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Non volevo credere ai sogni da Giovani per i Giovani

Splendete come astri nel mondo. Ogni astro non si è creato da sé ma ha origine da una esplosione iniziale. Così è avvenuto nel carisma salesiano grazie al dono che Dio ha fatto alla Chiesa in don Bosco e alla forza delle sue intuizioni.


Non volevo credere ai sogni da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 10 febbraio 2009

Anch’io non me lo aspettavo. Lo conosco da un pezzo ormai, ma mai avrei pensato di poterlo incontrare in persona. Ed invece era lì, di fronte a me, con quel suo sguardo luminoso. Occhi lucidi come castagne sembravano, forse perché in quel frutto ricordavo l’aneddoto di lui che con sua madre le moltiplicano per i ragazzi. E poi le rughe profonde di un volto vecchio, scalfitture intorno alla bocca che come parentesi raccolgono le sue labbra sottili. Proprio quelle che ho sempre immaginato avvicinarsi all’orecchio di tanti ragazzi per sussurrare un consiglio d’amico.

All’inizio non volevo crederci. Come quando partì tutta questa storia, anche allora opposi resistenza. Inutilmente. Mi conquistò con poco, all’epoca bastavano un pallone, degli amici, una gita; poi arrivarono proposte più impegnative ma il suo fascino le faceva sempre brillare di allegria. Oggi, ancora non voglio credere ai sogni, o forse non voglio credere che questo sia un sogno. Incontrare don Bosco faccia a faccia, cosa gli avrei mai detto?

 

Chi era Giovanni prima di diventare don Bosco?

Fu lui a prendere la parola: “ Riflettei a lungo. Lessi alcuni libri sulla vocazione alla vita religiosa e sacerdotale. Alla fine decisi di entrare tra i Francescani”. Anche tu, Giovanni, anche tu hai voluto fare di testa tua, hai avuto la tentazione di sbrigare da te stesso le questioni più importanti della tua vita: studiato un po’ l’argomento ti sei guardato attorno per vedere cosa proponeva il mercato e poi hai scelto quello che credevi migliore per la tua realizzazione. Anche tu, tutto da solo!

Non riesco ad immaginare cosa sarebbe la mia storia con un fra Giovanni impegnato in un convento anziché don Bosco. Quando si tratta di ciò che dobbiamo fare della nostra vita, non possiamo fare da soli, dobbiamo avere la fiducia incrollabile di chi crede che coloro che ci guidano sono voce di Dio per noi. Ne va della nostra ed altrui salvezza! Un consiglio sembra darmi don Bosco: mai scegliere per paura, ma solo per grande amore.

“Capitò un fatto che mi mise nell’impossibilità di entrare subito tra i Francescani” continuava a raccontarmi “credevo fosse una difficoltà passeggera, invece arrivarono altri ostacoli ancora più grandi”. Mi sembra di capire, forse mi indica di trovare nell’adesione alla realtà un altro criterio di discernimento. Gli avvenimenti, le doti ricevute con le loro esigenze, gli incontri o le loro mancanze possono tracciare percorsi imprevisti ed orientativi. “Decisi allora di confidarmi con il mio amico Luigi Comollo”; caro questo vecchietto che fa memoria dei suoi amici, delle sbandate di giovinezza e delle faticose sterzate per trovare la giusta rotta. Anche lui non ce la faceva a risolvere da solo tutte le questioni e trovava aiuto negli amici, soprattutto se riconosciuti di grande spessore morale e spirituale. Un amico, una guida, mediazioni di ciò che ancora non si è riusciti a trovare.

La condivisione tra Giovanni e Luigi mi ricorda l’importanza del gruppo e di relazioni autentiche di amicizia, la necessità di avere un cuore puro grazie alla Riconciliazione, la forza dell’Eucaristia che pone al centro della vita Dio e non io, un abbandono totale a Maria riconosciuta come fonte della grazia. Questi sono i compagni di viaggio nella grande storia del mio amico don Bosco, lui mi insegna che per mezzo di loro si creano le condizioni di disponibilità al rivelarsi della volontà di Dio.

 

Il Big Bang salesiano

“Giovani, per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto a dare la vita” lo diceva con un tono leggero, quasi di riso, ma con tanta intensità che un brivido ancora corre lungo la schiena. Don Bosco di fronte a me, rimango a contemplare questo volto stanco, consumato, che mi ricorda la misura della sua passione per i giovani: la misura di chi non ha misure. È un viso che mi spinge a trovare nuovo slancio, il desiderio di lavorare con i ragazzi, l’essere disposta a tutto, il donarmi con entusiasmo, sentirmi attratta da quelli che hanno più bisogno, il non disertare il campo nel momento delle difficoltà, prendere anche le sfide più grandi, i problemi più grossi con 'santa leggerezza', cioè con l'affidamento alla Provvidenza, con la speranza e la fiducia nel fatto che quello che ci capita non è per caso e non è mai insormontabile.

È stato lui a raccontarmi che all’inizio non aveva assolutamente idea di come il Signore si sarebbe servito della sua persona, erano molte le titubanze, le resistenze, i tentativi di fare di testa propria. Ed ogni volta Dio rispondeva in maniera sorprendente, al bene Lui chiedeva di rispondere con il meglio. Se bene era coltivare le giovani al collegio della marchesa Barolo, meglio fu andare a incontrare i ragazzi delle carceri; se bene era, finito il seminario, fare il prete di parrocchia, meglio fu continuare a studiare presso il Convitto Ecclesiale. Queste furono tappe fondamentali per trasformare l’energia che Giovanni si portava dentro in luce da diffondere, maturando una scelta d’azione originale.

 

Splendete come astri nel mondo. Ogni astro non si è creato da sé ma ha origine da una esplosione iniziale. Così è avvenuto nel carisma salesiano grazie al dono che Dio ha fatto alla Chiesa in don Bosco. Il rettor maggiore nella sua prima buonanotte, il giorno della sua elezione, ci ricordava: “don Bosco è il regalo più bello che Dio ci ha fatto” e ci invitava a riprodurre l’immagine del nostro fondatore nelle sfide dell’oggi. In quella occasione ci esortava a conoscerlo fino a  farlo diventare parte dei nostri pensieri, il nostro criterio, il nostro modo di agire di fronte ai bisogni dei giovani. Siamo continuamente invitati a scoprire, amare, imitare don Bosco, perché siamo tutti quanti eredi e trasmettitori del suo spirito.

 

Don Enrico è mio fratello

“Siate una famiglia”, continua a dire don Bosco a tutti i suoi amici, “siate una famiglia tra di voi salesiani, siate una famiglia con i vostri collaboratori, siate una famiglia con i giovani”. Della famiglia Giovannino si è sempre portato dentro l’immagine costruita durante l’infanzia nella casa dei Becchi. Un clima non troppo poetico perché fatto anche di tensioni e di dure fatiche, ma che è stato caratterizzato da alcuni elementi fondamentali. Nel ripercorrere l’esperienza in casa Bosco vediamo che vi predomina la dolcezza di mamma Margherita. Presa da mille lavori, sapeva trovare il tempo per l’incontro. Il suo era un amore forte e gioioso, rasserenante, ricco di delicatezze che aprivano alla confidenza. Un clima di famiglia, quello dei Becchi, che ci ricorda come ci vogliano delle regole per costruire famiglia. Ben lungi dal fare ognuno i propri comodi, vi regnava un amore molto esigente e fermo, un amore che stimolava all’impegno.

 

Tante stelle si uniscono in costellazione, come una famiglia, compresa la nostra famiglia salesiana; astri che trovano nel rapporto con Dio la forza generatrice e rigeneratrice. La famiglia salesiana non è coesa solamente mediante una relazionalità calda e sentimentale, ma l’appartenenza è un dono, una realtà non scontata,  che viene da Dio ed in Lui solo trova la forza necessaria per mantenerci uniti. Il nostro carisma traduce il comandamento dell’amore nel fare famiglia, nel sentirsi a casa; è qui che la comunione e la fraternità sono vissute nel riconoscimento semplice e spontaneo delle differenze di età, ruoli, compiti.

Ogni vocazione esiste nella comunione e in vista della comunione. E dunque la spiritualità di comunione ci deve portare a conoscere, stimare e collaborare con gli altri gruppi religiosi, con il resto di quel grande universo che è la Chiesa. Don Bosco sul letto di morte, a don Rua e a mons. Cagliero, dopo averli presi per mano, ricordò: “Vogliatevi bene come fratelli. Amatevi, aiutatevi e sopportatevi a vicenda come fratelli… promettetemi di amarvi come fratelli”.

 

Qual è il mio posto?

Quanti modi per splendere da salesiani! Ci sono i salesiani don Bosco, i salesiani cooperatori, le figlie di Maria Ausiliatrice, ex-allievi, volontarie don Bosco e molte altre forme. Ma se ancora nessuna di queste fosse il tuo modo particolare di portare luce nel mondo, non preoccuparti, don Bosco ha tanti amici che sanno brillare in maniera del tutto originale:

nell’ampio contesto di Movimento Salesiano si inserisce la realtà variegata di Amici di don Bosco: simpatizzanti, animatori, benefattori, collaboratori, consulenti, credenti e non credenti, non cristiani. Con sfumature diverse essi presentano la seguente identità:

·            rivelano un sentimento di simpatia per don Bosco, il suo spirito e la sua missione;

·            esprimono il loro attaccamento a don Bosco;

·            intendono collaborare a vario titolo ad iniziative di bene, condividendo così la missione salesiana.

Si riconosce che gli amici di don Bosco si inseriscono in un movimento più ampio dell’attuale realtà della famiglia salesiana. La loro inserzione nello spirito e nella missione di don Bosco è diversificata, con svariate gradazioni ed atteggiamenti, secondo l’immagine dei cerchi concentrici: per alcuni si tratta di un coinvolgimento diretto, per altri di partecipazione indiretta.

(dagli Atti del Consiglio Generale 24°)

 

Il cielo di Dio è ricco di fantasia. Comete, galassie, nebulose, interi universi. La costellazione salesiana vuole splendere nel mondo portando la luce del suo amore per i giovani. E tu? Ti senti “una piccola stella senza cielo” o sei pronto a far brillare la luce che ti porti dentro? A volte basta la forza di un sogno per capire qual è il nostro posto in questo grande spazio blu.

 

 

 

Chiara Bertato

chiara@donboscoland.it

 

 

 

 

Non è l’uniformità che dà lode al Signore,

ma lo Spirito, che è un vento di comunione e di libertà,

e scompagina i vecchi codici con carismi e profezia.

 

Una legge sola vi lascio per crescere nella comunione:

amatevi gli uni gli altri,

perché siamo membra gli uni degli altri,

siamo corpo gli uni degli altri,

tu mio corpo, io tuo corpo,

e insieme corpo di Cristo.

Abbiate cura gli uni degli altri.

Servitevi gli uni gli altri.

Siate sottomessi gli uni agli altri.

Portate gli uni i pesi degli altri,

sopportatevi a vicenda con amore.

 

Fratelli, noi siamo diversi:

in un mondo di isole noi siamo affidati gli uni agli altri,

sentinelle, debitori, intercessori, angeli gli uni degli altri.

 

Ermes Ronchi

 

Chiara Bertato

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