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Il significato della corona d'Avvento

Uno dei segni dell'Avvento è la corona con quattro candele che simboleggiano le quattro settimane del tempo d'Avvento. Per comprenderne il significato, ZENIT ha intervistato Juan Javier Flores Arcas, osb, Rettore del Pontificio Istituto Liturgico dell'Ateneo Sant'Anselmo di Roma.


Il significato della corona d’Avvento

da Teologo Borèl

del 29 novembre 2005

Qual è il significato delle quattro candele della corona d’Avvento?

 

Flores: Ogni tempo liturgico ha i propri segni che lo contraddistinguono. Anche l’Avvento ha i suoi. La corona d’Avvento ha origine nel Nord d’Europa, precisamente in Scandinavia, e negli ultimi anni è entrata con forza nelle nostre comunità cristiane. Essa consiste in un supporto circolare rivestito di rami verdi (senza fiori) sul quale vengono collocate quattro candele (il colore viola sarebbe quello più appropriato).

 

Queste candele simboleggiano le quattro settimane del tempo d’Avvento e vengono accese una ogni domenica. La corona deve essere collocata in un luogo visibile del presbiterio, vicino all’altare e vicino al pulpito, su un tavolino o su un tronco d’albero, o pendente dal soffitto.

 

Oltre a questo luogo specifico della Chiesa, la corona può essere collocata ad esempio come centro tavola in un ambiente domestico?

 

Flores: Nei Paesi tedeschi si è soliti anche portarla a casa e collocarla in luoghi particolari per significare l’attesa del Messia. In questo modo la celebrazione liturgica entra nel quotidiano, nella vita familiare, nelle abitudini domestiche e impregna di senso cristiano e di sapore messianico tutta la vita del cristiano.

 

In che modo la venuta di Gesù Cristo può essere intesa, anno dopo anno, sempre come una novità?

 

Flores: La venuta di Cristo è antica ed è al contempo nuova. È un fatto del passato che si attualizza nella celebrazione liturgica.

 

La Chiesa è anzitutto la sposa di Cristo, unico sommo sacerdote. In questo senso la Chiesa è colei che riceve i sacramenti e non quella che li produce o li crea. La Chiesa rielabora i sacramenti come collaboratrice dello sposo dal quale riceve la vita e tutto ciò che le serve per agire.

 

Per questo, il senso e il fine della celebrazione liturgica è precisamente quello di rendere attivamente partecipe tutte le generazioni all’opera salvifica di Cristo. Nel tempo dell’Avvento, l’opera della salvezza si esprime in modo escatologico. Si tratta del Cristo Giudice, Signore e Re, che verrà alla fine dei tempi. È il Cristo nella sua Maestà dei grandi mosaici delle Cattedrali italiane: Cefalú, Monreale, Palermo...

 

Il mistero del culto liturgico rende possibile che l’eternità irrompa nella temporalità, perché il mistero originario giunga ad essere celebrato e la salvezza scaturente dall’azione salvifica passata raggiunga ogni generazione.

 

Pertanto le Scritture, la liturgia e i Padri annunciano sempre la morte del Signore, certamente come morte salvifica, come nucleo centrale del mistero del culto: “mortis Dominicae mysteria”. La morte ha come conseguenza la vita di Cristo e, nello stesso modo - dirà il liturgista Odo Casel - in cui accediamo a Gesù Cristo attraverso il Gesù storico, così anche, attraverso la morte, arriviamo alla Resurrezione.

 

L’azione salvifica di Cristo ci conduce alla sua Pasqua e il suo Spirito ci consente di partecipare ad essa ed essere trasformati dalla stessa Pasqua di Cristo morto e risorto, per passare così alla vita e alla vita eterna.

 

“Cristo agisce veramente nei sacramenti come il sommo sacerdote della sua Chiesa, liberandola attraverso la sua azione salvifica e conducendola alla vita”, diceva Odo Casel.

 

Il tempo dell’Avvento conduce la Chiesa alla soglia della sua esistenza, e in questo senso la principale caratteristica dell’Avvento dell’anno 2005 dovrebbe essere la speranza. Lo abbiamo ascoltato la prima domenica: “fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!”. Siamo chiamati a realizzare pienamente il piano che Dio ha su tutti e ciascuno di noi. Ce lo ricorda l’Avvento che plasmando il presente ci presenta il futuro.

 

Che particolarità liturgica evidenzierebbe dell’Avvento?

 

Flores: L’Avvento è un tempo reale e attuale. Mentre ascoltiamo le profezie ancora non realizzate, vediamo passare il mondo davanti ai nostri occhi e aneliamo a quel mondo che verrà e che già cominciamo a vivere e a preparare nel presente.

 

Mentre speriamo in un domani felice e agognato, lavoriamo nel presente attuale e pieno di speranza, e guardiamo al passato (venuta di Cristo nella carne mortale) e gioiamo per aver avuto tra noi il Messia, fortificandoci nella carne che è stata la sua e che pertanto è piena della forza salvifica che egli vi ha infuso.

 

L’Avvento è tempo reale e presente in cui, esplorando nel passato messianico, siamo lanciati verso il futuro profetico. In tutto questo è presente la Santa Trinità: il Padre che crea, il Figlio che viene in questo mondo a ricrearlo e lo Spirito Santo che lo santifica e lo unisce nell’amore.

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