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Apparizioni mariane: Guadalupe (1531) - Parte II

In Maria è Dio stesso che raggiunge il popolo, gli parla e gli rivolge parole di speranza. Le apparizioni della Vergine sul Tepeyac contengono in germe l'inizio di una nuova cultura: Maria convoca un popolo e lo rende Chiesa. L'intervento di Maria fa spontaneamente pensare alla visitazione. La visita di Maria a Elisabetta fu un annuncio di Gesù...


Apparizioni mariane: Guadalupe (1531) - Parte II

Lettura teocentrica del messaggio della Vergine

L'apparizione mariana avvenuta sul colle del Tepeyac è stata giustamente definita "messaggio di salvezza". La Vergine parla a Juan Diego, ma, attraverso lui, vuole manifestarsi a tutta la sua gente che vive in una situazione di oppressione e di frustrazione. In Maria è Dio stesso che raggiunge il popolo, gli parla e gli rivolge parole di speranza. Benché le divinità azteche siano morte, Dio, "il vero Dio per cui si vive", non li ha abbandonati, anzi affida le loro pene e le loro aspirazioni a sua madre. Maria è infatti nostra madre, nostra "piadosa madre": sul Tepeyac risplende luminoso il mistero della maternità divina e spirituale di Maria e, si sa, il mistero della maternità divina è il mistero della centralità di Cristo.

In questo senso si può vedere nella manifestazione mariana del Tepeyac un'eco della manifestazione di Dio a Mosè nel roveto ardente. Il lamento degli indios è giunto al cuore di Dio che, attraverso Maria, annuncia e opera la prossima liberazione. S'instaura così un rapporto autenticamente evangelico tra la fede cristiana e un nuovo popolo, quello mestizo, cioè meticcio: è un nuovo inizio, un fondamento di vita simile a quello che Dio aveva stipulato per mezzo di un patto di alleanza con Israele, facendo di varie tribù un popolo. Come l'esodo degli ebrei dall'Egitto aveva dato inizio a una nuova coscienza di popolo, così le apparizioni della Vergine sul Tepeyac contengono in germe l'inizio di una nuova cultura: Maria convoca un popolo e lo rende Chiesa. L'intervento di Maria fa spontaneamente pensare alla visitazione (Luca 1,39-56). La visita di Maria a Elisabetta fu un annuncio di Ges√π: in essa si realizzò una comunicazione di grazia e si sperimentò una profonda comunione tra le persone, specie nel bisogno. Ora Maria visita, attraverso un suo rappresentante, tutto un popolo, e il suo compito sarà quello di condurre l'uomo alla piena realizzazione di sè come persona e di rivelargli il suo destino trascendente. Compito della madre sarà quello d'indicare agli indigeni il vero Dio, abbandonando l'idolatria ma senza rinnegare la sostanza della religiosità indigena, che viene così riorientata. Il Dio annunciato porta nomi ben conosciuti dagli aztechi: la Vergine richiama non i nomi delle singole divinità, ma quelli che formavano il sustrato teologico del credo del popolo. Santa Maria di Guadalupe dice di essere: - la madre del Dio di verità - la madre del datore della vita - la madre del creatore degli uomini - la madre del Signore della vicinanza e dell'unità - la madre del Signore del cielo e della terra. Si riferisce perciò all'essenza di Dio nella sua relazione con il mondo e con l'uomo. In questo modo il fatto guadalupano ricupera parte dell'immensa ricchezza della concezione religiosa nahuatl dandole pienezza e universalità.

Anche Juan Diego è pienamente accolto da Maria nella sua realtà india, è da lei amato e promosso: proprio lui è stato scelto per compiere una missione. E inviato a portare la liberazione da odi e rancori verso i conquistatori per costruire un popolo nuovo, all'insegna dell'unità, dimenticando le tragedie passate e guardando al futuro che nascerà dall'incontro delle due razze: è un evento, questo, da vivere non con fatidica rassegnazione o passivo risentimento, ma con coraggiosa e dinamica speranza. La Vergine del Tepeyac è modello per tutti quelli che non accettano passivamente le circostanze avverse della vita personale e sociale, ma proclamano con lei che "Dio innalza gli umili" e "rovescia i potenti dai troni". Come madre, la Vergine esprime il desiderio di essere presente tra i suoi figli in modo permanente, di stabilire un dialogo, una comunione, e di vedere realizzata l'unità dei credenti. Per questo chiede che in quel luogo venga costruito un tempio, una casa che sia punto di riferimento a cui accorrere per invocare l'unico vero Dio da lei annunciato. Lì vuole essere amata e invocata, lì vuole che i suoi figli imparino a confidare in lei. Maria desidera mostrare quanto Dio si fa vicino all'uomo, alla sua esistenza concreta: va incontro a Juan Diego lungo il cammino, si interessa di quello che fa, viene a consolare le sue pene, sta accanto a chi non ha più speranza.

La guarigione che Dio ha progettato per il suo popolo riguarda infatti tutto l'uomo: a questo allude la guarigione dello zio di Juan Diego, cioè Juan Bernardino. La malattia è una delle tante schiavitù che incatenano l'uomo. Il fatto miracoloso ci ricorda inoltre che il dono della Vergine varca ogni confine e che alla base della salvezza ci sarà sempre la fede. Sollecita del bene dei figli, che vuole crescere nella fede, Maria chiede al suo messaggero di recarsi dal vescovo perché questi autorizzi la costruzione del tempio richiesto. Ne riconosce quindi l'autorità nell'ambito ecclesiale e la funzione di guida spirituale del popolo di Dio, che deve imparare a vivere la fede nella comunità dei fratelli, figli di uno stesso Padre. Alla fine del Nican Mopobua siamo già di fronte a una comunità riunita dalla presenza di Maria.

Spunti teologici

Se prendiamo in considerazione il fatto guadalupano dal punto di vista strettamente teologico, possiamo definirlo un esempio di evangelizzazione attraverso parole, simboli, miracoli, sull'esempio di quella che operava Gesù. E come per Gesù, al centro c'è sempre Dio. Sono molte le reminiscenze bibliche. Fin dall'iniziale annotazione relativa al luogo e all'ora delle apparizioni, siamo introdotti in un ambiente impregnato di soprannaturale e di divino: "Era sabato, molto presto... Vicino alla collina già albeggiava...". E sintomatico che la manifestazione soprannaturale avvenga su un monte - sia pure di modestissima altitudine - poiché la cima dei monti è stata sempre ritenuta un punto di contatto con la divinità. L'ora ha un valore simbolico nella mentalità preispanica: allude all'"inizio", alla nascita di qualcosa di nuovo e di grande. Attratto dal canto celestiale, Juan Diego alza lo sguardo verso la cima del colle e sente una voce che lo chiama, ripetendo il suo nome, come spesso avviene nelle manifestazioni divine narrate nella Bibbia. All'udire segue il vedere. Il veggente, per niente intimorito, anzi rallegrato dalla presenza di segni soprannaturali, osa salire in direzione della voce per incontrarsi faccia a faccia con chi lo chiama: una Signora che gli appare in una cornice splendente di luce, tipica delle manifestazioni divine della Bibbia. Il colle, luogo desolato in cui spuntavano solo cactus, ora è luogo di vita. A questo punto entrano in scena le parole: la figura splendente si presenta come la sempre Vergine santa Maria. Fin dalle origini, la Chiesa ha proclamato la verginità di Maria fondandosi sui vangeli di Matteo e di Luca; Maria è inoltre la piena di grazia e, per questo, partecipa in modo singolare della santità di Dio: "Santa per la sua unione col Verbo incarnato, in forma tanto esclusiva e personale, come madre sua, santa per i privilegi, i doni di grazia con i quali Dio la colmò fin dalla sua immacolata concezione, santa per la risposta che dà conservando la grazia e praticando perfettamente le virtù". Tutti i doni, i privilegi e la grandezza della Vergine Maria hanno la loro radice nel fatto di essere la madre di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo. La Vergine non nomina direttamente Gesù: parla piuttosto il linguaggio semplice della fede, come si esprime nella seconda parte dell'Ave Maria: "Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori...". Per Juan Diego, comunque, è chiaro che si tratta della "madre del salvatore nostro Gesù Cristo", perché già conosceva il catechismo nelle sue linee essenziali. Il messaggio guadalupano tocca il cuore del mistero rivelato: Maria di Guadalupe è la Vergine madre di Dio. Già abbiamo menzionato la familiarità che gli indigeni avevano con gli attributi divini menzionati dalla Vergine: è qui indispensabile sottolineare che, mentre nell'antica religione l'espressione "madre di Dio" o "nostra madre" indicava l'aspetto femminile della realtà, ora la Vergine vuole specificare che il suo essere creatura ha come primo compito quello di far conoscere, glorificare, manifestare Dio alle genti. E lo farà attraverso la vocazione che le è propria: quella di madre tenerissima che guarda misericordiosa verso i suoi figli, non solo quelli del Messico, ma tutti quelli a lei devoti. Il messaggio guadalupano è tutto un cantico alla maternità spirituale di Maria intonato da lei stessa, come soprattutto si può notare nella quarta apparizione: "Non ci sono qui io che sono tua madre?...". Quello che porta in seno - secondo il simbolismo di alcuni pittogrammi e decorazioni presenti nella tunica della Vergine - è il Figlio di Dio, ma nello stesso tempo è il popolo mestizo, meticcio. Fin dal primo momento, inoltre, la Vergine chiede che sul colle del Tepeyac venga innalzato un tempio. Ora, l'idea della casa-tempio risponde alle esigenze religiose più profonde dell'uomo: ogni gruppo umano ha sentito la necessità di scegliere uno spazio e consacrarlo alla divinità, perché abiti in esso. Proprio per rispondere a quest'intima esigenza di incontrare Dio, la Madonna chiede un tempio, in cui dispensare i suoi favori. In questo contesto di intercessione per tutto il popolo, prende rilievo anche la figura di Juan Diego, il veggente. Egli è l'inviato di cui la Vergine si serve: "Gli dirai [al vescovo] che io ti mando...". Come un vero profeta, egli è un servo pronto a obbedire, fedele al mandato ricevuto anche di fronte all'iniziale fallimento. È stato scelto lui: non sarà sostituito da qualcuno più conosciuto, rispettato o onorato. È per la sua fatica che si realizza il volere della Vergine; da uomo di fede, Juan Diego non solo si rende disponibile, ma non cerca di approfittare del potere della Madonna per chiedere ciò che ormai era umanamente impossibile: sarà la Vergine a operare da parte sua un miracolo apparendo allo zio e guarendolo. Juan Bernardino diverrà l'altro testimone dell'evento: a lui, infatti, Maria rivelerà il suo titolo: Guadalupe. Consolato dalla buona notizia, Juan Diego non dubita nemmeno per un momento e corre di nuovo dal vescovo con il segno richiesto. Dobbiamo qui soffermarci sull'importanza dei segni nell'evento guadalupano. Il primo è quello dei fiori che la Vergine stessa prende tra le mani, dopo aver ordinato a Juan Diego di coglierli. Sono rose e altre specie diverse, profumate e roride di rugiada, spuntate prima del tempo e in modo straordinario in un luogo in cui normalmente abbondavano rocce, cardi, spine e cactus. L'altro segno è quello dell'immagine impressa sulla tilma di Juan Diego e venerata con il nome rivelato a Juan Bernardino: "La perfetta Vergine santa Maria di Guadalupe", il cui significato è stato ampiamente indagato dagli studiosi.

Quando la Madonna apparve a Juan Diego, il termine Guadalupe aveva già una lunga storia dietro di sè. Guadalupe era il nome di una località spagnola situata presso Caceres, in Estremadura, regione dalla quale proveniva la maggior parte dei conquistatori e lo stesso vescovo Juan de Zumàrraga. Assai celebre al tempo della conquista dell'America, era sede di un santuario dedicato precisamente a Nostra Signora di Guadalupe. Guadalupe è parola castigliana d'origine araba, ma di significato oscuro. Alcuni pensano che significhi "fiume di luce" o "fiume di amore". Altri autori hanno cercato d'interpretare la parola Guadalupe con la filologia nahyatl, ma forzando inutilmente il suo valore originale. È significativo invece che la Vergine abbia scelto di presentarsi con questo nome caro agli spagnoli, perché riconoscessero attraverso questo segno la Vergine Maria della tradizione cristiana. Per Juan Diego l'immagine - descritta in un'altra parte dell'Huey Tlamahuizoltica - è stata una conferma della sua fede; per il vescovo un segno perché credesse; per gli indigeni un codice, amoxtli, sul quale un tlacuilo ("pittore") celeste aveva lasciato messaggi che passavano inavvertiti per gli spagnoli. Infatti, mentre la nostra cultura privilegia la parola, la cultura nahuatl valorizza l'immagine. Per noi l'immagine è piuttosto un ritratto, una riproduzione della realtà, e solo secondariamente è comunicazione. Gli indios, preparando i loro amoxtli, non pretendevano di riprodurre la realtà, ma piuttosto di comunicare convinzioni in modo pittografico. L'immagine, quindi, unita al racconto di un fratello della stessa razza, in lingua nahuatl, con una simbologia precisa, provocò la conversione in massa degli indigeni alla Regina del cielo.

 

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