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Valentino o la vocazione impedita - Capo VII. Una guida fatale

Una sola parola di un amico forse in quel momento l'avrebbe ritratto dalla rovina, ma quell' amico non l'ebbe


Valentino o la vocazione impedita - Capo VII. Una guida fatale

don Bosco

 

La più trista sventura che possa cogliere un giovanetto è una mala guida; di essa pur troppo fu vittima anche il nostro Valentino. Mi trema la penna in mano mentre scrivo, e non crederei a me stesso se la verità del racconto non escludesse ogni dubbio. Quell' infortunio possa almeno servire di ammonimento ad altri.


Giunto Valentino alla casa paterna fu lasciato alcuni giorni in balìa di se stesso, senza che gli fosse fatta parola di vocazione. Intanto il padre accecato dal desiderio che suo figlio dovesse divenire il sostegno del suo nome e dello stipite della famiglia, voleva a qualunque costo indurlo a cangiar progetto intorno alla vocazione e per riuscire si appigliò al diabolico divisamento di affidarlo ad un uomo di guasti costumi, affinchè insegnasse la malizia al povero suo figlio. Padre infelice, per la speranza di un misero {35 [213]} temporale vantaggio rovina la casa, l'onore, il corpo, l'anima propria e del figlio!


Osnero adunque affidò Valentino ad un certo Mari, affinchè lo conducesse in mezzo al mondo, glielo facesse bene conoscere, dipoi deliberasse intorno alla sua vocazione. Questo Mari era uomo alquanto attempato, il quale aveva passata la vita ne' passatempi e ne' vizi, che solamente la sua età costringeva di abbandonare. Osnero disse dunque: « Mio caro Mari, voi siete sempre stato un amico sincero della mia famiglia; ora ho cosa di molto rilievo da raccomandarvi. Il mio Valentino vuol farsi prete, io non voglio.....Voi già mi capite, prendetelo seco voi, fatelo viaggiare, vedere, godere quanto vi è nel mondo. Ciò che spenderete è tutto a mio conto, abbiate soltanto cura della sua sanità. »


« Lasciate far da me, rispose Mari sorridendo, comprendo tutto, voi non potevate scegliere persona più capace per quest'impresa, io procurerò di contentare il figlio e rendere a voi il {36 [214]} servizio che desiderate. » Partirono, e nel partire Mari si adoperò che Valentino seco non avesse alcun libro di divozione; laonde per fargli passare la noia del cammino gli andava raccontando mille storielle di frati, di preti, di monache; da prima indifferenti, di poi andò avanti grado per grado in cose invereconde. Quindi gli somministrò libri di materie oscene che a prima vista Valentino rigettò con orrore; ma che poco a poco cominciò a leggere per passatempo, di poi per curiosità, e non era ancora scorso un mese quando il povero Valentino  erasi già abituato ad ogni genere di lettura e discorsi. Una sola parola di un amico forse in quel momento l'avrebbe ritratto dalla rovina, ma quell' amico non l'ebbe. Così il perfido Mari dopo di avere fatto girare l'infelice Valentino per alberghi, giuochi, caffè, balli, teatri, dopo averlo fatto viaggiare in varii paesi e città, finalmente riusci a sedurlo e per colmo di sventura ingolfarlo in quel vizio che S. Paolo vuole che sia nemmen nominato fra {37 [215]} i cristiani. Valentino vedeva l'abisso verso cui camminava e sul principio ne sentiva i più acuti rimorsi. Cercò più volte di andarsi a confessare; ma la scelerata guida ne lo ha sempre impedito. Una sera voleva a qualunque costo recarsi presso un convento di cappuccini e Mari gli fece sbagliare la strada e lo condusse in una casa di perversione. Valentino fu dolente e provò tale rincrescimento e giunse a tal segno di disperazione che era per precipitarsi giù da una finestra del terzo piano dell'albergo, se Mari non fosse corso a rattenerlo per gli abiti. « In quel momento, disse più tardi Valentino, io giudicava che la morte fosse un male minore dei rimorsi di coscienza, da cui era in quell'istante travagliato. » Ma questi rimorsi non durarono molto. Quasi insensibilmente Mari abituò Valentino ai cattivi discorsi, ad ogni lettura perversa, e richiamando alla memoria il buon tempo goduto nel primo anno di collegio si abbandono ad ogni sorta di vizio, anzi dopo sei mesi di vita disordinata {38 [216]} non solamente non faceva più opposizioni a Mari, ma di buon grado lo secondava in ogni suo malvagio volere. Vedendo le cose a questo punto, persuaso così di avere compiuta la diabolica sua missione, Mari ricondusse Valentino al padre.

- Credo avervi servito, disse Mari salutando Osnero.

- Vi ringrazio, Mari, voi siete sempre stato un amico di mia famiglia, ed ora avrete un motivo di più alla mia gratitudine.

- Padre, disse Valentino correndo ad abbracciarlo, padre, io sono tutto ai vostri cenni.
- Non ti farai più prete?
- No certamente, farò qualunque altra cosa, ma non prete.
- Sia benedetto il Cielo, io sono un padre fortunato. Dimani voglio invitare tutti i miei amici a festeggiare il tuo ritorno.
Osnero era come colui che cammina tranquillo sopra un terreno coperto di fiori ignorando che sotto ai medesimi vi sia un abisso profondo, nè sarebbesi {39 [217]} giammai immaginato che il ritorno di Valentino dovesse per lui essere presagio d'immensi mali.

 

Tratto da: http://www.donboscosanto.eu

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