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Intervento tenuto all'Harambée 2005: «Mandati come famiglia missionaria»

La realizzazione dell'Harambeé al Colle deve aiutarci a rinnovare il nostro impegno, come Famiglia Missionaria, a rendere realtà il sogno di Dio e i sogni di Don Bosco, quello che ebbe qui al prato vicino a casa sua, e che contiene tutta la sua vocazione e missione al servizio dei giovani, ma in particolare quello del 1881, da Valparaiso, nel Cile, a Pecchino, nella Cina, e che ci fa vedere la sua anima missionaria...


Intervento tenuto all'Harambée 2005: «Mandati come famiglia missionaria»

da Rettor Maggiore

del 30 settembre 2005Carissimi fratelli e sorelle, amici di Don Bosco, giovani...

eccoci qui radunati, ancora una volta, in occasione della nuova spedizione missionaria salesiana, per la celebrazione della Harambeé 2005, che questo anno ha preso come motto “Mandati come Famiglia Missionaria”. Gli organizzatori hanno cercato di impostare il loro lavoro di animazione missionaria a partire della strenna per il prossimo anno 2006.

Innanzitutto vorrei farvi prendere coscienza del luogo che ci accoglie, vale a dire, Colle, culla delle origini del nostro caro padre Don Bosco e anche del suo “sogno”, che è il sogno di Dio, che vuole che tutti gli uomini e donne si salvino ed raggiungano la conoscenza di Cristo Gesù. Questo è dunque il nostro sogno, perché siamo la Famiglia spirituale e apostolica di Don Bosco.

La realizzazione dell’Harambeé al Colle deve aiutarci a rinnovare il nostro impegno, come Famiglia Missionaria, a rendere realtà il sogno di Dio e i sogni di Don Bosco, quello che ebbe qui al prato vicino a casa sua, e che contiene tutta la sua vocazione e missione al servizio dei giovani, ma in particolare quello del 1881, da Valparaiso, nel Cile, a Pecchino, nella Cina, e che ci fa vedere la sua anima missionaria.

Il Signore continua a cercare e chiamare collaboratori disponibili per il suo meraviglioso disegno di salvezza dell’intera umanità. Mi auguro che la Eucaristia d’invio della spedizione missionaria salesiana 130 che faremo fra poco sarà il detonante che libererà tutta la energia spirituale e la generosità di cuore di tutti voi.

 

 

Dall’Harambée 2004 all’Harambée 2005

 

Ma che cosa è accaduto dall’anno scorso in cui ci siamo trovati, anche allora in questo stesso luogo?

Non c’è dubbio che, a livello mondiale e di Chiesa, è stato un anno ricolmo di eventi trascendentali che hanno occupato un grande spazio nei mezzi di Comunicazione Sociale. Solo a mo’ di esempio, vi ricordo alcuni:

 

1)     Lo “tsunami”

Penso che nessuno di quanti hanno visto le scene sconvolgenti della natura scatenata, dopo il terremoto che colpì la Indonesia, nell’onda anomala (“tsunami”) che portò con se devastazione, migliaia di morti, sofferenza e disperazione nel Sudest Asiatico (Indonesia,  Sri Lanka e costa sud orientale dell’India), dimenticherà quel quadro dantesco. E questo un giorno dopo la celebrazione del Natale!

Grazie a Dio, a questo tsunami naturale subentrò uno tsunami umano fatto da simpatia, compassione, solidarietà ed impegno per dare speranza e costruire futuro per le vittime della immane tragedia.

Colgo l’occasione per ringraziare il coinvolgimento di tutta la Famiglia Salesiana che vi si fece presente nei modi più variegati per venire incontro ai bisogni della popolazione, e tuttora ci vede impegnati nel grande progetto di ricostruzione.

 

2)     La malattia, morte e funerali di Giovanni Paolo II

Sono convinto che nessuno si avrebbe mai immaginato la reazione che avrebbe provocato nella opinione pubblica mondiale la fine della vita del Papa Giovanni Paolo II, come stette a dimostrarla l’affluenza di milioni di persone a Piazza San Pietro, la presenza dei grandi capi di Stato, leader religiosi nei suoi funerali, e il fenomeno televisivo insperato per un evento del genere. 

Ci lascia un testamento spirituale – la sua difesa serrata a favore dell’Uomo, che non trova il suo pieno significato e non raggiunge il suo vero traguardo se non in Cristo, vero Dio e vero Uomo – e un testamento pastorale, quella magnifica “carta di navigazione” per la Chiesa nell’alba del secolo XXI, che è la Novo Millennio Ineunte.

Nella testimonianza che scrissi il giorno anteriore alla sua scomparsa, dicevo:

«Anche se trovo difficile esprimere in pochi tratti una figura eccezionale come la sua, che a ragione è stato già dichiarato “Giovanni Paolo Magno”, tuttavia mi azzardo ad offrire la mia personale testimonianza del Papa che ho conosciuto in lui.

·        Giovanni Paolo II è stato un uomo straordinario, per la sua spiccata sensibilità per la persona umana, per la sua dignità e i suoi diritti. Basta pensare come si è battuto per le principali cause del mondo, per riconoscere che “nulla che fosse veramente umano gli era estraneo”.

·        Giovanni Paolo II è stato una figura carismatica, capace di convocare milioni di persone attorno a sé per la sua autenticità, il suo coraggio, la sua coerenza. Non fa meraviglia che fino alle ultime indagini sulla credibilità dei leader mondiali egli abbia continuato ad essere il più quotato.

·        Giovanni Paolo II è stato un cristiano convinto, sin dalla sua giovinezza, che ha saputo costruire la sua straordinaria personalità trovando ispirazione ed energia nel Signore Gesù e nel suo Vangelo. La sua vita, ma anche la sua “passione” sono un riflesso fedele del Signore Gesù, al quale consacrò la sua vita, seguendone le orme e modellando su di Lui l’intera sua esistenza.

·        Giovanni Paolo II è stato un cittadino del mondo, che si è impegnato senza opportunismi nelle grandi cause che affliggono l’umanità, che nel suo ultimo discorso al Corpo Diplomatico accreditato davanti alla Santa Sede ha sintetizzato in quattro parole: vita, pane, pace e libertà. Sotto questo profilo a volte ha potuto esser stato visto o giudicato persino come un grande statista.

·        Giovani Paolo II è stato un Papa che ha guidato la Chiesa in questa fase della storia, alla fine del secondo millennio e all’inizio del terzo, per ben 26 anni, caratterizzati dalla lotta contro il comunismo, contro ogni forma di violenza, di sopruso ed ingiustizia, contro l’attuale neoliberismo selvaggio, e non di meno contro il terrorismo, con decisione, con intraprendenza, con ‘parresia’, con fedeltà.

·        Giovanni Paolo II è stato un comunicatore straordinario, che si è servito dei grandi mezzi di comunicazione per raggiungere il maggiore numero di persone e far arrivare ovunque la “buona notizia”.

·        Giovanni Paolo II è stato un Successore di Pietro, che ha saputo preservare “il deposito della fede”, in un tempo di tanto relativismo e smarrimento, senza cedere a pressioni o compromessi.

·        Giovanni Paolo II è stato un buon pastore, che ha camminato, come pellegrino, fino ai confini del mondo, annunciando Gesù Cristo con libertà e con gioia, poggiando sempre i suoi passi sul pastorale e fissando lo sguardo sulla croce».

Noi Salesiani e membri della Famiglia Salesiana, che abbiamo preso l’impegno di ringiovanire il volto della Chiesa, che è la madre della nostra fede, possiamo dire che Giovanni Paolo II ci ha preceduti e ci ha lasciato un esempio da seguire. In effetti, egli ha amato la Chiesa come la si deve amare, spendendo tutte le sue energie per essa. Egli ha ringiovanito la Chiesa, perché ha creduto ai giovani, li ha convocati da tutte le nazioni del mondo, ha saputo parlar loro di Gesù, ed ha additato loro vette alte da raggiungere: li ha invitati a non essere mediocri, a non conformarsi od essere dei consumatori e degli spettatori, ma ad essere “le sentinelle del mattino”, ad essere “i santi del terzo millennio”.

Il suo appello «Salesiani, siate santi», rivoltoci durante il Capitolo Generale 25, continua ad essere un programma per tutti noi!

Oggi insieme le diciamo: caro Papa Woytiła, un grazie dal profondo del cuore per quello che ci hai dato: un esempio di uomo, di credente, di pastore; e per quello che sei stato: un discepolo amante e fedele del Signore Gesù e un figlio servizievole e generoso della Chiesa.

 

 

3)                Il Conclave, l’elezione ed inizio di pontificato di Benedetto XVI

Ho avuto la fortuna di partecipare all’eucaristia di inaugurazione del Pontificato di Benedetto XVI, e anche di nuovo ho potuto essere testimone di una incomparabile esperienza di Chiesa e del ruolo che questa è chiamata a giocare nel mondo d’oggi.

Ebbene, nella sua omelia – veramente programmatica, anche se lui stesso ha detto che non aveva nessun programma e che voleva soltanto ascoltare Dio e fare la sua volontà –, spiegando i due simboli che si danno a un Papa come segno del suo ministero (il palio e l’anello), Benedetto XVI ci invitava a collaborare nel suo ruolo di “pastore” facendo nostra “la santa inquietudine di Cristo… per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto”. E dava contenuto a questa parola, quando esplicitava il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto, il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. “La Chiesa nel suo insieme, ed in Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza”. Come Don Bosco, noi membri della Famiglia Salesiana, rinnoviamo la nostra vocazione nella Chiesa di “pastori dei giovani” con la missione di condurli a Cristo, l’unico che non delude le loro attese più profonde e appaga la loro fame e sete di vita, di felicità ed amore.

Oggi, adunati in questa Harambeé, accogliamo l’appello del Santo Padre, Benedetto XVI, che ci ha chiesto di non lasciarlo solo nello svolgimento del ministero petrino, che gli è stato affidato. Gli saremo vicini con l’affetto sincero, cordiale, come farebbe Don Bosco, e collaboreremo con lui nella sua missione pastorale di “prendere il largo nel mare della storia e gettare le reti per conquistare gli uomini al Vangelo”, portandoli “fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio”. Ecco, cari fratelli e sorelle, giovani il nostro impegno come Famiglia Missionaria.

 

4)                La Giornata Mondiale della Gioventù a Koeln

Anche a Köln la presenza massiccia di quasi un milione di giovani venuti da tutte le parti del mondo, che hanno risposto con gioia e generosità all’ultima convocazione fatta da Papa Woytiła e ribadita dal suo successore, è stata una nuova manifestazione della grandezza di animo, di fede, di impegno dei giovani, che non si accontentano d’essere consumatori o semplicemente spettatori di una storia che cambia velocemente e profondamente, ma vogliono essere protagonisti ed agenti di cambio.

L’icona dei Magi, suggerita di forma naturale dal Duomo di Colonia che ha il privilegio di conservare le loro preziose reliquie, richiamava l’itinerario di fede che tutti siamo chiamati a realizzare dietro l’esempio di quelle antiche figure dei Magi, che ci vengono offerte come “stella” del cammino dell’uomo moderno sulle vie di Dio, e soprattutto come modello per i giovani convenuti a Colonia per adorare il Signore che non cessa di manifestare il suo mistero d’amore nell’Eucaristia.

 

      5)                L’anno dell’Eucaristia

La celebrazione della GMG a Colonia ha coinciso con la fase finale dell’Anno dell’Eucaristia indetto da Giovanni Paolo II. Il tema specifico della giornata, sin dalla sua indizione, ha voluto rimarcare sia la dimensione eucaristica dell’incontro mondiale dei giovani sia la peculiare attinenza del tema con la storia religiosa e culturale di Colonia. «Siamo venuti per adorarlo».

Sull’esperienza del pellegrinare dei Magi verso il mistero di Gesù Cristo, e sull’esempio dei grandi santi, il Pontefice ha proposto ai giovani convenuti a Colonia una serie di meditazioni ricche di dottrina teologica, dense di spiritualità, volte sempre ad aprire cuore e mente, intelligenza e volontà, alla ricerca dell’Assoluto che è Dio, all’adorazione e lode del suo infinito amore, donato in Gesù Cristo e presente nell’Eucaristia, fonte di gioia cristiana, una gioia di trasmettere al mondo moderno. Il messaggio finale che Benedetto XVI ha affidato ai giovani di Colonia nell’omelia della celebrazione conclusiva ha richiamato l’immagine della «fissione nucleare»: l’Eucaristia, per la potenza dell’amore infinito di Dio, opera tale “fissione” nell’intimo più nascosto dell’uomo, nel suo cuore, facendo sì che ogni essere umano che la fortuna – come gli antichi Magi – d’incontrare Cristo e il suo Vangelo, torni alla propria casa per aliam viam (cfr. Mt 2,10), ossia trasformato nel cuore e nella vita, animato dalla “grandissima gioia” (Mt 2,10) di aver visto “la stella”, ossia Cristo Gesù luce del mondo.

Ecco l’appello accorato, cari miei, di essere uomini e donne eucaristici. E vi ricordo che l’essenza della coscienza eucaristica è:

·        la convinzione che se Dio ci ha amati fino al punto di darci il proprio Figlio, anche noi dobbiamo amarci allo stesso modo;

·        la convinzione dunque che esistiamo per la auto-donazione, la prontezza per spezzarci per gli altri;

·        la convinzione che solo attraverso la totale consegna di noi agli altri impariamo a crescere in Cristo;

·        la convinzione che solo attraverso la donazione nostra seguendo Gesù possiamo costruire la Chiesa;

·        la convinzione che esistiamo per questo solo proposito, per la nostra pienezza in Cristo, fino a raggiungere la sua statura;

·        la convinzione che ogni azione, pensiero, parola, deve essere ispirata da questa totale gratuità.

 

6)                Strenna 2005: Ringiovanire il volto della Chiesa

E come si dice in inglese, last but not least, questo anno è stato marcato dal programma spirituale e pastorale che avevo additato a tutta la Famiglia Salesiana: ringiovanire il volto della Chiesa e celebrare così il 40 anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, una data che non poteva essere silenziata perché rappresenta per noi il modello di Chiesa che siamo chiamati ad essere e far crescere.

Immagino che avete visto quanti Congressi, Simposium, Incontri e conferenze si sono organizzati in tutto il mondo per celebrare quella Pentecoste della Chiesa, attraverso il quale Dio ha voluto rinnovarla, ringiovanirla, facendola Sacramento di salvezza, Popolo di Dio, Luce delle Genti.

Sono lieto di vedere la splendida accoglienza che ha avuto la strenna e le iniziative cui ha dato origine per far sì che le nostre comunità e opere fossero più chiaramente al servizio della testimonianza, dell’ evangelizzazione, della liturgia, della comunione.

Anche se ho già reso pubblico il tema della strenna del 2006 (assicurare una cura particolare alla famiglia, culla della vita e dell’amore, e luogo primario di umanizzazione), quella del 2005 continua ad essere valida. A questo proposito è assai interessante costatare come questo tema del “ringiovanimento della Chiesa” sia evocato da Benedetto XVI una ed altra volta.

 

E concludo invitandovi a diventare sempre di più una famiglia missionaria. Questo è un marchio della Famiglia di Don Bosco, del carisma salesiano.

Non cedere mai alla tentazione di pensare che le vostre attività o luoghi sono insignificanti. Tutto quanto fate per il Signore è grande, e non ci sono luoghi insignificanti come lo sta a dimostrare Betlemme, Colle, o Calcutta.

Mente contempliamo riconoscenti lo sviluppo meraviglioso del carisma salesiano, oggi presente in tutti i continenti, in 130 paesi del mondo, e rendiamo grazie a Dio e ai nostri missionari, accogliamo le sfide che troviamo ancora:

·        il vangelo è ancora sconosciuto dalla vasta maggioranza dei popoli dell’ Asia;

·        dove il vangelo è stato predicato e la popolazione è stata battezzata, una vita davvero ispirata a Cristo e ai valori del vangelo è ancora lontana: la gente è battezzata, ma non evangelizzata;

·        assistiamo in molti parti di occidente a un secolarismo tale che si è impostata una visione antropologica senza Dio, tornando i paesi a forme di neopaganismo e rendendoli terra di missione;

·        e malgrado il progresso economico, sono miliardi di uomini e donne che vivono nella povertà estrema, a livello di sopravivenza, e richiamo il nostro intervento solidale, pieno di compassione.

 

Rinnoviamo dunque la nostra sensibilità missionaria vivendo, celebrando e proclamando la nostra fede inerente alla vocazione cristiana lì dove viviamo e operiamo, e rendendoci disponibili anche per la “missio ad gentes”.

 

 

Don Pascual Ch√°vez V.

Colle Don Bosco – 25 settembre 2005

don Pascual Ch√°vez Villanueva

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