Missione

Arturo, calciatore no profit

In Perù, al servizio dei poveri. Arturo Ballabio, un ex campione di calcio, uno che ha segnato a Dino Zoff e che ha vinto il campionato del mondo con la militare italiana, nello Zaire, oggi si trova in Perù per fedeltà ai poveri e a Dio. Padre di famiglia, con cinque figli, è ritornato ancora una volta per un po' di mesi in America Latina.


«Suona e chiede aiuto. Di più nelle ore dei pasti, quando i poveri del paese – vecchietti soli, vedovi e senza figli – arrivano perché sanno che da noi possono trovare un po’ di riso e una zuppa calda. A volte è capitato a me di spazientirmi perché il suono della campanella arriva al termine di una giornata particolarmente faticosa o nel bel mezzo di una riunione animata o in un momento di nostalgia dei luoghi e delle persone care che sono rimaste in Italia. E’ commovente invece vedere i miei amici, che da anni sono qui in Perù come volontari “permanenti”, che si alzano senza mai dare un segno di fastidio, si occupano del problema e poi, dopo avere risposto ai poveri, tornare tranquilli al momento della distensione. Una scuola di vita impressionante per noi che ci siamo abituati alle nostre case sempre chiuse, dove ci illudiamo di vivere come in un rifugio (o una prigione?) ben protetti dalla confusione della vita occidentale. La porta sempre aperta, un atteggiamento della mente faticoso, ti lascia alla fine della giornata con un grande senso di serenità, quello che don Bosco raccomandava ai suoi ragazzi: la tranquillità di avere fatto fino in fondo il proprio dovere! Se è vero, come diceva il vecchio catechismo, che Dio è in ogni luogo, è ancora più vero che Dio è nei poveri, in chi ha bisogno di aiuto. Così il gesto di aprire la porta della nostra casa permette a Dio di entrare e di cambiare la nostra vita».

E’ un brano di un lunga lettera di Arturo Ballabio, un ex campione di calcio, uno che ha segnato a Dino Zoff e che ha vinto il campionato del mondo con la militare italiana, nello Zaire. Oggi si trova in Perù per fedeltà ai poveri e a Dio, che ricerca in loro e in loro ritrova. Padre di famiglia, con cinque figli, è ritornato ancora una volta per un po’ di mesi in America Latina, con il “permesso” della moglie Massimiliana. A Tauca è ospite di Elia Cappelletti, che con la moglie Sabrina e suoi tre figli, sta continuando quell’andare controcorrente, che il papà Enrico e la mamma Silvana, gli hanno insegnato con la loro vita donata agli altri. Enrico stava lavorando in Ecuador, quando la morte in incidente automobilistico, gli ha troncato la vita, ma la sua testimonianza non è andata persa: i due figli l’hanno raccolta e sono “volontari” in Perù tra i poveri, mentre la mamma lavora qui in Italia in una Casa di accoglienza, dopo avere donato tanti anni della sua vita sulle Ande peruviane ai poveri e ai giovani del Seminario di Pomallucay.

Arturo è andato laggiù con due restauratori brianzoli, Battista e Giuliano, che gratuitamente hanno vissuto il tempo delle ferie nel restauro della chiesa di Tauca, un autentico capolavoro barocco del periodo coloniale spagnolo. Compito di Arturo era “discialbare” le mura della chiesa: «Tutto il giorno con in mano un bisturi e un martelletto, attento a non rovinare gli affreschi, un esercizio di pazienza che mette a dura prova i nervi, ma che in qualche momento diventa una preghiera silenziosa che fa bene alla salute dello spirito. Ogni colpo di martello, una giaculatoria e la mente va a casa, agli amici».

Elia, Sabrina, Lorenzo, Enrico, Chiara, Elia “Biso”, Arturo, Battista, Giuliano, Nadia, Nicola: nessuno parla di loro, è gente che non riceve medaglie d’oro né vince la Coppa Rimet, ma mette in difficoltà noi che siamo qui nella nostra terra, dove non ci manca niente, dove le porte sono sbarrate la sera e la campanella non suona, non disturba mentre stiamo mangiando con la TV accesa e i piatti con cibi di qualità, presi ai vari supermercati della zona!

Ora Arturo sta coltivando un altro sogno: sostenere dall’Italia la costruzione di una casa a Tangay per i “piranitas”, ragazzi di strada di Chimbote. Tutto nasce da un gioco di squadra, legato all’Operazione Mato Grosso, dove l’ex-centravanti Arturo si sta impegnando con la sua famiglia: “Giocherò per vincere una partita che è una scommessa per la vita di tanti ragazzi poveri”. Vai, Arturo, non sarai certamente solo!

don Vittorio Chiari

http://www.chiesadimilano.i

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