News 3

Preoccupati di annunciare il Vangelo sussidio di animazione missionaria ultima...

Il termine greco, che generalmente traduciamo con testimonianza, in realtà possiede un primo e più immediato significato: martirio. Il martire è il testimone per eccellenza perché, offrendo la vita per la verità che proclama, la rende assolutamente credibile. Il sangue del martirio di Paolo e di tanti altri rende fecondo l'incontro della Parola con la vita delle persone che l'ascoltano.


Preoccupati di annunciare il Vangelo sussidio di animazione missionaria ultima puntata: La testimonianza

da Teologo Borèl

del 20 ottobre 2008

Preghiera iniziale

 

Il breve momento di preghiera con cui inizia l’incontro si può articolare nel modo che più si ritiene opportuno, concludendolo con questa breve orazione:

 

Dio onnipotente ed eterno, che ci dai la gioia di portare a compimento i giorni della Pasqua, fa’ che tutta la nostra vita sia una testimonianza del Signore risorto.

Amen.

 

Cartina geografica

Il contesto geografico della vita di Paolo può essere un utile elemento per comprendere meglio significati e contenuti del suo messaggio.

 

 

 

1. CATECHESI INTRODUTTIVA

 

Paolo VI nel Discorso ai Membri del Consiglio dei Laici del 2 ottobre 1974, fece un’affermazione, citata anche nell’Evangelii nuntiandi, diventata poi celebre: “L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni”. Una verità non solo di oggi, ma di sempre. San Paolo è uno degli esempi più autorevoli tra coloro che, nella lunga storia della Chiesa, hanno dato l’intera vita per l’ideale evangelico: martiri e, quindi, testimoni credibili.

 

 

Testo biblico

Atti 28, 16-30

La permanenza a Roma

 

Da Milèto mandò a chiamare subito ad Efeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia e per tutto questo tempo: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei. Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case, scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù. Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.            Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio. Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero, perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.

 

 

·        Contesto

 

Tornato a Gerusalemme, Paolo riceve inizialmente un’accoglienza benevola. Presto, però, la sua apertura verso i pagani nella culla dell’ortodossia ebraica lo espone a nuove persecuzioni. La difesa attraverso la professione di fede nel discorso di Gerusalemme, non è sufficiente a placare la folla che, istigata dai sommi sacerdoti, vuole ucciderlo. Il tribuno romano non cede alle pressioni dei religiosi e, prima che la congiura giunga a compimento, invia l’apostolo dal governatore Felice residente a Cesarea, dove trascorre circa due anni in uno stato di semi-prigionia. Sarà ascoltato periodicamente dal governatore e dal suo successore Porcio Festo. Quindi, anche dal re Erode Agrippa. Nessuno di loro comprende il suo annuncio evangelico, ma non trovando in lui alcuna colpa sarebbero stati pronti a liberarlo, se Paolo non si fosse precedentemente appellato al tribunale di Roma, come era suo diritto di cittadino romano. Intraprende, così, da imputato, il viaggio verso la capitale dell’impero, proseguendo il suo apostolato, ormai definitivamente orientato verso il mondo pagano.

Durante il viaggio, la nave è colpita da un naufragio presso l’isola di Malta. Grazie alla sua presenza, tutte le persone a bordo sono tratte in salvo. Procede verso nord, sostando brevemente a Siracusa, Reggio e Pozzuoli prima di arrivare a Roma. Lì trascorre due anni in custodia, in attesa di un processo che non si svolgerà mai, per il mancato arrivo dei suoi accusatori da Gerusalemme. A Roma, Paolo avrà però l’occasione di proseguire l’evangelizzazione a contatto con una comunità religiosa romana già radicata e di scrivere lettere alle comunità oltremare – di cui alcune conservate nel Nuovo Testamento.

Il racconto degli Atti degli Apostoli si arresta a questo punto. E’ pressoché certo, però, che nel 67, a distanza di quattro anni, Paolo avrebbe subito il martirio a Roma per decapitazione, non prima di aver ripreso i suoi viaggi di evangelizzazione presso i pagani. 

 

·        Considerazioni

 

-          Il principale motivo di discordia suscitato dalla predicazione di Paolo, che lo ha progressivamente condotto alla decapitazione, fu l’apertura del messaggio di Cristo al mondo. Qualsiasi novità inizialmente crea sempre disagio. Nonostante siano trascorsi duemila anni, purtroppo ancora oggi c’è chi ritiene questa apertura pericolosa per lo spirito di unità, segno distintivo della comunità cristiana, in quanto opererebbe divisioni con i fratelli, tra “giudei” e “pagani”. Da un lato, si dice, i fedeli corrono il rischio di disprezzare ed emarginare chi non segue l’insegnamento di Gesù, senza comprendere le ragioni di un disagio interiore. Dall’altro, in una società che non ha rispetto per i suoi valori e la sua religiosità, il cristiano si sente spesso isolato e può subire la tentazione di chiudersi all’interno della sua comunità. È Paolo, l’apostolo delle genti, che ci insegna a superare simili visioni particolari: guardiamo al prossimo come a un fratello.

 

-          Luca sa del martirio di san Paolo, ma non lo inserisce negli Atti degli Apostoli. Il racconto della sua vita si interrompe infatti al momento della prigionia a Roma, con una nota positiva sui frutti della predicazione nella capitale dell’impero. L’intento di Luca non è quello di offrirci un resoconto storico, ma di presentare la diffusione della fede nelle prime comunità cristiane, dalla morte di Gesù fino all’annuncio del Vangelo “ad gentes”, per tutti i popoli. Quando Paolo, nato giudeo e cresciuto come fariseo raggiunge Roma, la “capitale del mondo”, simbolo dell’universalità (di qui la definizione di “Chiesa cattolica”, che significa appunto “universale”) la sua opera evangelizzatrice è portata a compimento.

 

-          L’esperienza cristiana di Paolo si conclude con la decapitazione. In realtà, Roma non è stato altro che l’atto conclusivo di un lungo e quotidiano martirio che ha avuto origine a Damasco. L’apertura totale, la disponibilità ad accogliere il messaggio di Cristo senza riserve, con tutta la propria vita, segna la storia della Chiesa: le testimonianze dei credenti formano una tradizione e sono il veicolo che tramanda la fede nei secoli.

 

-          Il racconto della missione alla comunità di appartenenza è un altro importante aspetto della testimonianza cristiana. Solo da Roma non fu possibile, in quanto tappa “senza ritorno”. Al rientro dai suoi viaggi apostolici, Paolo era solito riunire la comunità da cui era partito per riferire “tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo suo e dei suoi collaboratori e come aveva aperto ai pagani la porta della fede.”

 

 

2. SPUNTI PER LA CONDIVISIONE

 

Dalla Parola ascoltata e dalle considerazioni a margine, è bene proporre alcune provocazioni per la discussione e il confronto di gruppo:

 

·        Cosa significa annunciare il Vangelo ai”pagani” nella nostra epoca?

·        Oggi, testimoniare il Vangelo ai “pagani”, può diventare motivo di divisione all’interno delle comunità tradizionali, come all’epoca di Paolo?

·        Fino a che punto arriva la nostra disponibilità al martirio per il Vangelo?

·        Esistono altre forme di martirio, oltre al sacrificio estremo della vita? Rispetto ai secoli precedenti, ve ne sono di nuove?

·        È più difficile la testimonianza cristiana qui o nei cosiddetti Paesi di Missione?

·        Può la nostra testimonianza evangelica contribuire all’annuncio ad gentes? Eventualmente, in che modo?

·        C’è sufficiente condivisione delle testimonianze dei missionari con le comunità di origine, come san Paolo al rientro dai suoi viaggi apostolici? Quali modalità e strumenti suggerite?

·        Quali sono i limiti della testimonianza dei cristiani di oggi? E gli aspetti positivi?

 

 

3. IMPEGNO DI GRUPPO

 

Per affrontare con maggiore serenità le diverse forme di martirio a cui oggi si è sottoposti e per dare un segnale di apertura al “mondo pagano” del Duemila, potrebbe essere utile:

 

·        confrontare il profilo di martiri dell’antica storia della Chiesa attraverso il racconto del loro martirio, con la figura di missionari che hanno dato la vita per il Vangelo in epoca più recente e di cui è più facile avere notizie e materiale;

 

·        proporre alla comunità cristiana iniziative finalizzate ad una maggiore integrazione degli stranieri presenti nel territorio in cui viviamo, a supporto di eventuali percorsi già intrapresi da Caritas parrocchiale.

 

 

Preghiera conclusiva

 

Formati alla scuola della Parola, dopo aver condiviso opinioni ed esperienze, affidiamo i frutti dello spirito di questo incontro alla preghiera che si può concludere con questa orazione rielaborata da un testo di san Paolo:

 

Fa’ che conserviamo, o Dio, gli stessi sentimenti

che furono in Ges√π Cristo:

Lui, pur essendo di natura divina,

non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio,

ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo

e divenendo simile agli uomini.

Apparso in forma umana, si umiliò

facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce.

Per questo Tu lo hai esaltato,

perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi

nei cieli e sulla terra,

e perché noi proclamiamo che Cristo è il Signore,

a gloria di Dio Padre.

Amen.

 

( cfr. Fil 2, 5-11 )

 

 

Pontificia Opera Propaganda della Fede

Versione app: 3.13.5.5 (0d94227)