Antonino diventa diacono

sabato 14 giugno, a Valdocco, don Antonino Mazara sarà ordinato diacono.

1. A pochi mesi dalla professione perpetua arriva ora il diaconato, un’altra tappa importante del tuo cammino vocazionale: cosa vuol dire diventare “diaconi”?

Il 28 settembre ho ricevuto il dono di emettere i voti perpetui. È stata una scelta radicale, una risposta alla chiamata di Dio per dire: “Voglio essere tutto tuo”. Ho ancora i brividi pensando alla potenza di quella giornata e alla commozione per l’amore ricevuto. Da quel giorno, ogni mattina cerco di riconoscere che è la Sua presenza a fare la differenza nella mia vita: è il Suo amore che mi ha salvato e continua a salvarmi. Ora arriva il diaconato, che aggiunge una nuova sfumatura a questo cammino: quella del servizio. Mi colpisce molto che, dopo aver detto “di chi sono” nella professione perpetua, la Chiesa mi orienti subito verso il “come” voglio vivere questa appartenenza. È un ministero che profuma di pecore, direbbe papa Francesco! Il diaconato è il ministero della missione, che prepara al presbiterato, ma che già ora mi introduce in alcuni gesti della grazia dell’Ordine: benedire, battezzare, accompagnare le coppie nel matrimonio, servire all’altare e annunciare il Vangelo. Annunciare la Parola di Dio mi emoziona, ma mi provoca anche una certa vertigine: non si tratta solo di parole, ma di servire davvero la Parola che salva. Mi ispira molto la figura di Papa Leone XIV: da un giorno all’altro ha lasciato tutto per andare a Roma, e lì è rimasto per sempre. Senza tornare indietro, senza prendersi del tempo. Ha semplicemente risposto alla chiamata. Vorrei vivere così anch’io il mio ministero diaconale: con prontezza, disinteresse e libertà, lasciandomi mettere dove serve, per il bene delle anime.

2. Il “servizio” sarà una delle attività principali del diacono: cosa vuol dire per te essere al servizio dei giovani, della Chiesa e della Congregazione Salesiana?

Nel contesto salesiano, il diaconato prende subito una forma concreta: il servizio ai giovani. Servirli significa spezzare per loro il pane della Parola, vivere in mezzo a loro testimoniando che Dio esiste e che il Suo amore può riempire la vita. Come i diaconi delle prime comunità cristiane, anch’io mi sento chiamato a un servizio di carità e di vicinanza. Anche solo l’abito che indosserò (ho acquistato il mio primo clergyman -la camicia da prete… vi rendete conto?) sarà un segno: “quest’uomo è mandato da Dio per amare”. Il mio sogno è diventare un canale pulito della grazia di Dio. Che non ci passi il mio egoismo, che non filtrino le mie fragilità. Solo Dio che passa. Sto imparando, piano piano, a decentrare me stesso, a non partire da ciò che mi piace o che so fare, ma a cercare il Signore proprio nel servizio che mi viene chiesto. È lì che Lui mi aspetta. È lì che posso imparare a servire Dio nei giovani. In questi mesi, due Vangeli mi stanno accompagnando in modo speciale. Il primo è quello delle nozze di Cana, dove Maria dice ai servi: «Fate quello che vi dirà» (Gv 2,5). Il secondo è quando Gesù dice: «Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamati amici… Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13-15). Vorrei che queste due frasi dessero forma al mio essere diacono: fare ciò che Gesù mi chiede, con prontezza, e imparare a dare la vita, davvero, come fanno gli amici. Come ha fatto don Bosco.

3. Farai il diaconato nell’anno del Giubileo della Speranza: cosa vuol dire per te portare speranza agli altri?

Quest’anno ho imparato che la speranza è la certezza che Dio non smette mai di cercarmi. È il Buon Pastore che lascia tutto per venirmi a salvare, anche nelle mie vergogne, nelle mie debolezze, nelle mie fughe (cf. Lc 15,4-7). La speranza è Dio che viene a stanarmi. È bello iniziare il mio ministero in questo Anno del Giubileo, perché mi ricorda che posso essere strumento della speranza cristiana. E anche che voi giovani siete e sarete segni della speranza con cui Dio continua a parlarmi e ad amarmi. Vorrei davvero poter annunciare a tutti che bisogna lasciarsi educare dalla speranza, imparare a leggerla tra le righe del quotidiano. Perché Dio è all’opera. Dio ti sta cercando da tempo. E lo fa per dirti, semplicemente: ti amo. In questo momento sento anche di chiedervi una preghiera: perché questo ministero che sto per ricevere non è un regalo solo per me, ma un dono che il Signore fa alla Chiesa, alla Congregazione Salesiana, e in particolare alla nostra Ispettoria del Nord-Est e all’MGS Triveneto. Spero che questa tappa del mio cammino mi aiuti a diventare sempre più simile a don Bosco, specialmente nella passione e nel servizio per le anime. Vi chiedo una preghiera e un ricordo il 14 giugno (e anche dopo, eh!), perché (ne sono certo al 100%) siete anche voi ragazzi a plasmare e far crescere nella santità il cuore di un salesiano.

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