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Amare o lasciarsi amare?Un viaggio alla ricerca del vero primato da Giovani per ...

Si parla spesso, anche in queste pagine, di amore, delle sue distinzioni e sfaccettature, di quali gesti ne esprimano la verità e l'autenticità, di come si può aiutare a crescere, dei ‚Äògradini' per imparare ad amare. E in tutto questo ci si sente giustamente ‚Äòprotagonisti': protesi nell'amare. E ‚Äòlasciarsi amare' c'entra in che termini con l'amore? Viene prima o dopo, chiede lo stesso protagonismo? Non vogliamo fare giochi di parole... ma vi siete mai chiesti se è più facile amare o lasciarsi amare?


Amare o lasciarsi amare?Un viaggio alla ricerca del vero primato da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 26 settembre 2006

Lasciarsi amare I: primo tentativo di risposta.

E’ più facile lasciarsi amare! In fondo si riceve, non si è costretti e invitati a ricambiare. Un’altra persona mi fa oggetto delle sua attenzioni che in fondo, non mi chiedono nulla di speciale in cambio, l’altro/a è contento ‘che io ci stia’ e da parte mia… tanto più se mi risultano comode e vantaggiose, ci guadagno senza sforzo. Amare mi chiederebbe di mettermi in gioco, qui no: sto a guardare.

Non c’è dubbio che questo ‘lasciarsi amare’ appaia abbastanza distante dall’amore… anche quando eventualmente fosse frutto di un malinteso ‘buon cuore’ che si scusa vantando di non voler rattristare o deludere l’affetto dell’altro/a.

 

Amare I: protesi nel dono.

Amare è un verbo attivo. Anzi attivissimo: chi ama è ricco di fantasia e creatività, sa escogitare tutti i mezzi per raggiungere, incontrare, rendere felice l’amato. Chi ama capisce cose che agli estranei non sono date a vedere: chi ama sa di più. Sa trovare il modo giusto, intuisce di cosa c’è bisogno.

Chi ama non fa sconti a se stesso, è proteso nel dono. Anche quando sente che sta venendo meno qualcosa di sé se la causa è l’amore, lo invade in contemporanea un’intima gioia.

San Paolo nell’inno alla carità (1Cor,13) diceva proprio questo: chi ama tutto spera, tutto sopporta, tutto scusa, chi ama è paziente, ricco di bontà e vive nella verità.

L’amore e il servizio della carità portano fuori da sé, spingono a mettere a frutto e condividere energie, intelligenza, tempo…

Un rischio però è in agguato, capace di sporcare la bellezza e la trasparenza di una vita così. E’ l’incrinatura data dalla presunzione in tutto questo ‘fare’ di essere autosufficienti. Grandi nell’amore perché protesi solo nel ‘fare la carità’. Se il cuore non rimane vigilante rischia di svuotarsi e rimanere atterrito dal proprio vuoto. Quando verrà per mille motivi diversi, il tempo in cui non si potrà più ‘dare’ ma si avrà bisogno di cure, di attenzioni, di ascolto… ci si sentirà mutilati, un po’ falliti. Perché no, inutili.

Amare così porta a legare la propria identità a quello che si fa, a quello che ‘io’ ho fatto ‘per te’. E’ amare da protagonisti eccessivamente egocentrici. Io sono il forte, il ricco, il ‘pieno di risorse’, colui che può dare pienezza e gioia alla tua vita… se tu puoi avere orizzonti diversi è grazie al ‘mio’ dono.

E’ vero, ma cosa manca a questo ‘amare’?

 

Lasciasi amare II: spogliarsi.

Non è facile accettare la propria debolezza, guardare le proprie fatiche, prendere in mano i propri limiti, ammettere di aver bisogno degli altri.

Non è facile con umiltà chiamare per nome le ferite della propria anima e farle medicare. Non è facile lasciare le proprie sicurezze, futili e a volte chiaramente posticce… ma ancora sicurezze.

Lasciarsi amare è la disponibilità a ricevere qualcosa che non si può ripagare. E’ riconoscere che non ‘si è meritato’ ciò che viene donato, ma che semplicemente qualcuno ci ama gratis; nonostante i nostri limiti, le nostre ferite, le nostre debolezze. Siamo amati in tutto, accolti per ciò che siamo, e proprio così aiutati a risollevarci e ripartire, a non compiangerci e fermarci.

Mi sembra espressiva questa immagine dello ‘spogliarsi’…

Svestirsi chiede di mettersi in balia di un altro, di lasciare la copertura del proprio rassicurante ‘look’ e mostrarsi come si è: si diventa vulnerabili, si deve superare la paura di ‘non piacere’. La nudità ha un impatto molto grande nella nostra interiorità.

Spogliarsi davanti a una persona che ci ama è molto diverso dall’essere guardati da occhi ‘rapaci’ che vogliono possedere e umiliano, che è violenza proprio perché cambia lo sguardo dal quale ci sentiamo avvolti.

Dalla dimensione fisica possiamo cogliere i rimandi per analogia: lasciarsi amare è un po’ spogliarsi

interiormente, lasciare che qualcuno ci ami così per quello che siamo, e non per l’immagine di ciò che vorremmo essere. Lasciarsi amare è imparare a ricevere!

E’ scoprire di essere poveri, e che la propria povertà permette a un altro di condividere la propria ricchezza.

Lasciarsi amare richiede di farsi poveri e di far crescere in sé l’umiltà.

E’ la consapevolezza profonda della propria non autosufficienza.

E’ rimanere in attesa.

E’ rimanere nella disponibilità all’iniziativa di un altro.

 

Al di là delle contrapposizione: amare per lasciasi amare, lasciarsi amare per amare.

Scendendo ancora un po’, forse semplicemente non c’è un prima e un dopo. Tra amare e lasciarsi amare c’è contemporaneità. Non si può vivere autenticamente l’uno senza l’altro. Chi ama davvero, sa ricevere dall’amato per donargli la gioia di donare. Chi sa ricevere amore sa che sta amando forse di più in quel suo, a volte difficile, protendersi nell’accoglienza.

Le due realtà sono molto compenetrate pur nella loro specificità e richiedono un cuore aperto e disponibile. Essere ‘attivi’ ed esser ‘passivi’ non sono qui contrapposti. C’è una disponibilità così umile che richiede una scelta molto attiva, e un agire così delicato che richiede di aver ascoltato e atteso, attinto a propria volta.

Chi ama sa che non lo può fare in forza di sé stesso: l’amore si impara ricevendolo!

L’uomo nasce, esiste grazie a un atto d’amore.

E l’essere umano esiste in forza di un atto d’amore radicale di Dio e per questo la sua vita prende forma radicalmente a partire dall’amore.

Dio che è amore si dona continuamente, è sempre attivo e ci invita a lasciarci coinvolgere, a donare a nostra volta; ma noi possiamo fare ciò solo se amiamo l’Amore che si dona, e per questo è necessario un atteggiamento di estrema accoglienza, di lasciar accadere in noi, di ‘contemplazione’.

E non basta averLo accolto al passato, una volta per sempre, o a periodi, per essere dispensati dall’accoglierLo nel presente: noi possiamo avere vita solo restando in questo Amore.

Gesù vive così: dona tutto se stesso e non si allontana mai dalla comunione con il Padre.

 

Amare e lasciasi amare da Dio.

Anche nel rapporto con Dio, nella preghiera, possiamo rileggere la stessa tensione. Ciò che conta nella preghiera non è tanto ciò che facciamo, ma quanto Dio fa in noi in quel tempo. A volte pensiamo sia importante cosa si dice, qualche formula… ma queste sono importanti nella misura in cui ci introducono nella relazione con Dio, alla sua presenza o ci rendono partecipi del respiro della Chiesa, ricordandoci che apparteniamo al suo corpo.

Le ‘preghiere’ hanno il compito di introdurci ‘nella preghiera’, di invitarci ad amare, a rivolgerci a Lui con affetto e fiducia. Infatti l’atto essenziale della preghiera è mettersi e restare alla presenza del Signore. Questa presenza è trasformante, guaritrice, santificatrice. Non si può restare esposti al sole senza abbronzarsi!

Ecco perché la preghiera più profonda, anche se non sentiamo niente di speciale, che non si improvvisa, che si riceve quasi come un dono dopo aver frequentato tanto il Signore, è restare in un profondo atteggiamento di disponibilità senza dover dire o pensare qualcosa di particolare.

Il nostro compito principale nella preghiera è di amare, ma nel rapporto con Dio amare è innanzi tutto lasciarsi amare. E’ l’atteggiamento di figli che permette di lasciarsi amare come bambini da Lui. E’ lasciarsi definire dalla sua parola, è ricevere la nostra vita dalla sorgente della Vita, è sperimentare la libertà del non dover dipendere dai nostri meriti ma da un Amore gratuito che non verrà mai meno… anzi che continuamente si offre in cibo per alimentare il nostro amore.

Lasciarsi amare da Dio è ricevere spesso il suo perdono dopo aver sentito di averne ferito il cuore, è lasciarsi rinnovare dalla sua continua fiducia, più tenace della nostra, che rischia di desistere in fretta. Lasciarsi amare è lasciarsi coinvolgere dallo stile di Dio, ed è così che il nostro agire diventa progressivamente amore libero e liberante, umile e gratuito.

Qui davvero amare e lasciarsi amare, la dimensione attiva e quella contemplativa, si fondono. Pensiamo al sì di Maria: in quella stanzetta a Nazareth è stata pura disponibilità all’agire di Dio, al lasciarsi avvolgere dalla sua grazia, al lasciarsi riempire dal suo amore, da Lui stesso, e allo stesso tempo coinvolta responsabilmente e attivamente, protesa nel dono di sé, nell’essere amore.

 

 

Bibliografia

H.U. von Balthasar, Gli stati di vita del cristiano, Jaca Book, Milano 1985, pp. 21-27.

H.U. von Balthasar, Al di là di contemplazione e azione, “Communio RITC” 7 (1973), pp. 21-24.

A. von  Speyr, La disponibilità, Johannes Verlag, Einsiedeln, 1975, pp. 66-70.

J. Philippe, Un tempo per Dio, RnS.

sr Francesca Venturelli

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