Una serie di dialoghi tra quattro giovani pensatori che, nei luoghi quotidiani della vita, si confrontano sulle grandi domande dell’esistenza.
Vitaly Gariev
Io sono Alessio, ho 18 anni. Ho una mente logica e concreta: cerco ordine nelle cose e mi sento bene quando riesco a dare forma ai miei pensieri. Amo le idee chiare, anche se sto imparando che la vita parla anche attraverso ciò che non posso controllare.
Io sono Marta, ho 20 anni. Guardo il mondo con sensibilità e apertura. Le domande le vivo dall’interno, e ciò che mi tocca lo sento profondamente. Le emozioni non mi spaventano: spesso sono loro a indicarmi la strada verso ciò che è vero.
Io sono Luca, ho 23 anni. Sono diretto, a volte spigoloso, e tengo i piedi per terra. Vedo ciò che non funziona e non ho paura di dirlo. Dentro la mia durezza, però, abita un desiderio sincero di autenticità che continua a chiedermi onestà.
Io sono Sofonia, poco più che trentenne. Porto con me un silenzio che nasce da ferite attraversate e domande che non si lasciano zittire. Ho imparato ad ascoltare ciò che si muove sotto la superficie delle cose, dove luce e ombra si sfiorano. Parlo poco, perché so che alcune verità si rivelano solo a chi accetta il mistero.
Il sentiero del parco era ancora umido per la notte appena passata. Tra gli alberi, una luce tenue filtrava come un invito alla calma. Camminavano senza fretta, lasciando che il mattino facesse emergere i pensieri con il suo ritmo lento e discreto.
Marta: A volte penso che la felicità sia qualcosa che arriva quando meno te lo aspetti. Una parola gentile, un gesto semplice, un momento in cui senti che non devi dimostrare nulla. Però è strano: più cerco di tenerla stretta, più mi sembra di perderla.
Alessio: Anche a me succede, ma credo che una parte della felicità dipenda dall’avere una direzione. Aristotele diceva che ogni cosa tende a un fine, e forse anche noi stiamo bene quando sappiamo dove stiamo andando. Quando riesco a mettere un po’ d’ordine nella mia giornata, mi sento più centrato.
Luca: Io non so se questa cosa del “fine” funzioni davvero. Conosco persone che hanno tutto in ordine, eppure sono infelici. A me la felicità sembra più una parentesi, un lampo. Forse si vede meglio quando la vita pesa, come una specie di chiarezza che viene fuori proprio perché le cose non sono semplici.
Marta: Però non è solo una parentesi, secondo me. Ci sono momenti in cui senti che ciò che vivi è vero. Anche se dura poco, ti cambia. È come una luce discreta che non abbaglia ma illumina lo stesso.
Alessio: Forse allora la felicità è fatta di più dimensioni. Quella che sentiamo, quella che pensiamo, e quella che proviamo davvero a vivere. Quando queste parti si avvicinano, anche solo per un attimo, è lì che mi sembra di respirare meglio.
Luca: Sì, ma non può dipendere solo da come ci sentiamo. A volte la felicità è decidere di andare avanti, anche se non hai nessun motivo evidente per farlo.
Sofonia aveva ascoltato in silenzio, lasciando che le loro parole trovassero spazio. Poi si avvicinò di un passo, come si fa quando si vuole condividere qualcosa senza interrompere.
Sofonia: Mi sembra che stiate toccando tre movimenti diversi della felicità. C’è la felicità come luce che sorprende, quella che arriva nei momenti sinceri. C’è la felicità come coerenza, quando la nostra vita trova un suo ordine interno. E c’è la felicità come resistenza, quella che non brilla ma sostiene. Non sono in contrasto tra loro: sono tre modi con cui la realtà ci parla.
Marta: Allora non è qualcosa da afferrare.
Sofonia: Forse è qualcosa da custodire. I sapienti dell’antichità non la pensavano come un tesoro da possedere, ma come un’armonia profonda tra ciò che desideriamo e ciò che viviamo. Non un’emozione, ma un accordo dell’essere.
Luca: E questo accordo come si trova?
Sofonia: È un cammino. E ogni cammino inizia da una domanda che accompagna, più che rispondere: quale piccolo bene, oggi, ha fatto vibrare la nostra vita in modo un po’ più vero?
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