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La parola sicurezza non basta, serve la commozione di De Gasperi e La Pira

l mantra di questo inizio settembre è “ripartire in sicurezza”, Ma la frase ha il fiato corto se poggia sulle emozioni. Serve un di più costitutivo: la commozione


La parola sicurezza non basta, serve la commozione di De Gasperi e La Pira

 

di Vincenzo Rizzo, tratto da ilsussidiario.net

 

l mantra di questo inizio settembre è “ripartire in sicurezza”, Ma la frase ha il fiato corto se poggia sulle emozioni. Serve un di più costitutivo: la commozione

 

 

In questo strano inizio di settembre la frase che passa di bocca in bocca è: “ripartire in sicurezza”. La parola “sicurezza” è diventata un mantra ripetuto da ignoti parlamentari, da burocrati di lungo corso e da improbabili ministri venuti fuori dal vuoto politico. Tutti concordano sulla sicurezza con accenti, sfumature e intenti diversi. Tuttavia questa parola dimostra subito di avere il fiato corto di fronte al tempo dell’incertezza e del mistero. Non sappiamo veramente cosa accadrà. Ce la faremo?

 

Insomma, la parola “sicurezza” è importante, ma non basta a ripartire veramente. E si dimostra debole, soprattutto, sulle labbra di chi in politica ha basato il suo successo su rabbia e disprezzo. Il cambio di passo è troppo stridente ed evidenzia la debolezza della proposta politica passata. Neanche i giornalisti neognostici, che trovano corruzione dappertutto e rigorosamente sempre negli altri, riescono a consolare i loro lettori rispetto a un male subdolo. E allora che fare?

 

Nussbaum in Emozioni PolitichePerché l’amore conta per la giustizia (Il Mulino) dimostra l’importanza del sentire, dell’essere colpiti interiormente nella vita e in politica. La tradizione greco-cristiana, peraltro, sottolinea l’importanza del pudore come elemento decisivo e costitutivo dei legami nella città.

 

Platone nel Protagora sostiene che Zeus, temendo per la distruzione della specie umana: “inviò Ermes, perché portasse il Pudore e la Giustizia, affinché servissero da ordinamento della città e da vincoli costituenti unità di amicizia”. Il Pudore è, insomma, ciò che ci fa rendere conto della nostra intimità, della nostra nudità, del nostro limite. È ciò che ci fa percepire linee da non valicare, situazioni da evitare, incarichi superiori alle nostre forze da non assumere.

 

Il Pudore è, però, oggi molto difficile da vivere e non solo per il nichilismo gaio dei nostri tempi, ma per uno spostamento della frontiera nell’umano. La cinica mancanza di pudore era in passato qualcosa di riguardante il corpo, ora, invece, tocca proprio il fondo dell’anima. Non si nasconde nulla e non ci si vergogna più di niente: brama di potere, crassa ignoranza, festini del nulla, indifferenza esibita verso chi soffre, palese incompetenza nella cosa pubblica, razzismo ostentato eccetera.

Insomma, oggi Zeus, rispetto a una situazione che Teofrasto avrebbe definito di Pazzia morale, qualche difficoltà ce l’avrebbe a mandare sulla terra solo il povero Ermes. Allora la domanda diventa ancora più urgente: da che cosa ripartire?

 

La storia, quella fatta da piccoli uomini che lottano, vivono, soffrono senza sapere come andrà la loro vita e quale sarà il loro destino, ci parla. La nostra Italia, dopo la Seconda guerra mondiale, è ripartita veramente, non da un’emozione reiterata (indignazione, tristezza, vendetta eccetera) o da pie iniziative ricostruttive, ma da un “di più” costitutivo: la commozione.

 

De Gasperi, infatti, chiese, in prestito, a un amico il cappotto nuovo ed elegante per andare a parlare con i politici americani alla Casa Bianca. Non poteva chiedere un cappotto allo Stato, non solo per pudore: era un io commosso. Dentro di lui c’era la memoria della sofferenza di un popolo e con lui si muoveva un popolo. E c’era non un calcolo politico, una convenienza politica, ma il tremito per il destino di una Nazione in ginocchio. E la coscienza ferita che i dolori di tutti sono i dolori di Uno.

 

Quando La Pira, vivo nella fede, si recò subito dopo l’alluvione di Firenze ad aiutare concretamente i suoi concittadini così colpiti, molti rispondevano: “risorgeremo!”. Firenze era colpita, era a terra: ma dalla terra emergeva con tutta la debolezza mortale, contemporaneamente, tutto il desiderio di rinascere.

 

Come dimenticare allora chi ci ha lasciati in modo così drammatico in questi mesi? E le file dei camion dell’Esercito a difesa della loro memoria? E i nostri carabinieri angeli dell’ossigeno? O i volti dei medici e degli infermieri segnati dalla fatica, dal dolore, dalla lotta? E i sacerdoti che si sono prodigati per portare aiuto e assistenza spirituale? E la commovente testimonianza di Papa Francesco in Piazza San Pietro, mendicante per il Bene di tutti?

 

Ognuno di noi può ripartire con un tremore nel cuore, anche con paura e con un senso di inadeguatezza rispetto agli eventi, ma con una segreta commozione: quella che fa muovere un popolo. E con una sicurezza dell’altro mondo. 

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