico Capo Supremo della Religione. Napoleone però aveva nobilmente respinta la perfida proposta.
 
La Chiesa pertanto in nome dell'ordine ebbe a soffrire ingiustizie senza numero. Infatti l'Austria voleva per sè le tre Legazioni; la Prussia insisteva perchè queste si dessero al Re sassone, in compenso della Sassonia che voleva per sè; l'ambasciatore di Toscana proponeva che Bologna, Ferrara e Ravenna si dessero alla Duchessa Maria Luigia, già Regina di Etruria. Il Congresso finiva con decidere che l'Austria tenesse per sue le terre ferraresi d'oltre Po, con diritto di stabilire presidii a Ferrara ed a Comacchio. Oltre a ciò la Chiesa perdeva eziandio il Polesine ed Avignone. Tutti i vescovadi germanici, che prima erano principati indipendenti ecclesiastici, venivano assoggettati a Sovrani protestanti; il territorio del vescovato di Basilea unito alla Svizzera; e l'Inghilterra toglieva all'Ordine religioso di Malta la sua isola. Fu una esosa divisione di prede; il Papa protestò, ma invano.
 
In questo mentre in Italia le loggie massoniche divise in due partiti, le une istigavano Napoleone a fondare un regno italico con Roma capitale, le altre spingevano Gioachino Murat, Re di Napoli, promettendogli la conquista della penisola, purchè togliesse Roma al Papa: tutte pronte però a tradire l'uno e l'altro, se loro tornasse conto. Vani disegni. Napoleone, sbarcato in Francia, vi regnò soli 100 giorni; chè 800.000 guerrieri degli alleati, dopo varie battaglie, lo sconfissero pienamente a Waterloo, e dagli inglesi fatto prigioniero e mandato nell'isola di S. Elena, vi moriva nel 1823, dopo una dolorosa prigionia, durata quanto il tempo della cattività di Pio VII. E Gioachino Murat, invasi gli Stati Pontificii col proposito di far carcerare il Papa nella fortezza di Gaeta, veniva vinto dagli austriaci, scacciato dal suo regno, e finalmente fucilato il 13 ottobre 1815, per aver tentato di ricuperare il trono, sbarcando nelle Calabrie con pochi seguaci.
 
L'Europa sembrava che finalmente riposasse in pace; ma il dominio papale era sempre insidiato. Nel 1816 il ministro austriaco Metternich, favorendo ed aiutando certi amici dei suo governo nelle Legazioni, tentava preparare sommosse, per le quali alla morte di Pio VII gli fosse possibile d'impadronirsi di quelle provincie, unendole prima alla Toscana e poi al regno Lombardo Veneto. Fu il Cardinale Consalvi, che scoperse queste trame e le sventò, avvisandone l'ambasciatore francese.
 
Nel 1817 assassini misteriosi pugnalavano qua e là negli Stati Pontificii persone fedeli al Governo. Le società segrete delle Marche avevano ordito congiura, risolute di sottomettersi a qualunque principe straniero, piuttosto che rimanere sotto al Papa. Si succedevano gli avvelenamenti e gli incendii. Con feroci propositi era stato fissato il momento della sollevazione, quando il moto intempestivo di quei di Macerata scoprì i congiurati, che in gran numero caddero in mano alla gendarmeria, ed ogni cosa pel momento ritornò in quiete (Ristretto del processo sino in fine ecc., sentenza nella causa Maceratese. ANELLI, I, 85).
 
Nel 1820 tutti i settarii d'Europa, aizzati dall'esempio di quelli di Spagna, che avevano ristabilita la Costituzione del 1812, costringendo Ferdinando VII a far la loro volontà, deliberarono di tentare una simile impresa nelle loro rispettive patrie, per aver agio di pescare nel torbido e di far guerra a Roma. E primo tumultuò l'esercito napoletano, nel quale molti ufficiali e soldati erano massoni. Il Re fu debole; concesse la Costituzione spagnuola, e poi spaventato fuggì da Napoli; mentre il Parlamento ordinava l'esercito per sostenere la ribellione. Ma fu sconfitto da 50.000 austriaci il 7 marzo 1821, e l'ordine venne ristabilito in tutto il regno.
 
In Piemonte il popolo non pensava a rivolgimenti, amando il suo Sovrano Vittorio Emanuele I, principe giusto, pio e di cuor; ma, per gli ordini dell'Alta Vendita di Parigi, alcuni nobili settarii e ambiziosi si radunarono segretamente in Torino nei palazzi degli ambasciatori di Francia e di Spagna e dell'Inviato di Baviera, per deliberare il modo di costringere il Re a concedere una Costituzione come la spagnuola. Essi erano in istretta relazione coi congiurati di Milano e coi settarii di Roma e di Napoli. Le decisioni prese furono che, sgombrate le città lombarde dalle guarnigioni tedesche andate nel napoletano, l'esercito piemontese discenderebbe in Lombardia per soccorrere i rivoltosi, i quali si sarebbero affrettati a prendere le armi, e che in Roma si proclamerebbe la Repubblica. Ma la polizia austriaca, scoperte le trame sul fine del 1820, imprigionò i congiurati, che ebbero la sentenza di morte mutata in quella del carcere duro. Tuttavia gli studenti dell'Università di Torino, nei primi giorni del 1821, presero a tumultuare e le truppe adoperarono le armi con effusione di sangue. Vana repressione. Qualche milione veniva spedito da Ginevra per corrompere i soldati, e i presidii di Torino e di Alessandria si ribellavano. Carlo Emanuele nel marzo rinuncia alla corona in favore di suo fratello Carlo Felice, e 13.000 austriaci con 6.000 soldati piemontesi rimasti fedeli, posero termine ad una sedizione che era durata trenta giorni.
 
I settarii degli Stati Pontificii, per compiere la parte del programma loro affidata, ribellate Benevento e Pontecorvo, vi si erano insediati da padroni, dichiarando caduto il Governo papale. Formate bande, avevano corse le terre di Ascoli, gridando libera l'Italia e, al solito, rubando il danaro pubblico privato e aprendo le carceri ai malfattori; ma dovettero fuggire e nascondersi, poichè da nessuna parte potevano sperare aiuto. Continuavano però a maneggiare a tradimento il pugnale, facendo giungere minacce di morte ai Legati, ai Giudici e ai testimoni, perchè gli assassini non fossero castigati. I carbonari nell'articolo 33 del loro patto sociale avevano stabilito che, proclamata la Repubblica, la Religione della penisola unita sarebbe la Religione cristiana; la quale un concilio generale di tutti i Vescovi rieletti o confermati ristabilirebbe nella sua purezza primitiva. E nell'articolo 37 ordinavano: “Il Papa attuale sarà pregato di accettare la dignità di Patriarca dell'Ausonia e riceverà, in compenso delle sue rendite, temporali unite al tesoro della Repubblica, una indennità personale, pagata annualmente sua vita durante.., che non potrà passare ai successori. Se dopo la sua morte il sacro Collegio dei Cardinali eleggerà un nuovo Papa, questi dovrà trasferire la sua sede fuori del territorio della Repubblica (GUALTERIO, Rivolg., V. I, doc. 4, pag. 167 e seguenti)”.
 
Pio VII, con Bolla del 13 settembre 1821, scomunicava la moltitudine di uomini scellerati, riuniti insieme contro Gesù Cristo, affigliata alla carboneria e alle altre società segrete.
 
I Sovrani d'Europa intanto, vedendo non solo in Italia, ma anche fuori, sorgere da ogni parte timori di ribellione, si radunarono a Verona nell'ottobre del 1822 per rimediare a loro senno a tanti pericoli. Il Duca di Modena Francesco IV consigliava ai Governi di proteggere la Religione; rialzare il prestigio della nobiltà; infrenare la stampa; diminuire il numero degli studenti nelle Università; allargare e rendere più rispettata l'autorità paterna; abbreviare i processi politici. Ma non fu ascoltato; quindi la rivoluzione e le sêtte crebbero appunto per la irreligione, per l'invilimento della nobiltà, per la licenza della stampa, per la negletta autorità paterna, e trovarono largo alimento negli innumerevoli avvocati senza clienti, bisognosi di torbidi per primeggiare colle chiacchere e coi brogli; nei medici, negli ingegneri, nei dottori di ogni fatta, senza censo, incapaci di lavoro materiale, inetti al lavoro intellettuale, i quali gettavansi alle sêtte, corrompevano innumerevoli giovani di eletto ingegno e commovevano i popoli per tentar fortuna. E le Potenze d'Europa credevano che a vincere le sêtte bastassero i patiboli e il terrore.
 
Dal 1821 al 1830 le sêtte, che come una fitta rete aveano strette le Romagne, continuarono le loro geste, assassinando magistrati e cittadini; e quando il prelato Invernizzi le ebbe scoperte e disperse, ecco nel dicembre 1830 Luigi Bonaparte, che fu poi Napoleone III, figlio di Luigi ex Re d'Olanda, la cui famiglia respinta da tutti i regni d'Europa, era stata amorevolmente accolta da Pio VII, congiurava coi carbonari e liberi muratori per ristabilire il regno italico. Era suo disegno radunare i complici sulla piazza del Vaticano, assalire un luogo vicino ove erano molte armi, mettere a ruba il danaro del banco Santo Spirito, liberare i carcerati, prendere statichi alcuni maggiorenti della città, quindi ascendere il Campidoglio, formare una reggenza e annunciare il fatto alle provincie, perchè si unissero alla capitale. Ma il Governo, subodorati questi disegni, cambiava le guardie ai luoghi insidiati, imprigionava alcuni e cacciava da Roma Luigi Napoleone ed altri.
 
I settarii però riprendevano fiducia, quando Luigi Filippo, d'Orléans, animati i vecchi settarii colla sua protezione, nel luglio del 1830 aveva rovesciato il trono di Carlo X e le barricate in Parigi erano finite colla sua elezione a Re dei francesi. Perciò il 4 febbraio 1831 ritentarono la prova; e a Bologna, alzato il grido di viva la libertà, formarono un nuovo governo, mentre i capi delle società segrete percorrevano le Romagne per commuovere i popoli. Le Legazioni, le Marche e l'Umbria fecero causa comune con Bologna. Roma però si dichiarava contraria a questa fellonia. Luigi Bonaparte corse ad attrupparsi coi rivoluzionarii. Il Papa Gregorio XIV, sprovvisto d'armi, ne chiese al Re di Napoli, pronto a pagarle, ma Ferdinando II le rifiutò. L'esercito austriaco entrava allora negli Stati Pontificii, ed essendosi i massoni ed i ribelli affrettati a fuggire, i popoli stessi liberati rialzarono le insegne papali. Monsignor Giovanni Maria Mastai, Arcivescovo di Spoleto, aveva aiutato nella fuga Luigi Napoleone, il quale gliene fu grato nel modo che tutti sanno.
 
Nel 1832 il partito massonico ripigliava ad agitarsi nelle Romagne, e gli austriaci ritornarono a muoversi verso Bologna e a spingersi fino a Ravenna. Il Governo di Francia, che aveva bandito il principio balordo del non intervento, col pretesto di non voler che l'Austria sola avesse merito di soffocare quella ribellione, contro il volere del Papa, mandò una flotta ad Ancona, fece occupare violentemente la città, vi si fortificò, liberò i prigionieri politici, diè protezione ai banditi e lasciò che impunemente questi, in numero di trecento, uccidessero il gonfaloniere, ladroneggiassero i cittadini, profanassero le chiese, disprezzassero e ferissero i sacri ministri, schernissero la religione, e formassero pestilenziali adunanze. L'Austria e la Russia si dichiararono pronte a far guerra alla Francia; ma Lord Palmerston, protettore dichiarato di ogni nemico ed offensore del Papa, approvò l'opera francese, intimò al Pontefice di dare riforme, ma poi tacque riserbando ad altri tempi il prendere l'aperta protezione dei ribelli in Italia. E però le due Potenze non si mossero, vedendo l'attitudine ostile dell'Inghilterra; e la Francia, smesse le prepotenze, si acconciò ad essere solamente il presidio e non la padrona della città, ritirando le sue truppe solo il 3 dicembre 1838, quando i tedeschi sgombrarono dal territorio pontificio.
 
Nel 1831 Giuseppe Mazzini, fondata una sêtta detta la Giovane Italia, stringeva i suoi adepti con terribili giuramenti di segreto, per rompere guerra contro ogni religione positiva e specialmente contro il Romano Pontefice, cui voleva in nome dell'unità d'Italia spogliare dei suo Stato, e poi, se gli fosse riuscito, toglierlo anche di mezzo, qualora non volesse acconciarsi alle leggi dategli. In pochi mesi la sêtta stendevasi in varie provincie d'Italia, e Mazzini, che poneva sempre ogni sua cura nel non arrischiare la pelle, condannava a morte senza misericordia i settarii che non ubbidivano ai suoi mandati. Nel 1833 risolveva di fare entrare qualche migliaio di settarii in Savoia, corrompere le milizie piemontesi e con queste minacciare l'Austria, mentre l'esercito napoletano ribellato doveva correre su Roma, impadronirsi dei beni dei clero e dei nobili e proclamare l'Italia una e libera. Ma a Napoli la polizia scopriva e puniva i congiurati; in Piemonte ne venivano presi cento, duecento poterono fuggire e dodici furono archibugiati; e nel 1834 due centinaia di mazziniani, entrati in Savoia sotto il comando del generale Ramorino, vedendo che nessuno si univa loro, ritornarono alla corsa nella Svizzera, senza aspettare i soldati del Re.
 
E continuarono le sêtte a ordir congiure, con tumulti e omicidii, per annientare la Signoria del Papa, nel 1837, nel 1841, 43, 44, 45. Il furioso settario Ricciardi nel suo libro i Martiri di Cosenza scriveva chiaramente esser loro scopo scendere a Roma per annullare il Pontificato, ricetto d'impostura e d'infamia, che attrista ed appuzza la terra da diciotto secoli e più! (RICCIARDI, Storia d'Italia dal 1850 al 1900, c. 19, pag. 33. Parigi 1842). Ma le truppe erano fedeli, la polizia vigilante.
 
Falliti tanti conati, si vide chiaramente che, senza un esercito agguerrito, intorno al quale potessero raccogliersi le forze settarie, a nulla sarebbero riusciti i moti italici. Ma quale principe avrebbe dato ascolto al loro invito e con quali maniere lo avrebbero indotto a servirli? Massimo d'Azeglio additava loro Carlo Alberto e il Piemonte (FARINI, Stato Romano, I, 101). Col pretesto specioso e generoso dell'indipendenza d'Italia, si sarebbe chiamata politica quella serie di falsi principii, di fatti compiuti, che avrebbero condotta la loro guerra contro Roma, contro il Papa, contro la Chiesa e contro Dio.
 
A questo punto erano portate le cose, quando compariva sulla scena del mondo D. Giovanni Bosco. Egli, a nessuno secondo nell'amare la prosperità e la gloria della sua patria, avendo compreso bene i suoi tempi, vide chiaramente a quali disastri l'avrebbe condotta la perturbazione di un ordine provvidenziale, che aveva posto in Italia la sede temporale e indipendente del Papato. La storia, da lui studiata con tanto amore, gli dimostrava, che ogni qualvolta i popoli si erano dichiarati avversarii del Vicario di Gesù Cristo, si erano pur sempre verificate le parole d'Isaia: Terra infecta est ab babitatoribus suis, quia transgressi sunt leges, mutaverunt ius, dissipaverunt foedus sempiternum. Propter boc maledictio vorabit terram (XXIV, 5 - 6). Ed ecco perchè il programma di D. Bosco fu sempre questo: Tutto col Papa, pel Papa, amando il Papa.
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