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L'estasi della Storia La messa della Notte

Natale è il fondamento del sogno che tutti facciamo con Isaia: il lupo e l'agnello pascoleranno insieme, il bambino giocherà con la vipera, gli strumenti di guerra saranno trasformati in giuochi, l'uomo e la donna saranno finalmente due in una carne sola, il violento e l'inerme si riconcilieranno.


L'estasi della Storia La messa della Notte

da Teologo Borèl

del 24 dicembre 2007

 

 

Dal Vangelo secondo Luca (2,1-14)

 

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

¬´Gloria a Dio nel pi√π alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

 

 

 

 

Natale è il fondamento del sogno che tutti facciamo con Isaia: il lupo e l’agnello pascoleranno insieme, il bambino giocherà con la vipera, gli strumenti di guerra saranno trasformati in giuochi, l’uomo e la donna saranno finalmente due in una carne sola, il violento e l’inerme si riconcilieranno.

Un sogno gioioso pieno dell’incoscienza di chi spera. Vediamo un mucchio di rovine, eppure cantiamo al futuro. Perché Cristo oggi si innesta sul vecchio tronco dell’umanità e lo riempie di gemme, entra nelle nostre ferite e le riempie di luce, E solo lui che dà consistenza alla vita, che riempie di eternità tutto ciò che portiamo nel cuore.

Aspettavamo la pace. Quando verrà la pace, dicevamo, sarà un altro vivere. E invece della pace è venuto un equilibrio di paure, un pareggio di violenze, al massimo sono sopraggiunte delle tregue che assomigliano al fermarsi un momento per riprendere fiato.

La pace, dicono gli angeli a Betlemme, è per gli uomini che hanno volontà di cose buone, che hanno volontà d’amore. Chi ci darà questa volontà che non è spontanea, non è un frutto della nostra terra?

Solo Colui che viene come un Bambino, un neonato che non può aggredire, che si affida alle tue mani, che vive solo se è amato. Questo neonato, una manciata di calore e di voce, dice che Cristo da sempre nasce in uomini che vogliono diventare tanto piccoli e tanto liberi da essere incapaci di aggredire, di odiare, di minacciare, uomini tanto liberi e tanto ingenui da pensare con il cuore.

A costoro l’angelo dice: vi annuncio una grande gioia (e dove c’è più gioia, lì è più verità, l’abbiamo sperimentato tutti), oggi è nato per voi un Salvatore. Salvare significa conservare. Tu sarai conservato, per sempre, come cosa preziosa nelle mani di Dio, diadema sulla sua fronte, dice Isaia. Nulla andrà perduto, nulla degli amori, delle lacrime, delle speranze. Perché Dio ora è dentro la carne. E se tu devi piangere anche lui imparerà a piangere. E se tu devi morire, anch’egli conoscerà in pienezza la morte.

L’incarnazione di Dio è la certezza che la nostra carne in qualche sua radice è santa, che la nostra storia in qualche sua pagina è sacra. E guardando il fratello nessuno potrà più dire: qui finisce Dio, qui comincia l’uomo, perché Creatore e creatura sono abbracciati. Finito e infinito sono dentro di noi in miscela prodigiosa per intensità di progetti, per vigore di trasformazione. Dio si è fatto uomo perché l’uomo si faccia Dio. Non potevamo desiderare avventura maggiore. Natale è davvero l’estasi della storia.

Il Verbo si è fatto carne, ma alla fine sarà la nostra carne a diventare Verbo, parola luminosa, parola esclusivamente d’amore. Fino a che Cristo sia tutto in tutti.

 

 

Oggi nella città di Davide vi è nato un salvatore, che è il Cristo Signore 

(Luca 2,1-14)

 

In questa notte così simile a tante altre notti,

rnentre gli aerei solcano il cielo,

le auto sfrecciano sulle autostrade

e i treni trasportano il loro carico di umanità,

tu ci offri, proprio come duemila anni fa,

il segno che è per tutti:

un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia.

 

In mezzo al trambusto della festa

tu ci strappi ai nostri regali,

alle notizie liete e tristi che ci giungono

da ogni parte della terra,

alle variazioni dei mercati e delle borse,

alle turbolenze dell’economia e della politica

e ci trascini davanti alla capanna del presepio

perché contempliamo quel Bambino

che è il tuo Figlio,

offerto per la gioia e la pace di questo mondo

così convulso e sconvolto,

così diviso e lacerato,

così percorso da pene e miserie.

 

Sì, è questa la tua risposta alle nostre attese più profonde:

un piccolo d’uomo, fragile e indifeso,

nato in un alloggio di fortuna,

deposto sulla paglia di una mangiatoia.

Il tuo Figlio è venuto ad abitare in mezzo a noi

per condividere in tutto la nostra vita,

per versare lacrime, sudore e sangue

e trasfigurare questo suolo conteso

in un giardino di fraternità e d’amore.

 

 Roberto Laurita

Ermes Ronchi

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