La Dottrina Sociale della Chiesa offre ai giovani una bussola per vivere con giustizia, libertà e responsabilità nel mondo di oggi. Oggi parliamo di libertà e coscienza critica
Denise Jans
«La libertà è autentica quando tende al bene; non quando si lascia trascinare dalle mode o dalle opinioni dominanti».
(Papa Francesco, Fratelli tutti, 167)
Viviamo in un’epoca che grida il valore della libertà. Ovunque si ripete: “scegli tu”, “fai quello che vuoi”, “segui il tuo cuore”. Ma troppo spesso questa libertà finisce per diventare un’illusione fragile, svuotata di verità, manipolata dai meccanismi del consumo o delle emozioni del momento.
La Dottrina Sociale della Chiesa ci ricorda che non c’è vera libertà senza verità, e che la libertà autentica è quella che cerca il bene — per sé e per gli altri. Non una libertà chiusa nel proprio mondo, ma una libertà responsabile, capace di relazione, di impegno, di coscienza critica.
Una delle più grandi trappole dell’epoca contemporanea è confondere la libertà con l’autonomia assoluta. La società dei consumi ci spinge a pensare che “sei libero se puoi avere tutto”. I social ci bombardano con l’idea che “sei libero se puoi mostrarti come vuoi”. Ma questa libertà è fragile, perché dipende dallo sguardo degli altri e dalle mode del momento.
La DSC afferma con forza che la libertà è un dono che va educato. Essa “si realizza pienamente solo quando è ordinata al vero bene della persona” (CDSC 135). In altre parole, sei davvero libero quando scegli ciò che costruisce, ciò che ama, ciò che rende giusto.
Per educarsi alla libertà, serve una bussola interiore. Questa bussola si chiama coscienza. È lì che Dio ci parla. È lì che si compie il discernimento tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. La DSC definisce la coscienza come “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, nel quale egli si trova solo con Dio” (CDSC 130).
Ma la coscienza non nasce formata: va educata. E oggi, in un mondo dove tutto è relativo, dove “ognuno ha la sua verità”, formare la coscienza è una rivoluzione silenziosa ma decisiva. È scegliere di non lasciarsi trasportare dalla corrente.
Avere una coscienza formata significa sviluppare spirito critico. Non vuol dire “lamentarsi di tutto”, ma avere occhi svegli, pensiero profondo, domande vere. Significa saper distinguere tra giusto e conveniente, tra vero e superficiale, tra bene e apparenza.
I giovani del MGS possono e devono essere voce fuori dal coro, capaci di leggere i fatti della cronaca, le mode culturali, le scelte politiche, i modelli economici… e dire: “Io ci vedo altro”. Non da soli, ma alla luce del Vangelo e con gli strumenti della Dottrina Sociale.
Don Bosco non imponeva, educava alla libertà. Il suo sistema preventivo era una palestra di responsabilità. Non puniva dopo l’errore, ma preveniva con l’amore, la fiducia, la presenza. Voleva che i giovani sapessero scegliere il bene non per paura, ma per convinzione.
Diceva: “La vera libertà consiste nel non essere schiavi del peccato”. Ma potremmo dire oggi: la vera libertà consiste nel non essere schiavi del consumo, dell’apparenza, del giudizio degli altri, della pigrizia del pensiero.
Nel nostro tempo, la parola “verità” fa paura. Si preferisce parlare di “punti di vista”, di “percezioni”, di “narrative”. Ma senza verità, la libertà si smarrisce. Per questo la DSC insiste su un punto decisivo: “La verità è la luce della ragione e la guida della volontà.” (CDSC 198)
La verità non è un dogma da imporre, ma un orizzonte da cercare. È ciò che dà senso alle nostre domande. È ciò che illumina la giustizia. È ciò che ci permette di vivere una libertà che non fa male a nessuno, ma costruisce relazioni e speranza.
Quando ho sentito di essere davvero libero? Quella libertà mi ha reso più umano, più vicino agli altri, più in pace con me stesso?
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