Il sogno dei 9 anni

I sogni di don Bosco

Nell’anno bicentenario del sogno dei nove anni di Don Bosco riportiamo ogni mese uno dei suoi “sogni” più famosi. In questa prima puntata presentiamo proprio il sogno che cambiò la vita di Giovannino Bosco.

“All'età di nove anni circa ho fatto un sogno che mi rimase profondamente impresso per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa, in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli che si trastullavano. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. All'udire quelle bestemmie mi sono subito slanciato in mezzo di loro, adoperando pugni e parole per farli tacere. In quel momento apparve un Uomo venerando, in età virile, nobilmente vestito. Un manto bianco gli copriva tutta la persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non poteva rimirarla. Egli mi chiamò per nome, e mi ordinò di pormi alla testa di quei fanciulli, aggiungendo queste parole: 
- Non colle percosse, ma colta mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a far loro un'istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù. 

Confuso e spaventato soggiunsi che io era un povero ed ignorante fanciullo, incapace di parlare di religione a quei giovanetti. In quel momento quei ragazzi cessando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccolsero tutti intorno a colui che parlava. Quasi senza sapere che mi dicessi: 

- Chi siete voi, soggiunsi, che mi comandate cosa impossibile?  
- Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili con l'obbedienza e con l'acquisto della scienza.  
- Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?  
- Io ti darò la Maestra, sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.  
- Ma chi siete voi che parlate in questo modo?  
- Io sono il Figlio di Colei che tua madre ti ammaestrò di salutare tre volte al giorno.  
- Mia madre mi dice di non associarmi con quelli che non conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.  
- Il mio nome domandalo a mia madre. 

In quel momento vidi accanto a lui una Donna di maestoso aspetto, vestita di un manto che risplendeva da tutte parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi ognor più confuso nelle mie domande e risposte, mi accennò di avvicinarmi a Lei, che presomi con bontà per mano: 
- Guarda! - mi disse. 
Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti, ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, di gatti, di orsi e di parecchi altri animali. 
- Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare, continuò a dire quella Signora. Renditi umile, forte, robusto: e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo pei figli miei.  
Volsi allora lo sguardo, ed ecco, invece di animali feroci, apparvero altrettanti mansueti agnelli, che tutti saltellando correvano attorno belando, come per far festa a quell'Uomo e a quella Signora.  A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai quella Donna a voler parlare in modo da capire, perciocchè io non sapeva quale cosa si volesse significare. Allora Ella mi pose la mano sul capo dicendomi: 
- A suo tempo tutto comprenderai. 

Ciò detto, un rumore mi svegliò, ed ogni cosa disparve. Io rimasi sbalordito. Sembravami di avere le mani che facessero male pei pugni che aveva dato, che la faccia mi dolesse per gli schiaffi ricevuti da que’ monelli; di poi quel Personaggio, quella Donna, le cose dette e quelle udite mi occuparono talmente la mente, che per quella notte non mi fu più possibile prendere sonno. 
 

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