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A chi non ha il coraggio di cambiare

Ce l'ho con te, Mario, che non hai voluto confessarti, perché non te la sei sentita di rompere quella relazione disonesta... Ce l'ho con te, Gigi, che hai girato le comunità di mezza Italia, e benché ti sia stata offerta tante volte la possibilità di seppellire il passato... Ce l'ho con te, Gemma, che non hai il coraggio di uscire dall'ambiguità, e ti rifiuti di staccare la presa da quell'assurda passione. Ieri mi hai detto che non sai farne a meno... Ce l'ho con te, Chiesa che ho l'onore di servire, che fai tanta fatica a consegnarti al vento dello Spirito...


A chi non ha il coraggio di cambiare

da L'autore

del 01 gennaio 2002

Accadde in una notte di primavera, proprio nel periodo in cui si mangiavano gli azzimi, e la faccenda del pane senza lievito si è caricata di un altro significato: pane senza lievito perché, per il precipitare degli avvenimenti, nella notte della liberazione non si è avuto il tempo di far fermentare la pasta.

Gli azzimi, quindi, sono i pani non lievitati che, nel richiamo di San Paolo, vogliono indicare due cose: la novità di vita e la rapidità con cui vanno prese certe decisioni.

Chi sono allora gli interlocutori di questo mio messaggio pasquale?

Per un verso, tutti coloro che non hanno il coraggio di cambiare. Che non sanno staccarsi dal modulo. I prigionieri dello schema. I nostalgici del passato. I cultori della ripetizione. I refrattari al fascino della novità. I professionisti dello status quo.

Per un altro verso, coloro che sono lenti nelle scelte. Gli specialisti della perplessità. I contabili pedanti dei pro e dei contro. I calcolatori guardinghi fino allo spasimo prima di muoversi. Gli irresoluti fino alla paranoia prima di prendere una decisione. Gli ossessionati dal dubbio, perennemente incerti se mettersi in cammino.

Ce l’ho con te, Mario, che non hai voluto confessarti, perché non te la sei sentita di rompere quella relazione disonesta che sta rovinando la tua famiglia.

Ce l’ho con te, Gigi, che hai girato le comunità di mezza Italia, e benché ti sia stata offerta tante volte la possibilità di seppellire il passato e di riscrivere tutto in bella, hai fallito di nuovo per quella maledetta riserva di fermenti antichi che ti porti dentro, infinitamente più perniciosa della busta di eroina che ti hanno trovato addosso e per la quale ti hanno sbattuto fuori l’ennesima volta.

Ce l’ho con te, Gemma, che non hai il coraggio di uscire dall’ambiguità, e ti rifiuti di staccare la presa da quell’assurda passione. Ieri mi hai detto che non sai farne a meno, e che aspetti tempi nuovi perché le cose cambino. Ma sai bene che i tempi nuovi sono come la pasta: se ci metti dentro il lievito vecchio, si perpetuerà il tormento di sempre.

Ce l’ho con te, Chiesa che ho l’onore di servire, che fai tanta fatica a consegnarti al vento dello Spirito, e talvolta dai l’impressione di non esserti del tutto liberata dalla cautela di ricorrere ai fermenti mondani del potere e della gloria.

Ce l’ho con voi, uomini della politica, che, a dispetto delle vostre declamazioni di principi, vi tramandate moduli arcaici di gestione, al punto che non sapete rinnovare neppure una lista di nomi. Non saranno nè le riforme istituzionali, nè la metamorfosi degli stemmi di partito a garantire quelle svolte di cui parlate da secoli: finché introdurrete nelle vostre pianificazioni tanto lievito antico, avremo tutto il diritto di dubitare della vostra sincerità di rinnovamento.

Ce l’ho con voi, uomini della cultura, che intuite il precipitare delle cose, ma siete lenti. Avete coscienza che stiamo vivendo la notte di un grande «passaggio», ma vi attardate a lasciar fermentare la pasta nella madia. Percepite il passaggio dell’angelo sterminatore, ma ve la prendete con calma. Distinguete meglio degli altri il clamore degli oppressi, ma ne rallentate l’avventura di liberazione. E invece che accelerare l’esodo verso la terra promessa con accenti profetici, ne frenate la corsa con le vostre prudenze notarili.

E ce l’ho anche con me che non mi son liberato del vecchio lievito di lamentarmi perfino nel giorno di Pasqua.

Sia pure in extremis, però, voglio recuperare tutta la speranza che irrompe da quella «creazione nuova» che è il Corpo risuscitato di Gesù, e dirvi con gioia: coraggio, non temete!

Non c’è scetticismo che possa attenuare l’esplosione dell’annuncio: «le cose vecchie sono passate: ecco ne sono nate di nuove». Cambiare è possibile. Per tutti.

Vostro:

Tonino Bello

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