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Un mare di carità da Giovani per i Giovani

«Era un mare di carità. Soffriva quando ci vedeva soffrire, era contento quando ci vedeva contenti. Era un uomo fedele alla sua religione e rispettava la altre. Medicava la gente, e Allàh guidava la sua mano. Anche se venisse un medico più esperto di lui, nessuno mai ci curerà come lui. Era una coppa di miele. Nella sua mano c'era la perfezione di Allàh. Aveva la testa piena di paradiso. Dopo Allàh, c'era Srugi.»


Un mare di carità da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 03 novembre 2008

 

Carta d’identità:

NOME: Simone Srugi

NATO: Nazaret, 1877

PROFESSIONE: Salesiano coadiutore

RESIDENZA: Nazaret fino ai 12 anni, quindi Betlemme (orfanatrofio) e da qui Beit Gemàl.

 

Un salesiano coadiutore contemporaneo di don Bosco e residente in Terra Santa...!?

 

Già, Simone Srugi, orfano, viene affidato dalla zia all’opera fondata a Nazaret da Don Belloni, che, giunto in terra santa come docente di teologia, sente nascere il desiderio di dedicarsi ai giovani poveri e agli orfani. Durante la permanenza nell’orfanatrofio, Simone fa una profonda esperienza d’amore paterno e gratuità; la paternità con cui don Belloni si dedica a lui e agli altri ragazzi, fa maturare nel giovane Srugi il desiderio di amare a sua volta, mettendosi per primo completamente a servizio degli altri. Proprio nell’anno in cui Simone sceglie di rimanere con don Belloni, arriva a Nazaret un gruppo di salesiani, che dopo la morte di don Bosco danno compimento al desiderio di don Belloni di entrare con le sue opere nella famiglia salesiana: “Ora no, dopo sì” era stata la risposta di don Bosco… quel sì stava diventando realtà e trovava un’eco entusiasta nel giovane Srugi!

 

Operosità instancabile “con cuore di una mamma”, da dove tanta forza e tanta dolcezza?

 

“Mi sono dato, mi sono consacrato, mi sono venduto tutto al mio Dio. Perciò non devo essere né di me stesso, né del mondo.”

Queste parole programmatiche di Simone Srugi ci aiutano a capire la sua operosità instancabile. Quest’uomo dall’aspetto descritto come gracile e debole, non solo si svegliava per primo e scandiva le preghiere, guidando con cura la meditazione, ma per tutta la giornata si destreggiava tra gli impegni coi ragazzi in cortile e a scuola, il lavoro del mulino e del forno, la bottega per i contadini più poveri e l’infermeria, che nel primo dopoguerra diventa un dispensario che Srugi gestisce con immenso spirito di carità, attirando malati da tutta la regione.

A tutto questo lavoro, Simone si dedica silenziosamente, e senza dare nell’occhio diviene l’anima di quest’articolata opera salesiana, portata avanti in una terra dalla ricchissima tradizione biblica ma fortemente islamizzata.

 

Il sorriso, la serenità e la misericordia, nonostante la guerra, l’ingiustizia e le violenze, come è possibile?

 

Durante la prima guerra mondiale, i religiosi italiani vengono fatti allontanare dalla terra santa. Per Simone ha inizio un calvario, non solo per il moltiplicarsi di impegni e responsabilità, ma soprattutto per il susseguirsi di soprusi e vessazioni da parte dell’esercito. Ma nonostante le ingiustizie subite, Srugi si mostra sereno, sorridente e fiducioso in Dio. Così mitiga l’indignazione di un confratello durante la deportazione durata alcuni giorni in un campo di concentramento: “Vedi, san Paolo fu messo in prigione, fu abbattuto e maltrattato e soffrì per il signore. Anche noi dobbiamo tutto soffrire e sopportare con pazienza, per amore del nostro Signore Gesù Cristo che morì sulla croce”

Anche più tardi, dopo la fine della guerra, quando sono i disordini interni a piagare la terra santa, Srugi si fa promotore della concordia tra i confratelli e compie gesti di misericordia e compassione: accetta di assistere miliziani feriti, gli stessi che hanno picchiato e ucciso il suo direttore, aiutandoli a sottrarsi alla polizia perché, dice, parlando del capo dei ribelli: “Se lui ha fatto del male se la veda con Dio. Noi dobbiamo fare sempre il bene.”

 

 

Come amministrare un mulino e al contempo educare giovani?

 

Terminata la prima guerra mondiale, Simone si vede affidata la gestione del mulino dove arriva il grano dei contadini di più di cinquanta villaggi circostanti. Il mulino è luogo d’incontro, di commercio, spesso teatro di liti che talvolta si spingono alla violenza. Presto Srugi diviene familiare alla gente: “Al mulino è un padre per tutti”, lavorando silenzioso ed instancabile, contrattando giustamente ed offrendo il suo equo arbitrio nelle controversie. Al mulino s’instaura un clima familiare, Simone si fa servo dei suoi fratelli musulmani che rispetta e ama sinceramente.

“Metterò tutta la diligenza nel non commettere delle colpe leggere, specialmente delle impazienze e dei risentimenti”. “Soffrire tutto e in silenzio sopportare tutto”.

La dedizione che Srugi riserva ai giovani è altrettanto totale, fatta di attenzioni e tenerezza, di amore paterno e desiderio autentico che essi si sentano amati: “Sono piccoli, sono orfani. Noi dobbiamo occupare il posto dei loro genitori. Dobbiamo aiutarli e correggerli quando sbagliano, ma senza irritarli, perché non venga loro la nostalgia dei parenti e il pensiero di fuggire. Dobbiamo educarli senza usare il bastone, né le mani, né i piedi e neppure la lingua piccante…”.

 

 

Può forse venire qualcosa di buono da Nazaret?

 

A questa provocazione scherzosa Simone era solito rispondere che lui non era nulla e che solo l’abbandono in Dio poteva fare di lui e della sua vita qualcosa di buono.

E totale è stato quest’affidamento, tanto che don Rua, in visita in Terra Santa, raccomanda i confratelli di Simone di annotare tutti i suoi atti, perché questa magnifica testimonianza di umiltà e carità poteva essere solo di un santo!

Simone ha seguito la strada della santità nel totale nascondimento, fedele nelle attività di tutti i giorni e completamente abbandonato in Dio. Nel suo quaderno leggiamo: “Le opere del religioso, per piccole e semplici che siano, sono preziose e accette a Dio quando sono fatte per piacere a lui!” “Amare Dio vuol dire non dargli il minimo dispiacere né con i pensieri, né con le parole, né con i fatti, ma amare molto questo mio Dio che mi ha amato tanto.”

“Svuotare sé stesso di ogni pensiero, di ogni desiderio, di ogni notizia del mondo, per essere unicamente di Dio nel tempo e nell’eternità”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Per finire… DICONO DI  LUI:

 

                                                                                           

Un musulmano ha testimoniato: “Era un mare di carità. Soffriva quando ci vedeva soffrire, era contento quando ci vedeva contenti. Era un uomo fedele alla sua religione e rispettava la altre. Medicava la gente, e Allàh guidava la sua mano. Anche se venisse un medico più esperto di lui, nessuno mai ci curerà come lui. Era una coppa di miele. Nella sua mano c’era la perfezione di Allàh. Aveva la testa piena di paradiso. Dopo Allàh, c’era Srugi”.

 

“Vedere Simone e ricordarsi del Signore era la stessa cosa… Dio era anche in cortile… i ragazzi con lui si comportavano col rispetto che si deve al grande Onnipresente. La sua presenza era come l’ombra della presenza di Dio.”

 

Maddalena Marconato

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