Che cosa ha da offrire alla nostra esistenza un adolescente che a soli 15 anni muore improvvisamente? Potremmo rispondere così: è un ragazzo come tanti altri, che ha raggiunto le vette della perfezione evangelica, compiendo bene i suoi doveri di ogni giorno... Leggendo la biografia di Carlo Acutis, ho potuto apprezzare ancora una volta la perenne validità carismatica delle intuizioni pedagogiche di Don Bosco...
del 18 ottobre 2007
«Che cosa ha da offrire alla nostra esistenza un adolescente che a soli 15 anni muore improvvisamente? Qual è il messaggio che egli ha lasciato a tutti noi nel corso della sua breve e esistenza? Che cosa è rimasto impresso nel cuore di coloro che lo hanno conosciuto?»
A questi interrogativi risponde la biografia di Carlo Acutis (Londra, 3 maggio 1991 –Monza, 12 ottobre 2006) pubblicata in questi giorni da Nicola Gori per le edizione San Paolo (Eucaristia. La mia autostrada per il cielo. Biografia di Carlo Acutis, Cinisello Balsamo 2007, 160 pp.).
L’autore non ha certo bisogno di presentazioni. Apprezzato redattore dell’Osservatore Romano, ha al suo attivo numerose pubblicazioni, che privilegiano la scrittura mistica dei grandi autori della spiritualità cristiana.
 
Ma chi è Carlo Acutis, il giovane protagonista della biografia che qui presentiamo?
Potremmo rispondere così: è un ragazzo come tanti altri, che ha raggiunto le vette della perfezione evangelica, compiendo bene i suoi doveri di ogni giorno. In questo senso, Carlo è un rappresentante insigne di quel progetto di santità delineato dal servo di Dio Giovanni Paolo II nella lettera apostolica Novo millennio ineunte. La santità, scriveva il Pontefice, non è qualcosa di eccezionale, riservata a pochi eletti. La santità è la vocazione comune di tutti i battezzati: è la mèta alta della vita cristiana ordinaria(cfr Novo Millennio ineunte, n. 31).
Questa biografia presuppone la soluzione positiva dei lunghi dibattiti che si ebbero nei tempi andati, quando si discutesse se un ragazzo avesse la maturità umana sufficiente per raggiungere i traguardi della santità.
Nel corso del secolo, la canonizzazione di San Domenico Savio è stata la risposta più chiara di fronte  a simili riserve. Questo allievo prediletto di Don Bosco fu proclamato santo da Pio XII nel 1954, e insieme veniva in qualche modo canonizzata la «ricetta semplice» della santità, che il «padre e maestro dei giovani» consegnò un giorno a Domenico. Una « ricetta» che dice più o meno così:« Sii sempre allegro;fai bene i tuoi doveri di studio e di pietà; aiuta i tuoi compagni».
Leggendo la biografia di Carlo, ho potuto apprezzare ancora una volta la perenne validità carismatica delle intuizioni pedagogiche di Don Bosco: perché Carlo Acutis –morto a quindici anni a causa di un attacco di leucemia fulminante- ha messo in pratica con esattezza queste raccomandazioni lungo tutta la sua breve vita (anche se Carlo non fu allievo dei salesiani), e così ha potuto camminare speditamente sulle vie della santità giovanile.
L’allegria, anzitutto. Questo è il tratto che colpisce subito, anche solo scorrendo le fotografie del libro. Carlo vi appare sempre con un sorriso caratteristico, il sorriso di un bel ragazzo simpatico, ricco di comunicativa, entusiasticamente aperto al dono della vita. Lo si vede raggiungere varie mète turistiche, in Italia e in Europa, in montagna e al mare. Si intravede fin dalle foto la sua passione per gli animali, come il cane «Briciola» o il gatto «Bambi», e la sua prodigiosa a abilità nell’uso dei mezzi informatici.
E poi Don Bosco raccomandava a Domenico Savio i doveri di studio e pietà.
Carlo, all’età dfi 14 anni, si iscrive al liceo classico «Leone XIII» di Milano, diretto dai Padri Gesuiti. So bene – perché anch’io ho frequentato lo stesso istituto- quanto siano impegnativi gli studi in questa scuola.
Carlo affronta i doveri dello studio con diligenza e serenità, trovando il tempo per fare anche tante altre cose: cura il sito internet della sua parrocchia di Santa Maria Segreta, progetta un altro sito per il volontariato del Leone XIII, insegna il catechismo ai ragazzi della Cresima.
La pietà di Carlo è radicata robustamente nell’Eucaristia, che egli definiva « la mia autostrada per il Cielo»; nel Sacramento della Riconciliazione; nella devozione al Cuore di Gesù e di Maria Santissima, della quale è innamorato; nel culto degli angeli e dei santi, soprattutto di San Francesco e di Sant’Antonio da Padova; nella fedeltà al Papa e alla Chiesa. In particolare la Messa, la comunione e l’educazione eucaristica quotidiane sono il segreto della sua vita interiore, che si configura sempre più decisamente nel progetto del «Pane spezzato e del vino versato», cioè del dono generoso di sé, senza riserva alcuna.
Infine Don Bosco raccomandava a Domenico di aiutare i suoi compagni. A questo riguardo lascio la parola a una testimonianza del Padre Spirituale del Leone XIII, il padre Roberto Gazzaniga S.I. , riportata alla p. 51 del nostro libro: «Risale proprio a quel tempo», cioè agli anni del Leone, « la sua attenzione verso coloro che percepiva “un po’ tagliati fuori”… Fin dai primi giorni Carlo si è fatto prossimo, con discrezione, rispetto e coraggio a coloro che faticavano maggiormente a riconoscersi nella nuova realtà di classe e d’Istituto. Dopo qualche mese dalla sua separazione dalla vita terrena e dai compagni, ascoltandoli e chiedendo loro qualche nota caratteristica di Carlo che li aveva colpiti,diversi di loro hanno messo in risalto questa sua delicatezza nell’accorgersi, fin dai primi giorni di scuola, di chi faceva più fatica e della sua disponibilità ad affiancarsi a loro… Molte compagne e compagni sono grati a Carlo per questa sua capacità di creare e facilitare relazioni, di trasmettere fiducia e vicinanza senza invadenze».
È stato detto, ed è proprio vero, che « fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce». I quotidiani per lo più sono pieni delle «altre storie», quelle che manifestano il limite e la triste eredità del peccato d’origine. Ma non dovremmo mai dimenticare che la storia degli uomini è anzitutto una storia di grazia, sempre sorretta e illuminata dalla provvidenza di Dio, nella quale i veri eroi sono i santi che affollano – quelli riconosciuti, e anche quelli non canonizzati-:è proprio questa la «foresta che cresce».
Il Servo di Dio Paolo VI amava ripetere che l’uomo d’oggi ascolta più volentieri i testimoni dei dottori,o –se ascolta i dottori e i professori- è perché sono dei testimoni. Da Paolo VI fino al Papa Benedetto XVI, passando attraverso al straordinaria testimonianza di vita di Giovanni Paolo II, la Chiesa ha sviluppato, a cavallo tra il secondo e il terzo millennio della sua storia, una vera e propria « teologia della testimonianza», che forse attende ancora di essere declinata compiutamente nel suo statuto disciplinare.
È certo, in ogni caso, che «i libri di testo»indispensabili per un progresso in questa disciplina, destinata a rinnovare la teologia di oggi (spesso ripetitiva e «intellettualistica»), sono proprio quelli, tra cui si inserisce a pieno titolo il nostro volume.
Dobbiamo essere grati all’Autore per averci fatto incontrare in maniera efficace e suggestiva un piccolo,grande testimone del nostro tempo.
 
Fonte: Osservatore Romano (17.10.07)
don Enrico Dal Covolo
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