Nel sistema educativo di don Bosco riveste particolare importanza la predicazione, sia quella legata al contesto liturgico (l’omelia) o catechistico (le istruzioni della domenica pomeriggio), sia quella informale e familiare, come i discorsetti ai giovani prima del riposo serale (le “buone notti”). I testi qui riportati sono trascrizioni da appunti presi sul momento delle parole del santo educatore. Non riferiscono alla lettera tutte le singole parole di don Bosco, ma certamente contengono la sostanza del discorso. Il materiale conservato in archivio è vastissimo: noi abbiamo scelto alcuni discorsi che offrono un’idea dei temi preferiti da don Bosco e del suo modo di esprimersi. Le Memorie biografiche valorizzano ampiamente questi materiali, correggendo la lingua e integrando, quando esistono, le varie versioni. Qui riportiamo il testo così come si trova negli appunti dei testimoni.
Domenica 17 ottobre 1858
Il mese di ottobre viene dalla Chiesa consacrato in gran parte a Maria santissima. La prima domenica di questo mese è consacrata alla Madonna del rosario in memoria delle innumerevoli grazie ottenute, degli stupendi prodigi per la sua intercessione operati, per stabilire una memoria sempre viva nel cuor dei fedeli di tanti favori che Maria santissima invocata con quel titolo compartì ai suoi devoti. La seconda domenica si celebra la maternità di Maria vergine per ricordare ai cristiani che Maria è nostra madre, che noi tutti siamo suoi cari figli. La terza domenica che è quest’oggi si celebra la sua purità, che è quella virtù che la rese tanto grande presso Dio, è quella virtù che la rese la più bella creatura che fosse mai uscita dalle mani del Signore.
Essendo che è già due domeniche che vi sentite narrare le glorie di Maria vergine, io questa sera invece di parlarvi di Maria santissima, parlarvi voglio di questa bella virtù, col dimostrarvi quanta stima ne fecero, non i gentili, che anch’essi onoravano con somma venerazione coloro che custodivano questa virtù, ma bensì vi voglio coi fatti dimostrare quale stima ne abbia fatta Iddio stesso. Oh quanto io mi stimerei felice se in questa sera io potessi insinuare nei teneri vostri [cuori] l’amor di questa angelica virtù! Statemi attenti, ed io incomincerò.
Che cosa è la virtù della purità? Dicono i teologi che per purità si intende un odio, un aborrimento a tutto ciò che è contro il sesto comandamento. Sicché qualunque persona, ciascuno nel suo stato, può conservare la virtù della purità. Questa purità è tanto grata a Dio, che se in ogni tempo punì severamente il vizio che le è contrario, premiò a costo dei più stupendi prodigi coloro che la conservarono. Già fin dai primi tempi del mondo, in cui gli uomini sebbene non si fossero ancora molto moltiplicati avevano già rotto la via al disordine, alla corruttela, come dice la Scrittura: omnis caro corruperat viam suam, Iddio premiò la purità. Enoch che tra tutti fu il solo [che] aveva conservato a Dio il suo cuore puro, fu creduto da Dio indegno di star tra quella sì viziosa gente, e mandò perciò due dei suoi angeli, i quali tolsero Enoch dal consorzio degli uomini, trasportandolo in un luogo, da dove venne poi introdotto nel cielo da Gesù Cristo dopo la sua morte.
Andiamo più avanti. Già in gran numero essendosi gli uomini moltiplicati sulla terra, scordandosi del loro Creatore, si erano dati ai piaceri carnali, si erano immersi nei vizi più vituperevoli, nel vizio della disonestà, dell’impurità. Sdegnato Iddio di tanta iniquità stabilì di schiantar la schiatta umana con un universal diluvio. Ma salva dall’universal sterminio Noè colla sua moglie e tre suoi figliuoli colle loro mogli. Ma perché tanta preferenza a costoro? Perché conservarono la bella ed inestimabilissima virtù della purità.
Veniamo più avanti. Vi erano dopo il diluvio gli abitanti di Sodoma e Gomorra dati ad ogni sorta di disonestà. Determinò Iddio di sterminarli non più con un diluvio di acqua, ma con un diluvio di fuoco. Ma prima che fece? Girò gli occhi su quelle infelicicittà e vide che Lot colla sua moglie avevano conservato la purità. Subito manda un angelo a dirgli che fugga, che Iddio voleva incenerir tutta quella gente. Appena usciti dalla città ecco che un mar di fuoco con fragori orribili di tuoni e lampi piomba su quelle misere città ed in un cogli abitanti tutti le profondò. Si salvarono Lot e sua moglie dall’incendio, ma sua moglie per un tratto di sua curiosità, non sfuggì lo sdegno di Dio, poiché avendo loro l’angelo proibito di voltarsi indietro quando avessero sentito il castigo di Dio a piombar su quei abitanti, la moglie di Lot all’udire tanti rumori che pareva che l’inferno tutto si fosse colà infuriato, non poté tenersi dal rivoltarsi indietro; ed ecco che nell’istante medesimo rimase una statua di pietra. Così se Iddio l’aveva dal comune eccidio salvata per la sua purità, volle nondimeno castigare la immodestia dei suoi occhi, per dimostrare a noi che dobbiamo tenere gli occhi modesti, non appagar ogni nostra curiosità, altrimenti ne resteremo vittima, non solo nel corpo come fu di Sara, ma anche dell’anima, essendo gli occhi due porte per cui entra quasi sempre il demonio.
Andiamo innanzi. Portatevi col pensiero in Egitto, e là vedrete un giovinetto, il quale per non aver voluto acconsentire ad una infame azione disonesta a cui l’impudica sua padrona lo voleva costringere, soffrì mille punizioni e persino la prigionia. Ma che?
Permetterà forse Iddio che perisca Giuseppe? No, aspettate e voi lo vedrete ad uscire di prigione ed in un istante salire sul trono d’Egitto; voi lo vedrete che egli solo coi suoi consigli salva dalla morte non solo l’Egitto, ma la Giudea, la Siria, la Mesopotamia e mille altre nazioni. Ma donde tanta gloria? voi mi chiamerete. Da Dio, il quale volle premiar l’eroico atto di Giuseppe di non aver dato ascolto alle lusinghe e volle [premiare] il suo amor verso la bella virtù della purità, volle premiar la sua costanza a conservar casto e puro il suo cuore a costo della persecuzione e della prigionia stessa. Io non la finirei più se volessi riportar tutti i fatti consimili e di una Giuditta, per la cui purità Iddio salvò Betulia da un esercito intero, di una casta Susanna esaltata fino ai cieli, e di un’Ester salvatrice di tutta la nazione Ebrea. Ma perché operò Iddio tanti prodigi a favor di costoro? Per la loro purità. Sì, la virtù della purità è tanto bella, tanto grata a Dio, il quale in tutti i tempi ed in tutte le circostanze non mai lasciò senza protezione coloro che la possedevano.
Andiamo pure avanti, ché questo non basta. Già era giunto il tanto desiderato tempo che nascer doveva il sospirato dalle genti, il Salvator del mondo. Ma chi era colei da cui nascere voleva il figliuolo di Dio, il Creator dell’universo? Gira i suoi occhi Iddio su tutte le figlie di Sion ed una ne trova che lo innamora. Ma chi è costei? È Maria santissima. Da costei nacque il Salvator del mondo, non per opera d’uomo, ma per opera dello Spirito Santo, volendo Iddio operare un prodigio non mai operato e che non mai più opererà. Ma perché tanti privilegi? Per compensare, per premiare la purità di Maria che fra tutte le creature fu la più pura, la più casta. Qual credete voi che fosse il motivo che il nostro divin Salvatore tanto aveva amore di stare coi fanciulli, di abbracciarli, se non perché questi non avevano ancora perduto la bella virtù della purità? Volevano gli apostoli cacciarli, perché loro riempivano di schiamazzi le orecchie, ma il divin Salvatore, riprendendoli, loro comandò che li lasciassero venire a lui, sinite pueros venire ad me; loro dicendo che non sarebbero rientrati nel regno dei cieli se non fossero diventati semplici, puri e casti come quei
fanciulletti. Risuscitò il divin Salvatore un fanciullo ed una fanciulla, ma perché?
Perché, interpretano i santi Padri, non avevano perduto la purità.
Perché Gesù Cristo dimostrò tanta predilezione verso S. Giovanni? Vuole andare sul monte Tabor per la sua trasfigurazione? vuole seco lui S. Giovanni. Vuole andare a pescare coi suoi Apostoli? ebbene, preferisce di montare sulla barca di S. Giovanni. Va all’orto del Getsemani, ma vuole seco lui Giovanni. Confitto in croce, a Giovanni si rivolge e gli dice: “Figlio ecco qui tua madre; donna ecco qui tuo figlio”. Ma come a Giovanni da Gesù viene affidata sua madre, la più grande creatura che sia uscita dalle mani di Dio, e che non mai più simile uscirà? Ma perché tanta preferenza? Perché, o cari giovani, Giovanni più di tutti gli altri apostoli aveva conservato la bella virtù della verginità, della purità. Permetteva a Giovanni di riposare il suo capo sul petto divino, perché? Perché Giovanni ha conservato, perché Giovanni possedeva la bella virtù della purità. Se Gesù amò tutti i suoi apostoli con amore particolare, Giovanni fu da lui amato più di tutti; sicché già gli altri credevano che Giovanni non avesse a morire, perché Gesù aveva detto a Pietro: e se volessi che costui vivesse sino a che io venga, a te che importa? Difatti S. Giovanni fu colui che più di tutti gli altri apostoli visse. Fu a lui che Gesù Cristo fece in spirito vedere la gloria che si godono in cielo coloro i quali hanno in questo mondo conservato la bella virtù della purità. Egli steso lasciò scritto nella sua Apocalisse che, essendo entrato nell’ultimo cielo, vide uno stuolo d’anime vestite di bianco, con un cingolo d’oro e portavano in mano una palma. Queste anime facevano di continuo corona all’Agnello divino e lo seguivano dovunque egli andava. Cantavano un inno così bello, così soave che egli, non potendo più reggere a tanta armonia, era rimasto fuori di sé e rivolto all’angelo che lo accompagnava gli disse: “Chi sono costoro che circondano l’Agnello e che cantano un inno sì bello che tutti gli altri beati non sanno cantare?”. Allora l’angelo gli disse: “Costoro sono quelle anime che hanno conservato la bella virtù della purità, isti sunt qui cum mulieribus non sunt
coniugati”.
O anime fortunate che non avete ancora perduto la bella virtù della purità, deh! raddoppiate i vostri sforzi per conservarla. Voi avete un tesoro così bello, così grande
che fino gli angeli ve lo invidiano. Voi siete, come dice il nostro stesso Redentore Gesù Cristo, voi siete simili agli angeli.
E voi che per vostra disgrazia l’avete già perduta, non perdetevi d’animo, fate ogni vostro possibile per ricuperarla. È vero, non sarete più vergini, non avrete più la bella sorte di essere di quello stuolo che in paradiso hanno un posto separato dagli altri, non potrete più andar [a] cantare quell’inno che solo i vergini possono cantare, ma non importa, un posto vi è ancora per voi in cielo così bello, così maestoso al cui confronto spariscono i troni dei più ricchi imperatori, dei più ricchi re che vi siano stati e che potranno esser su questa terra. Sarete nondimeno ancora circondati di tanta gloria che lingua né umana né angelica può spiegare. Potrete ancora godere quella bella compagnia di Gesù, di Maria, quella nostra buona madre che colà ansiosa ci aspetta, di tutti i santi, di tutti gli angeli che sempre sono pronti ad aiutarci purché ci stia a cuore di conservare la bella virtù della purità.
Martedì 14 marzo 1876
Ho visitato varie case della Liguria ed ho veduto che c’è molto da fare. Sì, c’è molto bene da fare, e se tutti voi che m’ascoltate già foste ordinati sacerdoti e veri operai evangelici, tutti avreste a fare del bene. […]
Venendo poi per la riviera del mare, ho potuto vedere questo tempestoso. Per circa cinque giorni fu tempesta in mare, ma specialmente in uno. Io avevo già udito parlare di ciò, ma giammai avevalo veduto, ma so dirvi che mi fece meraviglia. Venivano le onde alte come la nostra casa, e correndo l’una contro l’altra, battendo insieme producevano un rumore più cupo e forte di quello che possono fare quattro cannoni. Risultava quindi da questo cozzamento una bianca schiuma e tanto andava in alto che se si fosse trovato tra quell’onde che battevano insieme un bastimento, sarebbe stato gettato in aria e tanto alto che gli uomini che in esso fossero stati, avrebbero avuto tempo a morire per aria.
Però nessun bastimento vi era allora. Io mi trovavo circa trecento metri lungi dal mare e spesso ho dovuto ritirarmi per non essere bagnato. Io osservando questo spettacolo ho ammirato in ciò la potenza di Dio, il quale quando vuole fa che il mare sia pacato e tranquillo e che si possa correre su di esso. Ma con una parola sola poi lo mette tutto in moto per una grandissima estensione, tal che fa orrore il vederlo. Fossero allora andati i deputati ed i senatori a gridare al mare che stesse fermo, eh si vedrebbe quanto possono.
Osservando il mare io pensavo al peccatore il quale è continuamente in tempesta come allora il mare. Sempre la coscienza lo rimorde e mai ha pace e tranquillità. Ora fa un po’ di ricreazione, ora si ritira malinconico. I compagni l’invitano a divertirsi, ma egli crolla le spalle e non ha voglia di ciò fare, perché il cuore lo rimprovera dicendogli: “Tu non sei amico di Dio”. Va a pranzo e cerca allora di stare allegro, cercando di scacciare ogni pensiero che lo rimorde, ma intanto il cuore gli dice: “E se ora, mentre ti cibi, morissi, tu saresti escluso dal paradiso e ti sarebbe preparato l’inferno”. Va a letto la sera e cerca pure di allontanare da sé i funesti e giusti rimorsi della coscienza dicendo: “Ora voglio mettermi tranquillamente a dormire; almeno sarò libero da questi pensieri tormentosi”. Anzi, in quella sera non ha nemmeno recitate le orazioni, per reprimere vieppiù i rimorsi. Ma intanto invano si sforza poiché il cuor gli dice: “E se in questa notte dovessi morire, passeresti all’eternità in disgrazia di Dio”. Insomma egli non ha pace e tranquillità, ma sempre è in tempesta.
Questi pensieri mi passavano per la mente al rimirare il mare così tempestoso. Buona notte.
Domenica 19 marzo 1876
Un giorno il divin Salvatore, passeggiando per le campagne vicine alla città di Samaria, volgendo gli sguardi attorno e per le pianure e per le valli, vedendo che la messe in ogni luogo era molto copiosa invitò i suoi apostoli a ricreare anche essi la loro vista a quel ridente aspetto delle campagne, ma subito s’accorsero che malgrado della quantità della messe non vi era nessuno che ne raccogliesse le biade. Allora esso, certo alludendo a qualche cosa ben superiore, voltosi agli apostoli disse loro: Messis quidem multa operarii autem pauci, è bensì molta la messe da raccogliersi, ma vedete come sono pochi gli operai. Questo è il grido straziante che in ogni tempo fecero sentire la Chiesa ed i popoli: la messe è molta, ma pochi gli operai.
Il divin Salvatore, e voi lo capite a sufficienza, per campo o vigna che gli stava d’attorno intendeva di parlare della Chiesa e di tutti gli uomini del mondo; la messe da
farsi consiste nella salvezza delle anime, ché tutte le anime devono esser raccolte e portate nel granaio del Signore; oh quanto copiosa è questa messe; quanti milioni d’uomini sono su questa terra! quanto lavoro sarebbe ancora a farsi per ottenere che tutti si salvino; ma operarii autem pauci, gli operai son pochi. Per operai che lavorano nella vigna del Signore s’intendono tutti coloro che in qualche modo concorrono alla salvezza delle anime. E, notate bene, che operai qui non s’intendono solo, come alcuno può credere, i sacerdoti, predicatori e confessori, che certo più di proposito son posti a lavorare e più direttamente s’affaticano a raccoglier la messe, ma essi non son soli, né essi basterebbero.
Operai son tutti quelli che in qualche modo concorrono alla salvezza delle anime; come operai nel campo non son solo quelli che raccolgono il grano, ma anche tutti gli altri. Guardate in un campo, questa varietà di operai. Vi è chi ara, chi dissoda la terra; altri che colla zappa l’aggiusta; chi col rastrello o randello rompe le zolle e le appiana; altri getta la semente, altri la copre; chi toglie poi l’erba cattiva, la zizzania, il loglio, la veccia; chi sarchia, chi sradica, chi taglia; altri poi innaffia a tempo opportuno ed incalza; altri invece miete e fa manipoli e covoni e borle, e chi carica sul carro e chi conduce; chi stende, chi batte il grano; chi separa il grano dalla paglia; altri lo avaccia, lo purga, lo vaglia, lo mette nella sacca, lo porta al molino e qui da vari si rende in farina; poi chi lo buratta, chi l’impasta, chi l’inforna. Vedete miei cari, quanta varietà d’operai si richiede prima che la messe possa riuscire al suo scopo a ridarci cioè pane eletto del paradiso.
Come nel campo, così nella Chiesa, c’è bisogno d’ogni sorta d’operai, ma proprio di tutti i generi; non c’è uno il quale possa dire: “Io benché tenga condotta irreprensibile, sarò buono a niente nel lavorare a maggior gloria di Dio”. No, non si dica così da nessuno; tutti possono in qualche modo far qualche cosa. Gli operai son pochi. Oh se si potessero avere tanti sacerdoti da mandare in ogni regione della terra, in ogni città, paese, villaggio, campagna e convertir il mondo. Ma tanti sacerdoti è impossibile averli; bisogna dunque che vi siano anche altri; poi i sacerdoti come potrebbero esser liberi nel loro ministero se non avessero chi loro cuoce il pane e le vivande; se avesse[ro] da sé a farsi le scarpe e gli abiti? Il sacerdote ha necessità d’esser coadiuvato; e io credo di non dire errore se asserisco che quanti siete qui, e preti e studenti e artigiani e coadiutori, tutti, tutti potete essere veri operai evangelici e far del bene nella vigna del Signore. E come? In molti modi.
Tutti ad esempio potete pregare. Certo non c’è chi questo non possa. Oh vedete, tutti dunque potete fare la parte principale di cui parla il divin Salvatore in questo luogo; poiché, dopo d’aver detto che pochi sono gli operai, soggiunge: “Pregate adunque il padrone della messe che mandi gli operai nella messe sua”, Rogate ergo dominum messis ut mittat operarios in messem suam. La preghiera fa violenza al cuore di Dio; Dio è in certo qual modo obbligato a mandarli. Preghiamolo per i nostri paesi, preghiamolo per i paesi lontani; preghiamolo per i bisogni delle nostre famiglie e delle nostre città; e preghiamolo per coloro che sono ancora involti nelle tenebre dell’idolatria, della superstizione, dell’eresia. Oh tutti preghiamo di vero cuore, preghiamo molto il padrone della messe.
Una cosa che si può anche fare da tutti, ed è di massima utilità e un vero lavorare nella vigna del Signore, si è il dare buon esempio. Oh quanto del bene si può fare in
questo modo; buon esempio colle parole incoraggiando gli altri al bene, dando buoni avvisi, buoni consigli. Qui c’è uno che è in dubbio di sua vocazione; là c’è un altro che è in procinto di prendere una risoluzione che gli arrecherà poi danno sempre; ebbene costoro se sono consigliati, confortati nel bene, quanto non ne potranno avvantaggiare!
Molte volte basta una sola parola per far sì che uno stia o si metta sulla buona strada. S. Paolo diceva ai fedeli che cercassero di essere lucerna lucens et ardens. 108 Se proprio si vedesse in noi questa luce! Che tutti restassero edificati dalle nostre parole. Ma non basta: che ci fossero anche le opere. Ci fosse quella carità infiammata che ci fa tenere in non cale ogni cosa, purché possiamo far del bene ai nostri fratelli; se ci fosse proprio quella castità perfetta che fa riportar vittoria su tutti gli altri vizi; se ci fosse proprio quella mansuetudine che ci attira il cuore degli altri! Oh io credo che tutto il mondo resterebbe attirato nelle nostre reti.
Altra cosa che tutti possono fare si è la frequenza nelle cose di religione, nelle pratiche di pietà, nel prender parte a tutte le cose che possono promuovere la maggior
gloria di Dio e la salvezza delle anime. Il parlar bene della Chiesa, dei ministri della religione, del papa in special modo, delle disposizioni ecclesiastiche. Son queste cose che chiunque può fare dal più grande al più piccolo di voi; e tra noi qui in casa, il parlar bene dei superiori, della Congregazione, della casa, degli apprestamenti.
Ma non basta. Una cosa che tutti possono fare si è di aiutare ad estirpare le erbe cattive, la zizania, il loglio, la gramigna, la veccia ed ogni altra erba che non faccia che recar del male; voglio dire che quando c’è qualche scandalo non si tolleri; ma chi è nel caso di poterlo togliere lui, lo tolga, e adoperi ogni mezzo per farlo cessare; chi non può, non stia neghittoso, ma ne parli a chi di ragione e se non basta una volta, ne parli due e tre e più; ma che lo scandalo si tolga.
Tutti potete, sentendo qualcuno lamentarsi degli apprestamenti di tavola, correggerlo; vi sarà chi desidera d’uscire senza permesso o chi si lamenta perché non può uscire, tutti potete animarlo, incoraggiarlo, consigliarlo a pazienza. Una gran cosa poi si è estirpare la zizzania, cioè lo scandalo col parlare. Avviene molte volte che vi è qualche disordine in casa ed i superiori non lo sanno e perciò non possono porvi rimedio; è di assoluta necessità che voi ne parliate, li rendiate consapevoli del male; voi vi trovate a contatto con costoro mentre dai superiori stanno lontano.
Altro modo di estirpar zizzania si è la correzione fraterna. Avviene e mentre si è qui e mentre si è a casa dei genitori al proprio paese che nostri amici inavvertitamente in nostra presenza tengono discorsi non dicevoli ad un giovane cristiano; scrivono lettere servendosi di frasi non cristiane e d’espressioni che possono suscitare la nostra ira o cattivi pensieri. Ebbene? Si risponda a quel tale con bei modi: “Vedi, tu dici così e così; ma osserva che queste parole non stan bene in bocca a un cristiano. Io so che tu mi sei amico e scrivesti questo senza avvedertene; ma appunto perché amico io credo che tu non ti offenderai se io ti correggo in questo e quello”. Oppure: “Abbimi per scusato, ma io non posso accettare quelle proposte che tu mi fai le quali non son conformi alla vita che deve tenere un giovane cristiano”. Molte volte qualche correzione amichevole così fatta produce nel cuore dei compagni e fratelli l’effetto di più prediche, ed avviene che si mettano a servir Dio o per lo meno ad amare più la religione, solo perché trovano questa cortesia di modi in chi sanno che pratica la religione.
E pur troppo che varie volte avviene che coi genitori stessi bisogna usare questa carità di istruirli, correggerli, riprenderli. Si usi fortezza, si faccia anche questo; si faccia coraggiosamente, ma nel modo si usi proprio tutta quella carità, quell’amorevolezza, quella mansuetudine che avrebbe usato S. Francesco di Sales trovandosi nel nostro caso.
Tutti questi e mille altri sono modi che ciascuno, sia prete, sia chierico, sia laico di qualunque età o condizione, può usare nel lavorare nella vigna del Signore. Vedete
adunque che attorno alla messe evangelica tutti possono lavorare in molti e vari modi, solo che ciascuno sia zelante dell’onor di Dio e della salvezza delle anime.
Adesso qualcuno domanderà: “Ma, Signor D. Bosco, ed a che cosa vuol ella alludere con questo? Che cosa intende ella di dirci? Per qual motivo ci manifestò queste cose stasera?”. Oh, miei cari! quel grido “operarii autem pauci” non si faceva solo sentire nei tempi antichi, nei secoli scorsi; ma a noi, a noi in questi nostri tempi si fa sentire imperioso più che mai. Alla Congregazione salesiana cresce di giorno in giorno così smisuratamente la messe che quasi direi non si sa più da che parte cominciare o come nel lavoro regolarci. Egli è per questo che io vorrei vedervi tutti e presto buoni operai nella vigna del Signore! Le domande di collegi, di case, di missioni vengono in numero straordinario sia dai nostri paesi qui d’Italia, sia dalla Francia, sia dalle estere regioni.
Dall’Algeria, dall’Egitto, dalla Nigrizia in Africa, dall’Arabia, dall’India, dalla Cina e dal Giappone in Asia; dall’Australia, dalla repubblica Argentina, dal Paraguay, da Gibilterra e si può dire da tutta l’America si fanno domande di aprire nuove case poiché dappertutto vi è una scarsità tale di operai evangelici che spaventa chi osserva il tanto bene che si potrebbe fare e che si deve lasciar indietro per mancanza di missionari.
Dalla repubblica Argentina poi abbiamo notizie proprio strazianti da D. Cagliero. Là per lo più quando vanno a confessarsi non si domanda: da quanto tempo è che non vi siete più confessato, ma si dice: vi siete già confessato qualche volta? E non raro capita di avere uomini e donne sui trenta o quaranta anni che non si sono confessati ancora mai. E non è che odino le cose di Chiesa o di confessione, no; ma questo avviene perché non ebbero ancor comodità. E figuratevi quanti, oh quanti si trovano in punto di morte e desidererebbero per lo meno allora avere un prete cui confessare le proprie colpe ed averne l’assoluzione, ma neppure quello non è loro concesso perché raramente trovano il sacerdote che possa soddisfarli!
Non è però mio scopo di invitarvi ad andare in luoghi così lontani; questo si può fare da vari e non da tutti, sia perché il bisogno è anche tanto urgente qui, sia perché per varie cagioni non tutti coloro che si sentono chiamati alla Congregazione salesiana sarebbero disposti a recarsi in così immense distanze. Ma in vista di tanti bisogni, di tanta mancanza di operai evangelici, notando che tutti voi chi in un modo chi in un altro potete lavorare nella vigna del Signore, potrei io stare quieto e non manifestarvi il secreto desiderio del mio cuore? Oh sì che desidererei di vedervi tutti slanciati a lavorare come altrettanti apostoli! A questo tendono tutti i miei pensieri, tutte le mie cure, tutte le mie fatiche. Egli è per questo che si accelerano gli studi, si dà ogni comodità affinché si possa far presto ad indossare l’abito ecclesiastico, si imprendono scuole particolari.
E potrei io in vista di tanti e sì pressanti bisogni tacere? E potrei io, mentre da ogni parte ci chiamano e par proprio la voce di Dio che si manifesti per le bocche di tanti, ritirarmi? E, dopo i manifesti segni della divina Provvidenza che tanto grandi cose vuol operare per mezzo dei Salesiani, [potrei io] stare muto e non cercare di aumentare il numero degli apostoli evangelici?
Ora ho ancora una cosa a dirvi ed è la più importante. Nel mentre che io invito tutti voi a star costanti o a farsi iscrivere nella Congregazione salesiana, non voglio che chi non ha la vocazione cerchi di entrarvi. Io vedo il gran bene che possiamo fare; vi espongo come sia grande la messe che sta avanti ai nostri occhi, come abbisogni di molti coltivatori la vigna del Signore affinché coloro che si sentono un’interna voce che gli dica: tu nella Congregazione potrai fare più facilmente la salute dell’anima tua e la salute delle anime del prossimo; sappia le cose come stanno ed abbia comodità di farsi inscrivere. Mentre intendo che tutti gli altri secondino la propria vocazione. Quello che voglio e quello su cui tanto insisto si è in questo, che dovunque uno sia, sia proprio, come si legge là nel Vangelo, “lucerna lucens et ardens”.
Io non son contrario ad un giovane che voglia andare in seminario e farsi prete nel secolo. Quello che io voglio e su cui insisto e insisterò finché avrò fiato e voce si è che colui il quale si fa chierico sia santo chierico; colui il quale si fa prete sia santo prete; si è che colui il quale vuole partecipare dell’eredità del Signore abbracciando lo stato ecclesiastico, non si impigli in cose secolaresche, ma intenda solo a salvar delle anime.
Questo io domando che tutti, ma specialmente l’ecclesiastico sia luce che illumini tutti coloro che lo circondano e non tenebre che inganni chi lo segue.
Ma questa luce non si manifesti solo in parole: venga alle opere. Ciascuno procuri di ornarsi il cuore di quella carità che fa dar la vita per salvar le anime; la quale fa sì che non si guardi a nessun interesse corporale quando si tratta di far del bene, e proprio dire con S. Paolo che gli interessi mondani e le cose di questa terra le riteneva come sozzure per far lucro d’anime a Gesù Cristo «omnia arbitror ut stercora ut Christum lucrifaciam». Bisogna che nessun si lasci dominare dalla gola, dall’intemperanza che è quella che miseramente mena a naufragio tanta gioventù e, diciamolo pure, tanti ecclesiastici. Bisogna che si sappia moderare e mortificare specialmente nel vino colui che desidera lavorare con frutto quella vigna del Signore, in qualunque stato si trovi.
Vero operaio evangelico, dovunque si trovi, è colui che prende parte volentieri alle pratiche di religione, le promuove, le rende solenni. Se c’è una novena essi ne sono contenti; fanno essi qualche pratica speciale, invitano altri a farne. Per esser vero operaio evangelico bisogna non perder tempo, ma lavorare: chi da una parte, chi da un’altra; chi tra gli studi, tra le assistenze e tra le cattedre; chi tra le cose materiali; chi tra i pulpiti e confessionali; chi tra uffizi e prefetture. Ma si tenga bene a mente che il tempo è prezioso e che chi lo perde o non si sforza di occuparlo bene, non potrà mai esser un buon operaio evangelico.
Ecco, miei cari figliuoli, le cose che vi ho esposte per divenir buon operaio evangelico. Oh se queste cose esattamente si praticassero da noi! […]
Ma tutte queste cose non si ottengono se non a prezzo di grandi sacrifici, senza aver da patire qualche cosa. Senza grandi fatiche non si arriva mai a poter fare cose grandi; epperciò noi dobbiamo mostrarci pronti a tutto.
Sì, ciascuno si faccia ascrivere alla Congregazione salesiana, ma dica: io voglio mettermi per questa via col solo motivo di salvar delle anime; inteso che volendo salvarne delle altre voglio prima di tutto salvare la mia. Questo non si può ottenere senza sacrifici? Ebbene, io son pronto a fare qualunque sacrificio. Io mi voglio porre alla sequela di Gesù Crocifisso; se esso muore in croce, patendo orribili dolori, io che voglio essere suo seguace devo mostrarmi pronto a qualunque patimento, fosse pure di morire in croce con lui.
D’altronde guardate, nel Vangelo io trovo scritto beati i tribolati e non mai, beati coloro che se la godono. Tocca adunque di soffrire qualche cosa? Beato me, così potrò più da vicino seguire le orme del divin Redentore. I gaudenti di questo mondo godono per un momento e poi dei loro goderi ne avran ben poco, anzi nulla e peggio che nulla per l’eternità. I tribolati invece patiscono bensì qualche cosa, ma questo durerà poco ed ogni patimento gli sarà cambiato in gemma preziosa lassù in cielo che li consolerà per tutti i secoli.
Io finisco con quel detto di S. Paolo, “Vos delectat magnitudo praemiorum; non vos
deterreat magnitudo laborum”: vi diletta il pensiero della gran ricompensa del paradiso?
Non vi spaventi se dovrete soffrire qualche cosa su questa terra.
Venerdì 27 ottobre 1876
La novena dei Santi va avanti ed io aspetto sempre che alcuno si faccia santo, o almeno faccia dei miracoli: potrebbe essere che alcuno ci sia, ma io non me ne sono
ancora accorto. Al tempo di Savio Domenico, di Besucco, di Magone queste novene si facevano con più impegno; non vi era la minima cosa su cui si potesse desiderare di più.
Non dico che adesso si facciano male, no, che dei buoni ve ne sono; ma non c’è più quello slancio. Non so da che cosa venga che adesso non sia più così. Forse da parte mia, che non parlo più ai miei giovani, che non mi faccio più capire; oppure da parte loro, che non mi vogliono più capire; oppure anche da tutti e due. Comunque sia, io non vedo più quell’ardore universale come in quei tempi che vi dissi, in cui erano sessanta o settanta giovani e vi erano alla mattina sessanta o settanta comunioni. Ma c’è ancora tempo. Dico questo perché, stando così, tutto in un momento con uno zolfanello si mette il fuoco in un pagliaio e si desta un grande incendio, un bel falò. Questo può farsi da ciascuno di noi. Ciascuno pensi al paradiso, dove chi ha dei fratelli, delle sorelle, chi degli amici e dei compagni, chi dei superiori o degli inferiori, i quali godono il premio della loro virtù. Essi erano carne ed ossa come noi; e noi siamo fuori dei pericoli,
abbiamo comodità di praticare la religione, comodità di aggiustare le cose della propria coscienza: se essi si fecero santi, perché non lo potremo anche noi? – Ma, dice, ci vuole la grazia di Dio! La grazia di Dio, vi assicuro che il Signore ve la dà. – Che cosa ci manca? Ci manca un po’ di buona volontà. E se non l’avete la buona volontà, se non potete metterla da voi, domandatela al Signore, domandatela con istanza [insistenza], che egli ve la metterà. E se poi non bastassero le vostre preghiere, rivolgetevi ai santi, che in questo tempo son disposti a tutto per noi, e specialmente a Maria santissima: che domandino per voi un ardente amor divino, un amore costante; e il Signore, se a voi non lo concede, non potrà negarlo a tanti santi. Buona notte.
Domenica 29 ottobre 1876
Quest’oggi c’è stata una partenza per Roma, non ancora definitivamente per andare in America, no, ma per stabilire un piccolo collegio in un paesello vicino a Roma che si chiama Albano, proprio nello stesso luogo dov’era una volta Alba la Lunga. Poi di qui a tre o quattro giorni vi sarà di nuovo un’altra piccola partenza per stabilire un altro piccolo collegio ad Ariccia; poi un’altra per stabilire un collegetto a Trinità. Noi intanto preghiamo per quelli che sono in viaggio da stasera forse fino a domani alle due pomeridiane. Ora siamo nella novena dei Santi e bisogna ricordarci di non lasciar perdere alcuno di questi giorni, si preghi per quelli che dovranno andare in America, ed anche i sacerdoti li raccomandino nella loro messa. Questa volta partiranno in numero di 24, non so se tutti in una sola volta, ma la differenza di tempo sarà o di una settimana o al più di due settimane, ma il numero dell’esercito per ciò non avrà a diminuire. Adesso che vanno via i più grandicelli bisognerebbe che gli altri piccoli crescessero e facessero al loro posto. Bisognerebbe che le pagnotte, che si fanno qui sotto la protezione di Maria Ausiliatrice, [vi] facessero crescere volta per volta un metro e così farvi tutti grandi in una volta. Ma confidiamo nella divina Provvidenza e spero che coll’aiuto del Signore un po’ per volta ci faremo. Intanto avverto che domani a sera forse alle cinque e mezza, come mi hanno detto, vi sarà una conferenza per quelli della Congregazione, e
lo dico qui in pubblico perché tutti lo sappiano. Intanto teniamoci sempre col Signore, il quale è quello che guida ogni nostra azione; e diportiamoci in modo che egli non abbia poi a rimproverarci nel giorno del giudizio in cui ci verrà a giudicare. Buona sera.
Giovedì 2 novembre 1876
Domani comincia l’orario regolare. Alcuni cominciavano già a lamentarsi: troppa ricreazione, troppe passeggiate, poco di studio. Domani almeno comincerà l’orario regolare e saranno contentati tutti. Ma non basta che cominci l’orario, bisogna anche studiare; quindi cominciando da domani mettere tutto l’impegno possibile per fuggir l’ozio. Se sapeste quanto è prezioso il tempo! Dicono i savi che il tempo è un tesoro, quindi chi perde un minuto di tempo perde una parte di questo tesoro. Bisogna perciò metterci da principio, acciocché al fine dell’anno non abbiamo a lamentarci del tempo perduto. Ma la vera sapienza viene solo dal Signore: Initium sapientiae est timor Domini. Perciò dobbiamo prima aggiustar bene la nostra coscienza. Sapientia non introit in animam malevolentem, questo era scritto in un cartello appeso nello studio, non so se ci sia ancora, se non c’è più, D. Durando ne faccia attaccare un altro. E qui son sempre al medesimo avviso che sono solito dare al principio dell’anno: la frequente confessione e la frequente comunione.
Quanto alla frequente confessione, i santi padri dicono chi ogni settimana, chi ogni quindici giorni o una volta al mese. Sant’Ambrogio e sant’Agostino vanno d’accordo
nel dirci: ogni otto giorni. Io per me vi do nessun consiglio speciale, solo [che] andiate dal confessore quando la coscienza vi duole di qualche cosa. Alcuno può stare dieci giorni senza offendere il Signore, altri quindici ed altri anche venti. Ma alcuno può solamente stare tre o quattro giorni e poi cade subito in peccato; costui si accosti più frequentemente, a meno che siano inezie da nulla.
Quanto alla frequente comunione, io non voglio prescrivervi il tempo, voglio però raccontarvi un fatterello. Prima voglio guardare l’orologio se non è ancor troppo tardi:
sono solamente le nove e otto minuti. Son fatti che si raccontano in cinque minuti. Vi era un cotal uomo che era solito ad andarsi a confessare da S. Vincenzo de’ Paoli. Non gli piaceva frequentare questo confessore perché gli ordinava la frequente comunione.
Pensò quindi di cambiar consiglio e di andare da un altro confessore e gli disse: “Io era solito andare da padre Vincenzo, ma mi ordinò la comunione troppo frequente, perciò sono venuto da lei per ricevere il suo consiglio”. Questo padre si sbrogliò e gli disse: “Figliuol mio, comincia dal poco: andrai ogni otto giorni, poi ogni 15, dopo potrai andare una volta al mese”. Seguì questo consiglio il povero uomo ed in poco tempo passò dalla comunione solamente più alla confessione, dalla confessione ai teatri e ai balli, ecc. Poi addio confessione, addio comunione: si diede a menare una vita licenziosa. Ma dopo passato qualche tempo, non era più contento come prima, la coscienza gli rimordeva delle sue colpe, fece ritorno a S. Vincenzo e gli disse: “Io vedo che lasciando la santa comunione lascio anche la pietà e divento peggiore; da ora in avvenire voglio seguire il suo consiglio, ed accostarmi di frequente alla santa comunione”. Io vi raccomando la medesima cosa, praticatela per conservare senza pena la vostra coscienza se volete acquistare quella vera sapienza del Signore. Buona notte.
Domenica 20 maggio 1877
Siamo nella festa di Pentecoste e nella novena di Maria Santissima Ausiliatrice. In questi giorni non una, ma molte per giorno si ottengono grazie da Maria Santissima, sia che si venga qui a chiederle e si ottengono, sia le relazioni che abbiamo da lontano di grazie strepitose ottenute da Maria Ausiliatrice.
E veramente la Chiesa ce la fa conoscere questa potenza e benignità di Maria con quel salmo che incomincia: Si caeli quaeris ianuas, Mariae nomen invoca, se cerchi le porte del cielo, invoca il nome di Maria. Se per entrare in paradiso basta invocare il nome di Maria, bisogna pur dirlo che ella sia potente. Ed appunto la Chiesa in altro luogo ce la raffigura da sé sola come un esercito ordinato alla battaglia. E quantunque il senso letterale delle parole vogliano intendere i nemici esterni della Chiesa, lo spirito però della Chiesa le prese anche per riguardo ai nostri nemici particolari.
Io dunque vi raccomando, quanto so e posso, che abbiate sempre scolpito nella mente e nel cuore e che invochiate sempre il nome di Maria, in questa maniera: Maria Auxilium Christianorum, ora pro me. È una preghiera non tanto lunga, ma che si vide molto efficace. Quando dunque vogliate ottenere qualche grazia spirituale, e per grazia spirituale si possono intendere liberazione da tentazioni, da afflizioni di spirito, da mancanza di fervore, ecc., se alcuno di voi voglia liberarsi da qualche tentazione o acquistare qualche grande virtù, non ha da far altro che invocare Maria. Queste ed altre grazie spirituali sono quelle che si ottengono in maggior quantità e sono quelle che non si sanno e che fanno maggior bene fra le anime. E la maggior parte di quelli che vi
trovate qui, senza chi io li nomini, mi confessarono che se si poterono liberare da qualche tentazione è per Maria Ausiliatrice.
Tantissimi poi, a cui avevo raccomandato questa giaculatoria, Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis, mi confessarono che ne avevano sentito gli effetti. E dei
cento e mille di quelli che sono qui o che furonvi, dei nostri e degli stranieri, cui io mi son raccomandato che se non erano esauditi con questa preghiera me lo dicessero, finora non vi fu ancora alcuno che me lo abbia detto. Vi fu ben alcuno cioè che mi venne a dire di non essere stato esaudito, ma poi interrogato mi confessò che aveva bensì avuta l’intenzione di pregare, ma che non l’aveva fatto. Allora non è più la santa Vergine che non esaudisce, ma è lui che non vuol essere esaudito. Perché la preghiera deve farsi con insistenza, con perseveranza, con fede, con intenzione proprio di essere esaudito.
Io voglio che la facciate tutti questa prova e che la facciate fare anche a tutti i vostri parenti ed amici, dicendo loro o per lettera o in questa prossima festa di Maria
Ausiliatrice, venendovi a trovare o altrimenti, che D. Bosco loro dice che se hanno qualche grazia spirituale da ottenere preghino la Madonna in questa forma: Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis; e se non saranno esauditi che mi faranno un gran piacere a farmelo sapere. E se io verrò a sapere che uno non abbia ottenuto
qualsiasi grazia spirituale da Maria, scriverò subito una lettera a S. Bernardo che si è sbagliato nel dire: “Ricordatevi o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo, che da voi sia stato rigettato od abbandonato alcuno il quale implori i vostri favori”. State pur certi che non mi accadrà di dover scrivere una lettera a S. Bernardo.
Voi ridete sul mandar una lettera a S. Bernardo. E non sappiamo noi dove si trovi S. Bernardo? “Vi è difficoltà nelle poste”, si udì D. Rua a dire. Oh, noi per scrivere ai santi abbiamo un espediente più veloce che le vetture, che il vapore, che il telegrafo. Perché il telegrafo, quantunque vada così istantaneamente, tuttavia qualche tempo impiega; ma io, mentre ora vi parlo, col mio pensiero vado su su, sopra le stelle, davanti al trono di S. Bernardo. E non temete che egli riceverà le nostre lettere e subito, anche se il fattorino fosse in ritardo. Fate dunque la prova e se non sarete esauditi non troveremo difficoltà a
mandare una lettera a S. Bernardo.
Per il fine di questa novena, che è ancor in corso, io vorrei che vi scolpiste nel cuore queste parole: Maria Auxilium Christianorum, ora pro me, e che la recitiate ad ogni pericolo, ad ogni tentazione, ad ogni bisogno e sempre; e che domandaste a Maria Ausiliatrice altresì la grazia di poterla invocare nei vostri bisogni. Ed allora vi prometto io che il demonio farà bancarotta. Sapete che cosa vuol dire che il demonio farà bancarotta? Vuol dire che non avrà più alcun potere sopra di noi e dovrà ritirarsi. Io intanto vi raccomando tutti al Signore ed a Maria Ausiliatrice, che vi benedica e vi protegga, e buona notte.
Martedì 21 agosto 1877
Si avvicina il tempo delle vacanze, tanto per gli studenti come per gli artigiani: gli uni per riposarsi la testa, gli altri per riposarsi le spalle e le braccia; tutti per fare
vacanza. E per queste vacanze bisogna che io vi dia qualche consiglio. Il consiglio che io vi do è uno solo ed è che vi poniate pure in libertà, che facciate anche dei disordini, ma che per far questo vi ritiriate in luogo dove Iddio non vi veda. Ciascuno saprà qual sia questo luogo o una casa o il campanile o la cantina. Credo che non vi sarà alcuno così gonzo da credersi di trovare un luogo dove il Signore non possa vederlo. E questo pensiero della presenza di Dio ci deve accompagnare in ogni tempo, in ogni luogo ed in ogni azione. E chi avrà ancora il coraggio di commettere una cosa, che possa offendere il Signore, quando pensa che colui che egli vuole offendere può, sull’istante che egli vuole pronunziare quella parola, inaridirgli la lingua, può fargli paralizzar la mano con
cui pensa di peccare?
Non bisogna poi prendere il Signore come tutto giustizia, credete, inflessibile. No, anzi egli è tutto misericordia, bontà, amore. E come deve paventarlo chi l’offende, così deve star contento chi può dir di se stesso: “Io ho nulla sulla coscienza”. A costui io dico: va’ pure a dormire tranquillo, fa’ le allegre tue ricreazioni, vivi felice. Se colui che è in armonia con Dio deve menar vita felice, colui che non potesse dirlo d’essere colla coscienza netta, deve temere che Iddio non gli tolga il tempo. Ieri per esempio passeggiava in giardino il vicecurato di Lanzo col suo parroco, che lodava la predica [che] egli aveva fatto; ed egli ne godeva, perché aveva soddisfatto gli uditori. Quando ad un tratto il curato vide mancarsi da lato D. Oggero e guarda e lo vede là per terra: “D.
Oggero, Don Oggero!”. Non risponde. Va a scuoterlo: “Che c’è? Come va?”. Era già morto. Non è da temere di questo prete, che fu dell’Oratorio e che era una santa
persona, ma per dire che si può morire o passeggiando o mangiando, dormendo ed in qualunque momento. Similmente, qualche tempo fa morì in San Nicolás, vicino a D. Cagliero, un prete della parrocchia che fu qui, passò all’Oratorio ed io me ne ricordo.
Dico di questi due, ma potrei dire di tanti e tantissimi che morirono improvvisamente ed in ogni maniera. Così, domani levandoci potrebb’essere che qualcuno di noi mancasse.
Chi è morto? Don Bosco. Oh, come va? Egli non è più. E quel che potrebbe accadere a Don Bosco, lo potrebbe anche di ciascuno di voi. E chi non fosse preparato, pensi a rimediare, pensi ad aggiustar le sue cose. Quando uno è tranquillo della sua coscienza, può vivere allegro, può dormire tranquillo i suoi sonni, perché non ha paura del giudizio di Dio. Buona notte.
Venerdì 31 agosto 1877
Ho una bella novella a darvi. Lunedì cominciano le vacanze. Vi piace questa notizia?
Vedo che ad alcuni piace. Ed io son contento che le facciate le vacanze. Però vi posso dire che molti han chiesto di farle qui. Io son contento anche di questi, ma voglio che lo facciano volentieri. Vi sarà anche per loro tempo di ricreazione, di passeggio in abbondanza, ma faremo le vacanze più ritirati ed esposti a minori pericoli. L’unica cosa che io raccomando, sia agli uni come agli altri, è la fuga dall’ozio. So che ad alcuni non sembrerà tanto bella cosa l’andare in vacanza per lavorare. Eppure il termine vacanze non vuol dire riposarsi, come alcuno crede, ma applicarsi, attendere. Così: vacare
studio, attendere allo studio; vacare agriculturae, applicarsi all’agricoltura. Ma io voglio che ci intendiamo nei termini. Fuggire l’ozio vuol dire non starsi inoperoso, non
vuol già dire lavorare continuamente in lavori manuali, quantunque questo non sia per niente biasimevole, anzi ve lo raccomando. E mi ricordo che quando io andavo in vacanza, prendevo del cuoio ne facevo delle scarpe e poi le regalavo. Prendevo della stoffa, della tela, ne tagliavo un paio di pantaloni o di mutande e poi le cucivo e ne facevo quel che volevo. Oppure mi applicavo intorno al legno e ne formavo sedie, panche. E a casa mia, ancora adesso vi sono delle tavole che ho fatto io. Certe volte io andavo a tagliar l’erba nel prato, a rivolgere il fieno con il Virgilio in mano o altro libro.
Non voglio già proporvi queste cose ad esempio, ma è solamente per farvi vedere in quanti modi si può occupare il tempo delle vacanze.
Vi raccomando dunque, che andando a casa chi avesse delle vigne mangi l’uva più matura; se vi si trovassero delle pesche, dei fichi, delle pere o dei pomi mangiate anche le più mature. Vi raccomando che vi divertiate molto: giuocate pure alle bocce, alla palla, al pallone. E poi ciascuno in famiglia avrà dei divertimenti speciali: si giuochi pure alle carte, alla dama, agli scacchi, ecc. Fate belle passeggiate, io ve lo raccomando molto. E poi ciascuno avrà ancora molto tempo a leggere, a studiare per terminare qualche trattato che non si sia capito bene.
Dunque, sempre lavorare e divertirci? No, al tempo di pranzo mangiate, al tempo di colazione fatela pure, così pure la cena. Servite a tavola, sparecchiate, servite del pane anche, purché non stiate in ozio. Riposatevi pure alla sera, ed al mattino un poco di più, ma guardatevi bene da un genere di riposo che si chiama daemonium meridianum. E per questo s’intende il riposo che si fa dopo pranzo: questo è tempo del demonio. Se vi lasciate prendere, il demonio può cantar vittoria. Vi fa un giro attorno e vi fischia negli orecchi. Oh, che cattivi discorsi mi tornano alla memoria! Poi vi sbircia in un occhio.
Oh, che brutta immagine mi si presenta alla memoria! E queste tentazioni si fermano lì, e l’altro non se ne può disbrigare e cadrà nelle mani del diavolo. Guardiamoci adunque dal metterci a letto dopo pranzo. Se ve ne fosse bisogno, mettetevi su d’una sedia e lì sonnecchiate un po’.
Oh che chiacchierata! Riduciamola a poche parole: fate belle vacanze, ma non state mai inoperosi; se non lavorate voi, lavora il demonio. Di giorno lavorate; di notte
dormite.
Avrei ancora altre cose a dirvi, ma spero di dirvele domenica prima che partiate. Domani poi e dopo domani, che sono gli ultimi giorni che vi fermate con noi, io
desidero che veniate tutti da me ed io avrei qualche cosa a dirvi a tutti. Vorrei ancora che notiate quello che D. Bosco vi suggerisce per passare allegramente le vacanze. Si è perché passiate le vacanze allegramente che vi do questi avvertimenti e se li eseguirete, sperimenterete e passerete felici vacanze. Buona notte.
Finché vi sono libri da leggere vi dirò sempre: leggete!
Domenica 7 ottobre 1877
Io vi saluto tutti e tanto più di buon cuore, in quanto che è la prima volta che vi vedo dopo le vacanze. È vero che non sono ancora arrivati tutti, ma vedo che siamo già in buon numero e se stesse apparecchiata una tavola, ci sentiremo da noi soli di farci
onore.
La maggior parte di voi si trova qui per prepararsi ad entrare nel ginnasio o per passare in altra classe superiore o per rimarginare qualche ferita riportata all’esame
finale, e tutti questi hanno da studiare. Vi son poi altri che al principiar dell’anno devono ripetere l’esame di quei trattati che in quest’anno scorso hanno studiato, e questi pure hanno da studiare per compiere e ripetere i loro trattati. In questo numero sono compresi indistintamente tutti i chierici.
E gli altri che non avessero occupazione fissa devono sempre far vacanza? Quando non vi fossero più libri da leggere, né in libreria né in biblioteca o che li avessero già letti tutti, allora io direi loro: riposatevi pure. Ma fintantoché vi son libri da leggere vi dirò sempre: leggete! Fra questi sono quelli che vennero per passare in filosofia ed a questi consiglierei di leggere il trattato che avran da studiare quest’anno; e poi possono leggere o studiare un libro di Virgilio, di Orazio, di Ovidio o un canto di Dante o ripetere quelli che hanno studiato nel corso di latinità. Un libro poi che consiglierei a tutti di leggere è la Storia d’Italia, 123 e se uno l’avesse letta cinque volte, direi ancora leggila. Perché in questi tempi tutte le storie sono falsate: i nemici della Chiesa
prendono occasione dalla storia per poterla infamare e discreditare, narrando fatti esagerati o del tutto finti. In questa storia, invece, sono esposti i fatti nella loro integrità storica, in breve, sì, ma che dà la chiave per poter studiare la storia d’Italia più particolareggiata e la storia ecclesiastica che le è così congiunta d’affinità. Non voglio ora far mie lodi, dicendo i pregi della mia storia, ma è solo perché ne vedo la grande utilità.
Ricevo adesso la notizia della morte del padre di D. Cerruti. Domani noi pregheremo per l’anima sua. E non è questa l’unica notizia di morte che ricevo in questi giorni.
Seppi non è guari che morì improvvisamente sul palco un celebre attore ed un altro che recitava con lui, vedendolo cadere, morì anch’egli sull’istante. E gli spettatori che assistevano ad una commedia partirono colpiti da sì truce tragedia. E questo non è il solo caso, altri ne avrei ancora. Noi, intendo, teniamoci preparati, che quando verrà la morte possiamo rispondere come Abramo quando il Signore lo chiamò: Abraham, Abraham! Ecce, Domine, adsum. E intanto, buona notte.
Domenica 29 ottobre 1877
Il motivo per cui vi ho qui radunati tutti, è per salutarvi tutti insieme e per dirvi alcune parole dopo le vostre vacanze. Una delle quali è fresca fresca, arrivatami or ora
da D. Ronchail, e si è l’apertura di una nuova casa a Cannes, città poco distante da Nizza. Fra poco se ne apriranno altre in altri siti e continueremo fino all’America. Così se ne apriranno a La Navarre, a Tonon, a Marsiglia, a Bordeaux…; avanti: a Bercellona ecc. Tutto il litorale, e poi un salto di 15 giorni consecutivi di viaggio a vapore fino a Rio de Janeiro. Ma ho bisogno che voi veniate su buoni preti e buoni maestri.
La cosa, però, che volevo dirvi si è che dopo un viaggio si han sempre le vesti imbrattate di fango o almeno impolverate. E così, sebbene in queste vacanze non vi sia stato fango, della polvere almeno sulle vestimenta o qualche zacchera si è riportata.
Delle vacanze più o meno ne avete fatte tutti e perciò bisogna pensare, come dopo il ritorno da un viaggio, a ripulire le vesti. Ora vi è appunto l’opportunità in questa festa dei Santi di far questa rivista della propria coscienza; e perché vi possiate preparare bene si è pensato di far un triduo con una piccola predica alla sera. E voi procurate di eseguire ciò che in essa vi si dirà. Quello che io vi suggerisco in questi giorni, dedicati dalla Chiesa alle anime dei defunti, è di procurar in ogni modo di suffragarle. Coloro che possono far la comunione, la facciano. Tutti poi pregate e pregate molto, e le indulgenze specialmente che acquisterete, applicatele a loro, che questo è il più bel modo di suffragare quelle anime. Usate loro questa carità, specialmente a quelle dei vostri parenti, ché, chi più prossimi chi più remoti, dei parenti defunti ne avete tutti. E poi queste preghiere, questo bene che fate alle anime dei purganti, resta in realtà un
bene fatto per voi; resta come il cibo, che si dona alla bocca che lo gusta, ma che in realtà nutrisce la persona che lo prende.
Vi raccomando adunque che passiate bene questi giorni, facendo una rivista alla propria coscienza, ed offrendo tutto il bene che farete per le anime del purgatorio; e così quando noi ci presenteremo all’eternità ci troveremo già preparato del bene, che ci preserverà dalle fiamme del purgatorio e ci aprirà le porte del paradiso. Buona notte.
Mercoledì 28 novembre 1877
Ecco che D. Bosco viene a salutarvi tutti insieme ed a portarvi una buona notizia.
Domani incomincia la novena di Maria santissima Immacolata. Tra i nostri giovani vi fu sempre una special devozione verso Maria Immacolata. Ed infatti esiste una compagnia chiamata dell’Immacolata, a cui diede principio Savio Domenico, come si trova nella sua vita, insieme col regolamento che egli con vari compagni si prescrissero. A questa compagnia appartengono molti di voi (ma quelli solo che risplendono in tutte le virtù).
Io mi ricordo come al principio della novena dell’Immacolata Concezione Savio Domenico propose di passarla bene; venne da me e volle fare la confessione generale
(non l’aveva ancora fatta, per quanto io sappia); e poi conservò talmente in tutta la novena la sua coscienza netta da poter tutti i giorni fare la santa comunione. Come è desiderio ardente della Chiesa che tutti i cristiani, ed io aggiungerò che tutti i giovanetti dell’Oratorio, si regolino [bene] affinché possano tutte le mattine partecipare alla mensa eucaristica.
E per ricordo in questa novena che consiglio vi darò? Ecco, due cose: esattezza e pulitezza. Son due parole che fanno rima insieme e che vanno molto d’accordo.
Esattezza nell’osservanza di tutte le regole della casa, di tutte e senza eccezione. Quindi, esattezza nell’andare in chiesa o nello studio, esattezza nell’andare a mangiare e nell’andare a dormire. Esattezza in tutto. L’altra cosa è la pulitezza, non nel lucidar le scarpe, ma nel tener netta la coscienza. È anche bene il tenersi ben puliti come si conviene, ma se qualcheduno si sentisse un prurito qui nel cuore e dando un’occhiata alle sue confessioni vedesse d’aver sempre le stesse cose: le stesse bugie, le stesse perdite di tempo, le stesse mancanze, di modo che egli si trovasse una serie di peccati e
confessioni, di confessioni e peccati; ebbene, costui manifesti queste cose e, se egli lo crede bene, faccia anche una rivista delle sue cose o con una confessione generale o solo su quei punti che crede necessari. Vi sarà un altro che sentirà anche lui un prurito nel cuore e dirà: “Ma io temo di aver fatto male una confessione e di non trovarmi in buono stato; è vero che di quel peccato mi ero dimenticato, ma me n’ero dimenticato apposta”.
E anche costui – e se ne trovano – parli al proprio direttore di questa cosa e si rimetta interamente a lui. Un altro dirà: “Io da qualche tempo mi trovo inquieto, temo di non aver la mia coscienza in buono stato”. Ebbene, si confidi al suo padre spirituale e, se
vuole, faccia pur anche una confessione generale, ché questo è appunto tempo opportuno per ciò. Così pure sia detto per tutti coloro che si accorgessero che le loro confessioni mancassero o di dolore o di proponimento o di esame.
Ricordatevi dunque, sempre, ma specialmente in questa novena, esattezza e pulitezza. Siate esatti in tutto e conservate la vostra coscienza talmente pulita da poter
frequentare la santa comunione. Come mi ricordo che fece tanto esemplarmente Savio Domenico nell’ultima novena dell’Immacolata Concezione, regolandosi in tutto degno imitatore di S. Luigi; degno di un giovanetto che all’età di sette anni e mezzo, facendo la prima comunione, si propose: morte, ma non peccati. Così facendo anche noi, Maria
Immacolata avrà per tutti un favore da farci e sarà quello che più gioverà all’anima nostra. Buona notte.
Domenica 2 giugno 1878
Una parola dopo circa sei mesi! Vedete quanto tempo senza più venirvi a dare la buona sera. Ma se non venni personalmente, la mia mente si trovava sempre qui fra voi.
E quando mi trovavo a Roma e quando ero per viaggio o a Nizza o a S. Pier d’Arena, alla mattina nella messa pensavo a voi, ma alla sera poi irresistibilmente il mio pensiero si portava fra voi. Adesso però da qualche tempo ci troviamo qui e speriamo di non allontanarcene tanto presto. Siamo qui per procurare il vostro vantaggio spirituale ed anche temporale.
La cosa però che son venuto per dirvi è che domani a sera incominceranno gli esercizi spirituali per gli studenti, e subito dopo per gli artigiani. Tutte le cose che io
sono solito di raccomandare durante gli esercizi si riducono ad una sola: star attento e mettere in pratica quello che si predica o si legge. E come metterlo in pratica? In tutte le prediche, in tutte le letture vi è sempre qualche cosa che fa per noi: ora sarà dell’esame mal fatto o del dolore o del proponimento mancante; ora sarà dei consigli del confessore dimenticati, ecc. Pensiamo a ciò che fu, ciò che è, ciò che sarà; se abbiamo nulla a riprenderci delle nostre passate azioni; se ora camminiamo diritti per la via che ci addita Gesù Cristo e che cosa dobbiamo fare per l’avvenire.
E perciò questo è il tempo più acconcio a pensare alla propria vocazione, perché in solitudine Deus loquitur, 128 e gli esercizi spirituali sono appunto giorni di ritiro e di
solitudine. Anche gli artigiani hanno da pensare alla loro vocazione, perché alcuni debbono ponderare se Dio disponga che si fermino a lavorare qui in Congregazione e farne parte o se li chiami a far bene altrove. Tutti poi hanno bisogno di cessare per qualche giorno dalle consuete occupazioni per applicarsi esclusivamente alle cose dell’anima.
Pensate che le grazie grandi non si ricevono tanto sovente; e il poter fare gli esercizi spirituali è una grazia grande. Quanti l’anno scorso erano qui ad udire forse le stesse parole ed ora sono già passati all’altra vita. Credo che tutti abbiano fatto bene gli esercizi dell’anno scorso, ma se non li avessero fatti bene ne avrebbero ancora il tempo?
E chi ci promette che un altro anno tutti [noi] che ci troviamo qui potremo farli ancora? Io non posso assicurarvelo. Dio solo che potrebbe dircelo, ci dice anzi il contrario: Estote parati, quia qua hora non putatis filius hominis veniet; 129 e ci mostra
coll’esperienza che anche da giovani si muore. Se così è, teniamoci sempre in acconcio, che in qualunque ora venga la morte possiamo presentarci tranquilli alle porte dell’eternità.
Perciò, ora che n’abbiamo comodità, facciamo bene questi esercizi spirituali. E siccome il Signore ci dice: Ante orationem praepara animam tuam, 130 così io dico a
voi: prima degli esercizi spirituali preparate l’anima vostra; cioè prima d’incominciarli abbiate desiderio di farne profitto.
Io poi in questi giorni, se sempre giorno e notte mi occupo di voi, in questi giorni degli esercizi io mi consacro tutto interamente per il vostro vantaggio spirituale. Nella messa farò sempre una preghiera speciale per questo fine, che gli esercizi vadano bene – e quello che dico di me intendo anche di dirlo di quelli che fanno parte con me e di quelli che vengono per questo. In queste sere spero di potervi parlare anche altre volte e per non tenervi più a lungo possiamo mettere fine a queste poche parole con questa bella conclusione: il poter fare gli esercizi spirituali è una grande grazia, che non si ha sempre; e perciò dobbiamo farli bene; per farli bene metteremo in pratica quello che ascolteremo nelle prediche e nelle letture; e poi siccome tutti i favori ci vengono dal cielo, io per parte mia e voi per parte vostra, pregheremo Iddio che ci conceda di ricavarne il maggior frutto possibile per le nostre anime. Buona notte.
Martedì 18 giugno 1878
In tutte queste solennità che vi furono o che vi sono ancora della Madonna, della Consolata, di S. Luigi e di S. Giovanni, di S. Pietro ed altre che vi saran prima del fine dell’anno, una cosa che sarebbe di grande importanza farsi si è il deliberare sulla propria vocazione. Alcuni vi avranno già meditato e solo aspettavano di settimana in settimana, di giorno in giorno per deliberare definitivamente. Perciò in tutti gli anni io era solito di concedere un tempo per chi volesse parlare di questo ed anche quest’anno son contento che i giovani della 5 a e della 4 a ed anche gli altri, che volessero deliberare sulla loro vocazione, vengano in mia camera in qualunque festa dopo i vespri.
Tuttavia qualche cosa in generale si può dire anche qui. Quando si conosce che si è chiamati allo stato ecclesiastico, è cosa ancora della maggiore importanza il vedere se sia meglio il gettarsi nel secolo o ritirarsi in qualche religione. Chi poi vuol abbracciare
lo stato ecclesiastico deve avere un fine retto e santo: quello, cioè, di salvar l’anima propria. E aiutare i parenti non si potrà? È cosa giusta e santa l’aiutare i parenti; perciò potrete farvi negozianti, calzolai o quel che meglio volete e quindi aiutare i parenti e altri e far quel che vi piace dei vostri guadagni. Ma un prete no, potrà far loro elemosina come a qualunque altro, qualora si trovassero a quel punto, ma non più in là. Si porta sempre a questo proposito la solita obiezione: “Ma molti preti – il tale, il tal altro – hanno fatto questo, comprato quello; si sono fatti ricchi, hanno arricchito la famiglia ecc.”. Dunque, tutti questi fanno male? Io non voglio qui giudicare nessuno, solamente osservo quel che dice il divin Salvatore e la santa Chiesa. Gesù Cristo dice espressamente: Chi vuol darsi al ministero di Dio, non si occupi dei negozi temporali; anzi, non solo non se ne occupi, ma non implicet se, dice precisamente la Scrittura, non s’impicci, non se ne immischi: non implicet se in negotiis. Le parole son chiare. E sant’Ambrogio o san Gregorio dice che ciò che possiede il sacerdote è patrimonio dei poveri: non è neppur suo, vedete, è dei poveri. Le sue fatiche sono per Dio, i mezzi sono di Dio e quindi anche i guadagni devono essere di Dio e perciò dei poveri. Non deve dunque tendere ad altro il prete che alla salute delle anime: ci vuole, cioè, un fine santo.
Quello ancora che vi posso dire è che colui, che non si sente chiamato allo stato ecclesiastico, non pensi neppure a farsi prete, non ne ricaverebbe nulla di bene. Chi non si sentisse di conservare la virtù della castità, non è fatto per il sacerdozio, si rivolga ad altro, poiché da prete non farebbe che del male a sé e agli altri. Vi dico queste cose perché abbiate tempo a pensare e facciate poi le vostre cose bene. Buona notte.
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