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Sono i leader corrotti ad affamare l'Africa

Alla 'gente di buon senso' bisogna anche spiegare come mai si permette che le leadership di tanti paesi poveri si approprino delle ricchezze nazionali, le sprechino e le consumino, lasciando nella miseria i loro popoli...


Sono i leader corrotti ad affamare l'Africa

da Attualità

del 05 giugno 2008

Ieri, al momento dell’apertura a Roma del summit della FAO, non si erano ancora spente le polemiche suscitate dalle parole del presidente del Senegal, Abdoullaye Wade, che il 4 maggio scorso aveva definito l’agenzia dell’ONU per l’alimentazione e l’agricoltura “un pozzo senza fondo che inghiotte soldi per operazioni inefficaci” chiedendone la soppressione.

 

È da molti anni che la FAO, con i suoi dispendiosi vertici e gli scarsi successi registrati, attira critiche da più parti, specie quando diventa il palcoscenico di leader come Fidel Castro, Hugo Chavez e Robert Mugabe, protagonisti di memorabili e applauditissimi attacchi all’Occidente. Il vertice del 1996, presieduto dall’allora presidente del consiglio italiano Romano Prodi, decise addirittura di eleggere tra i propri vice-presidenti onorari Omar el Bashir, il presidente del Sudan che per attuare la sua politica di arabizzazione sacrifica da vent’anni milioni di vite umane innocenti.

 

Se non altro si può dire che ora alla FAO qualcosa è cambiato. I partecipanti all’evento in corso hanno accolto freddamente gli attacchi all’Occidente del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e di quello dello Zimbabwe, Mugabe, la cui decisione di intervenire al vertice, mentre il suo popolo patisce la fame per colpa sua, è stata definita “oscena” dal rappresentante della Gran Bretagna e “cinica” da quello dell’Australia, senza che nessuno si pronunciasse in sua difesa.

 

Forse non c’era bisogno di una conferenza mondiale per proporre i rimedi alla fame decisi in questi giorni a Roma, in particolare per l’emergenza determinata dall’aumento dei prezzi dei generi alimentari di base. Soprattutto, il summit, come d’altra parte era prevedibile, ha mancato di discutere le cause prime della povertà, concentrandosi sulla richiesta ai paesi ricchi di fornire ulteriori, ingentissimi fondi da destinare all’assistenza e allo sviluppo dei paesi più a rischio, ma ha omesso di impegnare i governi di questi paesi a farne buon uso, come se fosse scontato che lo faranno. Tanto meno si è preoccupato di chiedere a quei governi di spiegare come hanno utilizzato finora i capitali ormai astronomici che da decenni vengono stanziati per combattere la povertà.

 

“Come possiamo spiegare alla gente di buon senso che non è stato possibile trovare 30 miliardi di dollari all’anno per riuscire a nutrire gli 862 milioni di affamati?” si è chiesto il direttore della FAO, Jacques Diouf. E durante il summit non si è mancato di ricordare quanto Europa e Stati Uniti spendano in armamenti, invece di destinare più fondi alla lotta alla povertà. Ma alla “gente di buon senso” bisogna anche spiegare come mai si permette che le leadership di tanti paesi poveri si approprino delle ricchezze nazionali, le sprechino e le consumino, lasciando nella miseria i loro popoli. Dati pubblicati nel 2007 dalle Nazioni Unite hanno rivelato, ad esempio, che negli ultimi 30 anni i leader politici africani hanno trasferito in altri continenti 400 miliardi di dollari, tutti sottratti alle casse dei rispettivi stati.

 

La maggior parte dei paesi in difficoltà a causa dell’aumento del prezzo dei prodotti alimentari sono proprio africani. Tra quelli più a rischio figurano Kenya, Eritrea e Niger. Il Kenya ha pensato bene di risolvere la crisi politica scoppiata all’indomani delle elezioni dello scorso dicembre raddoppiando i ministeri del nuovo governo per far spazio al maggiore partito dell’opposizione e quindi moltiplicando gli oneri economici che la popolazione kenyana deve sostenere per mantenere l’apparato statale. L’Eritrea, ritenuta una delle peggiori dittature del mondo, sollecita investimenti per superare l’agricoltura di sussistenza, ma impone ai suoi giovani una leva quasi permanente, lasciando gravare il peso produttivo su donne e bambini. Infine, il Niger, ultimo classificato nell’Indice dello sviluppo umano 2007-2008, ha appena varato una legge che aumenta stipendi, indennità e privilegi, nonostante lo stato d’allerta causato dalla ribellione tuareg nel nord e la cronica mancanza di fondi per i servizi sociali di base.

 

Anna Bono

http://www.loccidentale.it

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