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Il simbolo di questo nostro tempo

...di Gianfranco Ravasi.Qual è la ragione ultima e profonda di questo corale, planetario, appassionato amore per Giovanni Paolo II? Tutti, certo, prevedevano che sarebbero accorse folle per i funerali, ma io penso che gli stessi uomini di Chiesa siano rimasti stupiti non solo per l''eccesso' così debordante e quantitativo delle presenze ma anche per l''eccesso' qualitativo e unico di questa partecipazione.


Il simbolo di questo nostro tempo

da Teologo Borèl

del 08 aprile 2005

 Qual è la ragione ultima e profonda di questo corale, planetario, appassionato amore per Giovanni Paolo II? Tutti, certo, prevedevano che sarebbero accorse folle per i funerali, ma io penso che gli stessi uomini di Chiesa siano rimasti stupiti non solo per l''eccesso' così debordante e quantitativo delle presenze ma anche per l''eccesso' qualitativo e unico di questa partecipazione.

Di fronte a questa domanda, in verità, non sono mancate finora le risposte da varie angolature. Eppure, l'imprevedibile e unico evento corale di questi giorni sembra andare oltre queste e altre spiegazioni pur fondate. C'è appunto un 'oltre' che travalica il puro e semplice successo che accompagna una personalità famosa. Sappiamo d'altronde bene quanto ambiguo sia il successo, anche per uomini religiosi: può essere effervescenza momentanea, 'sollevamento di polvere', come diceva lo scrittore Luciano Bianciardi, e dobbiamo certo mettere in conto anche questo aspetto. Tuttavia, di fronte ai volti e alle storie delle persone che ora in fila attendono in piazza S. Pietro, le categorie 'successo', 'fama', 'popolarità' sono insufficienti, come appaiono esserlo la stessa devozione o la sacralità. E, allora, quale altra risposta cercare?

Ne tenteremo una di taglio non teorico (tanto meno 'teologico') ma più immediata e spontanea, sul modello di quell'atteggiamento che nella Bibbia si chiamerebbe 'sapienziale'. Abbiamo assistito alla scomparsa di persone amate da settori specifici del pubblico: pensiamo alle morti di cantanti come Elvis Presley o John Lennon e all'emozione vissuta da folle di giovani o di appassionati della loro musica. Lo stesso si è verificato per la scomparsa di sportivi, di personalità civili o politiche, di fondatori di istituzioni o comunità religiose, di testimoni di carità e così via. Ma il coinvolgimento er a sempre settoriale e spesso non strettamente personale. Mai l'universalità e l'intensità sono state così omogenee come nel caso di Giovanni Paolo II.

E questo perché egli è stato forse l'unico vero 'simbolo' del nostro tempo. 'Simbolo', come è noto, significa etimologicamente 'mettere insieme' realtà diverse, persino opposte, assegnando ad esse un valore superiore. In lui tutti si sono identificati e si sono ritrovati, pur nella diversità delle loro esperienze. Era l'umanità intera nel suo spettro multicolore che trovava in lui il suo 'colore' più caro e personale, cioè la sua identità autentica e la sua attesa. Per dirla col Salmo 148, in lui 're della terra e popoli tutti, governanti e giudici, giovani e ragazzi, vecchi e bambini' si rispecchiavano. Culture e religioni differenti, esperienze rigorose e aperture libere, stati sociali e storie individuali scoprivano di 'esserci' nell'iridescenza della sua personalità, sentendolo così fratello e padre in modo esclusivo, anche se egli aveva altre dimensioni in cui altri si riconoscevano. Accadeva, quindi, che ciascuno lo sentisse unico per sé ed è per questo che il dolore per la perdita è vissuto in modo unico ed esclusivo.

Eppure, Giovanni Paolo II ha compiuto questo 'miracolo' non sciogliendosi in una vaga metafora spirituale. E' stato un uomo reale che ha affermato con vigore la sua identità cristiana e il suo ministero. E questo, anziché respingere, ha creato un ulteriore elemento di coagulo, quello della verità e dell'autenticità della sua fede e del suo pensiero, elementi di fascino indiscusso anche per chi quella fede e quella visione non possedeva. Diverso e unico, quindi, volto di tutti eppure con un suo profilo netto e nitido. In questo paradosso di molteplicità e unità sta forse la rispo sta alla domanda che ci siamo posti.

mons. Gianfranco Ravasi

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