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Per una spiritualità dell'impegno educativo: educare con gioia e alla gioia

La persona consacrata che vuole educare alla gioia i suoi alunni deve essere una persona che ama la vita, che presenta atteggiamenti positivi verso di essa: fiducia, volontà di fare, attesa di qualcosa di buono dal futuro, desiderio di scoprire; in una parola: una persona serena e contenta.


Per una spiritualità dell’impegno educativo: educare con gioia e alla gioia

da Teologo Borèl

del 14 settembre 2005

Le persone consacrate sono state, nel corso dei secoli, particolarmente presenti nel campo dell’educazione e tante di loro rimarranno per sempre straordinari esempi di sapienza educativa, unita a profonda e generosa dedizione, così da essere in ogni tempo modelli e guide per ogni educatore cristiano.

Le persone consacrate immettono nel percorso educativo i valori di cui sono portatrici in forza della loro consacrazione: ciò è chiaramente presentato anche in un recente documento della Congregazione per l’educazione cattolica: Le persone consacrate e la loro missione nella scuola. Riflessioni e orientamenti. In esso sono richiamati i tratti specifici che contraddistinguono la presenza delle persone consacrate all’interno della comunità scolastica e vi si legge tra l’altro che esse: «testimoniano che la castità del cuore, del corpo, della vita è l’espressione piena e forte di un amore totale per Dio che rende la persona libera, piena di gioia...».1

La gioia, dunque, come manifestazione concreta di vita che testimonia l’identità della persona consacrata, come del resto anche quella di ogni cristiano.2 Un modo concreto di voler bene alle persone che amiamo è anche questo: essere noi stessi un po’ più contenti, e papa Giovanni XXIII lo sottolinea bene quando, scrivendo a una religiosa, afferma: «Essere lieti, custodendo sempre in noi le sorgenti della letizia cristiana, significa compiere una grande carità verso noi stessi e verso coloro che vivono intorno a noi».3 Anche il papa Benedetto XVI, nei suoi primi interventi, ha fatto riferimento spesso al tema della gioia, sottolineando in tal modo un aspetto fondamentale del messaggio cristiano. Già nelle prime parole pronunciate subito dopo la sua elezione si è così espresso: «Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere, nella gioia del Signore risorto».

Partendo da quanto finora richiamato, vorrei proporre alcuni spunti di riflessione che possano servire alle persone consacrate che svolgono il loro servizio all’interno della scuola.

 

 

INSEGNARE E SUSCITARE GIOIA

 

Qual è il compito di chi insegna? Se non è certamente facile riassumere con un’unica definizione i diversi compiti che questa responsabilità comporta, è tuttavia lecito immaginare che, al di là di essi, ogni insegnante è chiamato anche, e soprattutto, a suscitare nei suoi alunni la gioia che si sperimenta nell’aprirsi progressivamente a tutto ciò che è vero, bello, buono, nobile. Insegnare ai bambini e ai giovani è, dunque, uno dei tanti modi, e non certamente di minore importanza, per facilitare in loro la gioia e il gusto di vivere, aprendosi sempre più alla realtà e sviluppando le proprie competenze. Quando tutto ciò non accade, anche un insegnante può avere la sua responsabilità nel far sorgere nei giovani atteggiamenti contrari all’amore per la vita, quali ad esempio la noia, lo scetticismo, l’atteggiamento di rifiuto e la mentalità distruttiva. La persona consacrata che si dedica all’educazione parte da una visione cristiana della vita e della persona e, mentre si sente al servizio della gioia dei propri alunni, sa quali sono le sorgenti ultime della gioia stessa e il suo significato più profondo per l’esistenza di ciascuno. La gioia è in stretta connessione con la verità, per cui sant’Agostino parla del gaudium de veritate: la gioia che nasce dalla scoperta e dalla contemplazione della verità. Essa è indispensabile all’uomo. S. Tommaso afferma che «come l’uomo non potrebbe vivere in società senza la verità, così nemmeno senza la gioia».4

La gioia corrisponde a un senso diffuso di pace e di piacere, che viene in noi dal possesso di quanto ragionevolmente desideriamo.5 «L’uomo prova la gioia quando si trova in armonia con la natura e soprattutto nell’incontro, nella partecipazione, nella comunione con gli altri. A maggior ragione egli conosce la gioia o la felicità spirituali quando la sua anima entra nel possesso di Dio, conosciuto e amato come il bene supremo e immutabile».6

L’educatore cristiano è consapevole di come la gioia sia un tratto distintivo dell’essere cristiani e il dono per eccellenza che Cristo risorto ci ha fatto;7 è consapevole che la gioia cristiana è dono dello Spirito8 e trova la sua sorgente ultima in Dio: «Chi può mangiare e godere senza di lui?».9 In un intervento di qualche anno fa,10 il papa attuale affermava: «Gesù dice all’inizio della sua vita pubblica: Sono venuto per evangelizzare i poveri (Lc 4,18); questo vuol dire: io ho la risposta alla vostra domanda fondamentale; io vi mostro la strada della vita, la strada della felicità – anzi: io sono questa strada».

 

 

SUGGERIMENTI PER EDUCARE CON GIOIA

 

Che cosa può servire alla persona consacrata che vuole educare alla gioia i suoi alunni? Si possono richiamare, a questo riguardo, diversi suggerimenti di carattere metodologico e didattico, ma in definitiva ciò che appare essenziale si può così riassumere: è necessario anzitutto che l’insegnante sia una persona che ama la vita, che presenta atteggiamenti positivi verso di essa (fiducia, volontà di fare, attesa di qualcosa di buono dal futuro, desiderio di scoprire, volontà di lottare e superare gli ostacoli, coraggio e fiducia nei propri mezzi); in una parola: una persona serena e contenta. «Che cosa capiscono i bambini dagli atteggiamenti che gli adulti hanno con loro? Avvertono se le persone amano o no la vita, se hanno paura, se hanno speranza. Se credono o no in quello che dicono».11 La sua gioia poggia, in ultima istanza, sulla fede in un Dio creatore, amante della vita e si esprime nella testimonianza, fatta di comportamenti concreti e di parole, che chi crede si sente continuamente nelle mani e nel cuore di Dio. E la vita della persona consacrata è segnata dalla gioia, perché, come ricordato precedentemente, «la castità del cuore, del corpo, della vita... la rende piena di gioia».

Il cristiano che si dedica all’educazione esprimerà la sua gioia nell’atto stesso di educare: educa con gioia. Vivere l’impegno educativo con gioia è fondamentale per la crescita dell’educando. Questo è vero già a proposito dell’educazione offerta da colei che, solitamente, si occupa per prima dell’educazione del piccolo dell’uomo: la madre. Erich Fromm sottolinea che la madre, oltre a offrire le cure necessarie per la crescita del bambino, deve far sentire al bambino stesso che è bello essere nato, instillando così in lui l’amore per la vita. Facendo riferimento al simbolismo biblico della terra promessa, così si esprime: «La terra promessa (terra è sempre simbolo di madre) è descritta come “traboccante di latte e miele”. Il latte è il simbolo del primo aspetto dell’amore, quello per le cure e l’affermazione; il miele simboleggia la dolcezza della vita, l’amore per essa, e la felicità del sentirsi vivi. La maggior parte delle madri è capace di dare “latte”, ma solo una minoranza di dare anche “miele”. Per poter dare miele una madre non deve soltanto essere una “brava mamma”, ma una persona felice – e tale obiettivo non è raggiunto da molti».12

Anche sant’Agostino ha sottolineato l’importanza di educare con gioia: «Si è ascoltati con più gusto, allorché siamo noi i primi a gustare quel che diciamo! Più il nostro discorso specchia il nostro gaudio, e più il suo filo si svolge agevolmente, gradevolmente... Più si è lieti più si è soavi. E l’obbligo di questa letizia è evidente. Dio desidera l’ilarità del donatore della moneta materiale; e in quella spirituale, no? Che poi codesta ilarità ci sia di fatto nel momento buono che serve, è tutta misericordia di lui, che ce la ordina».13

Il card. Martini, a sua volta, sottolinea che l’educazione richiede, oltre a un grande rispetto per l’individualità e l’originalità della persona da educare, anche la gioia da parte dell’educatore. Così infatti si esprime: «L’educazione è un’arte gioiosa; non può essere un lavoro forzato. Nemmeno può essere motivata in se stessa da un fine di lucro, ma soltanto dalla creazione armoniosa e felice il più possibile di una persona umana. La soddisfazione e l’appagamento primo e sommo sono dati a un vero artista dal capolavoro uscito dalle sue mani. L’educazione, come ogni vera arte, non tollera ricette, formule, cliché. Esige nell’educatore originalità e individualità: chiede che si educhi con gioia».14

In definitiva, sarà di particolare utilità ad ogni persona consacrata che si dedica all’insegnamento ricordare queste parole di Dostoevskij: «Signore, facci ricordare che il tuo primo miracolo lo facesti per aiutare alcune persone a far festa, alle nozze di Cana. Facci ricordare che chi ama gli uomini, ama anche la loro gioia, che senza gioia non si può vivere, che tutto ciò che è vero e bello è sempre pieno della tua misericordia infinita».

Aldo Basso

 

1 n. 26.

2 Paolo VI ha lasciato un testo prezioso a questo riguardo: l’Esortazione apostolica La gioia cristiana (9.5.1975), dove parla della gioia come segno caratteristico della vita cristiana e nello stesso tempo come forma particolare di apostolato da parte della Chiesa.

3 Giovanni XXIII, Ottima e reverenda madre. Lettere di papa Giovanni alle suore. Bologna, Edizioni Dehoniane, 1990, p. 97.

4 Summa Theologiae, II-II 114, a.2, ad primum.

5 Cf. s. Agostino, De civitate Dei, 14,6.

6 Paolo VI, Esortazione Apostolica Gaudete in Domino, 1975, n. 1.

7 «La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse. “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore» (Gv 20,19-20).

8 Gal 5,22.

9 Qoèlet 2,25.

10 J. Ratzinger, La nuova evangelizzazione, in: “L’Osservatore Romano”, lunedì-martedì 11-12 dicembre 2000, p. 11.

11 Catechismo dei bambini, n. 123.

12 The art of loving, London, Unwin Paperbacks, 1975, p. 46-47 (nostra traduzione).

13 De catechizandis rudibus, cap. II,4 (traduz. di d. G. De Luca).

14 Dio educa il suo popolo, n. 27.

Aldo Basso

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