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“Processo a Darwin” da Giovani per i Giovani

Dibattiti, mostre libri e conferenze in occasione degli anniversari darwiniani, mentre la fede sembra perdere diritto di replica. Alcune considerazioni per rendere ragione della speranza di ogni credente.


“Processo a Darwin” da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 10 febbraio 2009

Manca poco al bicentenario della nascita di Darwin (2009), e già discepoli e devoti di tutto il mondo si preparano a celebrare una teoria evolutiva che pare godere ottima salute, nonostante quella che gli addetti del settore chiamano “la fastidiosa interferenza del mondo religioso”.

Mai come negli ultimi anni la questione appare accesa ed animata da dibattiti, come quello tra il paleontologo americano Stephen Jay Gould e l’etologo britannico Richard Dowkins. Numerose iniziative hanno contribuito a tener desta l’attenzione dell’opinione pubblica non ultima la mostra interattiva “La scimmia nuda”. L’evento, realizzato dall’equipe scientifica del Museo Trentino di Scienze Naturali, si è concluso nel gennaio scorso, e, con tanto di omaggio esplicito alle teorie darwiniste, ha animato le polemiche contro i “non allineati” alle posizioni darwiniane. Su carta stampata e tv, tanto a livello locale che nazionale, si è fatto un gran parlare delle posizioni degli specialisti trentini, spesso critici nei confronti della visione cristiana dell’uomo.

Non crediamo di animare lo spirito di polemica se ci permettiamo di rispolverare una querelle che, almeno sulla stampa, pareva pacificata. Di fatto il 2009 sarà anche l’anno del 150 anniversario della pubblicazione de L’origine delle specie… Un duplice anniversario dunque, che ci spinge a preparare il terreno per rendere ragione della nostra speranza (1 Lettera di Pietro 3,15) contro l’insolenza laicista di certi evoluzionismi smaccatamente atei e materialisti.

Di fatto crediamo che non occorra essere dei convinti creazionisti, né operare una lettura fondamentalista del testo biblico per mettere in dubbio o addirittura negare la teoria darwiniana dell'evoluzione della vita sulla Terra. Né tantomeno è necessario essere atei e materialisti per riconoscere che tutti i viventi - uomo compreso - sono soggetti a trasformazioni, ovvero a uno sviluppo, ad un cambiamento. Eppure oggi nel dibattito tra evoluzionisti e creazionisti le ragioni delle due parti in conflitto si perdono all'interno di un confronto che, troppo spesso, assume i caratteri di una sterile disputa ideologica, viziata dall'assunzione di premesse ritenute indiscutibili e inconciliabili.

La 'selezione naturale', così come appare enunciata classicamente, è infatti tutto fuorché un principio evidente, palese, concordemente accettato, granitico.

La logica darwiniana si regge infatti tutta sull'idea che la vita si evolva dagli esseri più semplici a quelli più complessi per selezione naturale, sinonimo di 'naturalismo casuale'. E il ragionamento prosegue così: se non c'è selezione naturale, non c'è evoluzione; quindi, siccome la vita si evolve, la selezione naturale c'è. A ben considerare, insomma, la 'selezione naturale', mai osservata empiricamente, è, oltre che il perno del darwinismo, pure il suo tallone d'Achille.

Di quanto possa essere imbarazzante questa sorta di circolo vizioso concettuale si rendono conto per primi gli stessi darwinisti, una parte dei quali cerca da tempo di liberarsene con eleganza e senza dare troppo nell'occhio, soprattutto perché senza di esso è piuttosto difficile continuare a dirsi - a rigor di logica, cioè al di là dei proclami di fede - darwinisti. Fa testo il confronto, tutto interno al darwinismo e senza esclusione di colpi, svoltosi negli anni tra Richard Dawkins - detto il 'rottweiler di Darwin' - e Stephen Jay Gould (1941-2002). Il primo, passato agli onori della cronaca anche come l’ateo più famoso del mondo, sostiene, a sentire il suo avversario, delle irragionevoli posizioni antireligiose estendendo indebitamente il piano della scienza a quello della fede.

Il vero bandolo della matassa evoluzionistica sta tutto qui. Se già è assurdo che l’evoluzione - che è ancora e rimane poco più che un’ipotesi - venga spacciata per un fatto acclarato, risulta pure irritante che i suoi adepti estendano conclusioni pertinenti al campo scientifico (caratterizzato dalle sensate esperienze e dalla matematiche dimostrazioni di galileiana memoria) a settori del sapere e della vita dell’uomo irriducibili alla sola razionalità scientifica.

Per fare chiarezza sulla questione occorre riesaminare le posizioni in gioco, a partire dalla recente messa in discussione teoria darwiniana. Noi ci allineiamo con chi la considera come una fra le tante ipotesi circa l'origine e lo sviluppo della vita. E neppure la pi√π attendibile; come dimostrano le incongruenze interne, i falsi della paleontologia moderna, le prove che i discepoli elaborarono ad hoc per comprovare le supposizioni del maestro.

Insomma, la discussione che molti manuali scolastici e testi divulgativi considerano chiusa, è tutt’ora apertissima.

Ci permettiamo, oltre che lanciare strali, di suggerire alcune letture informate e, speriamo, piacevoli che possano fornire un aiuto per la chiarificazione di un settore su cui troppo spesso si “viaggia” per luoghi comuni, ecco dunque un libro divulgativo ma assolutamente onesto ed informato: Marco Respinti, Processo a Darwin, Piemme, Casale Monferrato 2007; e uno più serio e di caratura tutta scientifica: S. O. Horn – S. Wiedenhofer (a cura di), Creazione ed Evoluzione. Un convegno con Papa Benedetto XVI a Castel Gandolfo, EDB, Bologna 2007.

Di seguito riportiamo un breve intervento del professor Fiorenzo Facchini antropologo dell’Università di Bologna che chiarisce in maniera magistrale alcune istanze epistemologiche circa evoluzione, evoluzionismo e religione.

 

Lorenzo Teston

lorenzo.teston@gmail.com

 

 

 

 

Evoluzione, Creazione, Disegno

 

Alcune chiarificazioni in materia di evoluzione, evoluzionismo e dialogo con la fede e la teologia[1]

 

di Fiorenzo Facchini

(Docente di Antropologia all’Università di Bologna)

 

Nell'attuale dibattito sull'evoluzione emergono spesso in campo scientifico posizioni di tipo riduzionista, tendenti a escludere la dimensione trascendente e la causalità divina nella natura, ma in ambito religioso si riscontrano spesso posizioni di chiusura o di rifiuto, in nome della religione o della Bibbia, di quanto può emergere dal mondo della scienza. Ci troviamo di fronte a fondamentalismi di segno opposto, talvolta con accenti viscerali, che non giovano né alla vera scienza né alla fede.

In campo scientifico gli equivoci possono venire:

-             dalla pretesa di escludere in base ad argomentazioni scientifiche una intenzionalità superiore di ordine trascendente;

-             dalla presunzione di potere adeguatamente spiegare cause e meccanismi dell'evoluzione biologica sulla base del neodarwinismo, considerato dogmaticamente come unico meccanismo evolutivo;

-             dall'assolutizzazione della visione naturalistica per spiegare il significato e le cause ultime della realtà, come se essa si sia autoformata e autorganizzata per eventi segnati dalla casualità.

In campo religioso gli equivoci possono venire:

-             dal timore che l'evoluzione e le sue teorie scientifiche possano oscurare o minacciare le certezze della fede;

-             dall'idea di motivare l'intervento di Dio creatore muovendo dalle carenze che la teoria evolutiva oggi presenta, ma che possono essere colmate perché rientrano nella sfera della scienza;

-             dal rifiuto di teorie evolutive (in specifico il darwinismo) per il fatto che da alcuni studiosi vengono estese indebitamente a una visione totalizzante della natura.

In entrambi i casi non si tiene conto della distinzione di piani e di metodologie con cui debbono essere affrontati i problemi e quindi delle esigenze di ordine epistemologico richiamate anche in questa sede. Il dibattito su questi temi dovrebbe svilupparsi a partire dall'osservazione della natura per allargarsi poi ad altre dimensioni, come quella trascendente, su un versante propriamente filosofico e religioso. Le maggiori discussioni nell'attuale momento si sviluppano su due punti: l'armonia e il finalismo globale della natura e la comparsa dell'uomo.

Al finalismo può riallacciarsi la teoria del disegno intelligente, la nuova veste del creazionismo scientifico, di matrice americana, che introduce nel processo evolutivo fattori esterni al processo stesso per spiegare scientificamente la formazione di strutture complesse e un disegno generale nell'evoluzione. Un'operazione che fa confusione fra piano scientifico e piano religioso. Certamente l'idea di disegno per l'universo e la vita sulla terra appartiene alla dottrina cattolica. Ma può essere dimostrato con le metodologie delle scienze empiriche? Non mi sembra. In ogni caso come si è realizzato?

A partire dalle osservazioni della natura si può argomentare per un finalismo generale, ma ci si porta su un piano propriamente filosofico. La fine sintonia delle forze che regolano i fenomeni della natura ai vari livelli (infratomico, molecolare, cellulare), oltre che fra i corpi celesti, rivela una razionalità, insita nella natura (come ha rilevato anche Benedetto XVI), che non può essere frutto di eventi puramente casuali e induce a pensare a una mente ordinatrice e creatrice. È un ragionamento legittimo. Il modo con cui questa razionalità si è attuata e fa funzionare il sistema può essere indagato dalle scienze della natura, senza che si debba pensare a interventi esterni ricorrenti.

La materia rivela capacità di cambiare, di organizzarsi, di farsi via via più complessa in condizioni ambientali idonee anch'esse soggette al cambiamento. È una razionalità di tipo dinamico. Essa non implica la perfezione delle cose, che restano deteriorabili, non esclude anomalie, fattori perturbanti, eventi casuali. In questo quadro può inserirsi il modello darwiniano per l'evoluzione delle specie che sostiene l'insorgenza casuale delle variazioni della specie sulle quali opera la selezione naturale. Vari autori ritengono che questo non sia l'unico meccanismo dell'evoluzione o che vada integrato alla luce degli studi sul menoma e della genetica dello sviluppo che identifica geni regolatori degli stessi piani organizzativi in linee diverse, per cui anche lo sviluppo viene ad avere dei vincoli e non è lasciato alla pura casualità. Alcuni parlano di una casualità orientata o canalizzata. Altri danno molta importanza ai fattori epigenetici, tra cui quelli ambientali. In ogni caso il neodarwinismo non sarebbe applicabile alla fase prebiotica e all'evoluzione stellare. In base alle considerazioni sviluppate non solo non si può escludere, ma può essere postulata un'intenzionalità superiore che ha voluto l'universo con le sue proprietà e leggi e con la capacità di organizzarsi ed evolvere con qualche significato.

La rivelazione conferma e dà piena luce a questa conclusione e conferisce un senso nuovo alla razionalità dell'universo, al suo sviluppo, specialmente nell'ordine dei fini. Infatti la parola di Dio proclama Dio creatore di tutta la realtà secondo un progetto che si sviluppa nel tempo e che potrebbe avere seguito modalità e leggi specifiche della realtà creata. Il Catechismo della Chiesa cattolica osserva che la creazione non è uscita dalle mani del creatore interamente compiuta e parla di «un divenire proprio delle realtà create».[2]

L'intenzionalità divina non va vista solo agli inizi, ma si estende nel tempo attraverso le realtà create che mantengono la loro dipendenza da Dio creatore. Il progetto, proprio perché non è da intendersi come un programma pensato ed elaborato a monte in tutte le sue parti, si attua nel tempo con il concorso delle realtà create (o cause seconde) in forza delle loro capacità di cambiare ed evolvere, includendo anche eventi casuali, presenti peraltro nella mente di Dio a cui è estranea la dimensione del tempo.

Dio non va visto come un meticoloso programmatore, né come spettatore di un mondo a cui ha dato la spinta iniziale, salvo intervenire di tanto in tanto per aggiustare il sistema. L'intenzionalità divina nella luce della fede include quell'evento trascendente l'evoluzione biologica che è l'uomo. Esso sboccia su uno stelo della ramificazione della vita in cui la vita si fa cosciente. Nell'autocoscienza dell'uomo è tutta la creazione che si fa cosciente.

Sul piano fenomenologico ci troviamo di fronte a una discontinuità nell'evoluzione della vita, segnata dal comportamento culturale. Dobzhansky e Ayala vedono nell'uomo un trascendimento evolutivo. Giovanni Paolo II, allargando la riflessione al piano filosofico, parla di «salto ontologico»[3] e lo riconosce nello spirito dell'uomo. L'anima non può venire dalle potenzialità della materia, ma richiede un concorso particolare di Dio creatore, di cui l'uomo rappresenta un riflesso speciale portandone l'immagine. L'espressione «salto ontologico» usata da Giovanni Paolo provoca qualche sorrisino nei laicisti, ma è pienamente giustificata se non ci si vuole rinchiudere nelle conoscenze empiriche, ma in questo modo ci si autolimiterebbe nelle possibilità della conoscenza. L'uomo compare nel grembo della natura, nella materia che si fa pensante (Teilhard de Chardin, Coppens).

L'uomo pensa, sa di pensare ed è libero. È una novità assoluta, non comparabile con le altre specie. L'uomo è l'unico essere vivente in grado di influire consapevolmente sulla sua stessa evoluzione e di gestire l'ambiente di cui fa parte. Non è necessario essere atei per ammettere l'evoluzione. Anzi, la prospettiva in cui si pone il credente è molto più ricca e suggestiva di quella del non credente. Il riferimento alla sfera trascendente la natura e alla dimensione trascendente dell'uomo lascia spazio alle potenzialità della natura, ne rafforza il significato e mette in evidenza ciò che è proprio dell'uomo, anche nelle sue responsabilità. In questo modo l'uomo viene sottratto al puro gioco delle forze naturali e all'arbitrio dell'uomo sull'uomo.

[1] Tratto da: CEI - Servizio Nazionale per il Progetto Culturale, La ragione, le scienze e il futuro delle civilta. Ottavo forum del Progetto Culturale, EDB, Bologna 2008, 143-146.

 

[2] CCC 310.

[3] Giovanni Paolo II, Messaggio ai partecipanti alla plenaria della Pontificia accademia delle scienze, 22 ottobre 1996, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIX/2, LEV, Roma 1998, 6,574.

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