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Anche in Italia le scuole cattoliche devono misurarsi con la presenza di student...

Il giovane Hamdi «musulmano salesiano». Da tempo giovani e bambini musulmani si mescolano ai loro coetanei cattolici nelle nostre scuole e negli oratori. In tale contesto diviene necessario elaborare un progetto educativo che permetta, allo stesso tempo, la fedeltà al proprio credo, nel rispetto della fede altrui, la condivisione di alcuni valori basilari...


Anche in Italia le scuole cattoliche devono misurarsi con la presenza di studenti islamici

La crescente presenza di nuove generazioni di musulmani in Italia e la necessità di attuare un processo di seria integrazione pongono non solo la società, ma anche la Chiesa di fronte a sempre nuove sfide. Da tempo, infatti, giovani e bambini musulmani si mescolano ai loro coetanei cattolici nelle nostre scuole e negli oratori. In tale contesto diviene necessario elaborare un progetto educativo che permetta, allo stesso tempo, la fedeltà al proprio credo, nel rispetto della fede altrui, la condivisione di alcuni valori basilari e la promozione del dialogo interculturale e interreligioso. Esperienze di questo tipo vengono da numerose scuole cattoliche sparse nel mondo.

Io stesso ho avuto diretto contatto con istituzioni scolastiche cattoliche in Paesi a maggioranza musulmana, in particolare in Egitto e Bangladesh, dove esse - oltre ad essere considerate poli di eccellenza dal punto di vista didattico - sono apprezzate anche come centri di formazione ai valori essenziali della vita e di educazione al rispetto dei diritti umani. Molti dei musulmani incontrati nella mia lunga esperienza di dialogo interreligioso, in vari Paesi del mondo, sono stati formati in istituzioni cattoliche e si mostrano fieri di aver maturato all'interno di esse quella coscienza dei valori umani essenziali e quel rispetto della fede altrui che hanno forgiato il loro carattere. Ricordo ancora le parole di un certo Hamdi, egiziano, che si dichiarava 'musulmano salesiano', orgoglioso di essere stato in un collegio salesiano del Cairo dove aveva convissuto, oltre che studiato, insieme ad altri studenti cristiani e dove la sua fede islamica si era arricchita del contributo dei propri amici ed insegnanti cristiani. Persino un membro del movimento fondamentalista Jamaat-i-Islami, in Bangladesh, mi pregò di aiutarlo a iscrivere sua figlia a una scuola cattolica retta da suore a Dhaka. Quando gli chiesi il motivo, mi rispose candidamente che nelle scuole cattoliche non solo si riceve un alto grado di istruzione, ma viene anche offerta una seria formazione ai valori essenziali della vita e della fede e si garantisce tolleranza e rispetto dei costumi e delle tradizioni dell'islam. Una tale descrizione trova riscontro in un recente articolo di padre Fadel Sidarouss, gesuita ed educatore egiziano, in cui si indicano tra gli obiettivi specifici delle scuole cattoliche la necessità che siano poli di eccellenza per sostenere un Paese in via di sviluppo e, insieme, luoghi di incontro e di dialogo in un clima di 'laicità'. Anche nei comunicati del secondo colloquio tra il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso e il Royal Institute for Interfaith Studies di Amman, si afferma che l'educazione ha il compito di aiutare i giovani a essere ben radicati nella propria identità religiosa» e «favorire la formazione di identità aperte ad altre identità». La Carta dei valori della cittadinanza e dell'integrazione, fatta propria anche dalla Conferenza episcopale italiana, afferma che «ogni tipo di insegnamento, comunque impartito a livello pubblico o privato, deve rispettare le convinzioni di ciascuno e tendere a unire gli uomini anziché a dividerli» (art. 15).

Se si vogliono, dunque, aprire le scuole cattoliche a studenti musulmani non è necessario rinunciare alla presenza del crocefisso nelle aule né all'insegnamento dei valori a cui la nostra tradizione cristiana ci ha educato, ma semplicemente aprirsi ed educare i nostri studenti ed insegnanti cattolici alla tolleranza, al rispetto e al dialogo, per aiutare il singolo a crescere nella propria fede nella ricerca di valori comuni.

Francesco Zannini

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