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Dimmi che cosa attendi, e ti dirò chi sei

“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Così suona una famosa espressione, che peraltro conosce molte varianti: “dimmi che cosa leggi..., che cosa mangi...” e così via. Tra le varie formulazioni, alcune serie altre scherzose, ce n'è una che offre di che pensare: “Dimmi che cosa attendi, e ti dirò chi sei”.


Dimmi che cosa attendi, e ti dirò chi sei

da Teologo Borèl

del 01 dicembre 2003

Tutta la vita dell’uomo, infatti, è accompagnata dall’attesa e dal desiderio che arrivi qualcosa o qualcuno: attendiamo che arrivi l’estate e il tempo delle vacanze, attendiamo il fine settimana, l’età della patente, il giorno della pensione, ma anche il ritorno di un amico, l’arrivo di un ospite importante, la nascita di un figlio, la riuscita di un lavoro.

E queste attese segnano le nostre giornate spesso molto di più delle persone che di fatto incontriamo e delle cose che ci capitano. Potrebbe sembrare strano, ma non lo è: noi viviamo il nostro presente sempre e solo alla luce di un certo futuro. Seminiamo oggi per raccogliere domani. È l’attesa del raccolto che giustifica la semina, la rende possibile e sensata.

Ecco perché da ciò che attendi ... si capisce chi sei.

ATTENDERE LO SPOSO

Non è forse un caso allora che la Bibbia termini con un libro tutto impregnato di un forte senso di attesa e desiderio: l’Apocalisse. Proprio i suoi ultimi versetti, portando a termine il lieto annuncio cristiano,  presentano la solenne promessa di Gesù glorioso: “Ecco, vengo presto”, a cui tutta la comunità risponde con l’invocazione: “Vieni Signore Gesù”.

Nient’altro sembra essere rimasto da chiedere, se non la sua venuta. Questa è l’ultima parola che viene posta sulle labbra del lettore. Questo è il desiderio che gli viene consegnato perché riempia le sue giornate e unifichi la sua vita, facendone una sola grande attesa.

Attendere Gesù è ciò che qualifica il cristiano, come ricorda la parabola delle vergini stolte e delle vergini sagge (Mt.25,1-13). In un mondo ipnotizzato dal fascino delle cose immediate, che si assopisce nel torpore di desideri meschini, il discepolo del Signore vigila in attesa dello Sposo e tiene accesa la lampada della speranza con l’olio delle sue buone opere.

Ma lo Sposo quando verrà? Fino a quando bisogna attendere il suo arrivo?

NON CORRERE SU UN MONTE...

“Vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora” (Mt.25,13). Così Gesù conclude la parabola delle dieci vergini, invitandoci a coltivare una vigilanza motivata dal desiderio e dall’amore, e non dal calcolo e dalla misura. Per questo nessuno di noi conosce quando sarà il momento del suo incontro definitivo con il Risorto né la data che segnerà la fine della storia e la venuta gloriosa del Signore.

La Bibbia parla talora di segni, ma non intende con questo offrirci degli indizi per risolvere un enigma misterioso, bensì  un invito a riconoscere in ogni avvenimento un richiamo alla vigilanza: quando senti parlare di sconvolgimenti, di guerre, di tradimenti ... non correre su un monte ad aspettare la fine del mondo (!), ma piuttosto ricordati di vigilare!

D’altronde trattandosi di un evento totalmente nelle mani di Dio, pensare di poterlo prevedere sulla base di calcoli umani è semplicemente insensato.

CHI STA ARRIVANDO.... ?

Quello che è certo, e che i discepoli hanno sentito più volte annunciare dal Maestro, è che la storia finirà (“il cielo e la terra passeranno” Mt.24,35) e che alla fine dei tempi l’umanità e tutto il creato non si dissolveranno nel nulla, ma giungeranno alla meta definitiva per cui sono stati fin dall’inizio pensati e creati da Dio. Come una freccia che raggiunge il bersaglio, la storia non si perderà nel vuoto, ma farà centro ... nel mistero di Dio.

Di questo evento la Bibbia parla in molti modi, ma soprattutto attraverso l’espressione “Parusìa del Signore”.

“Parusìa” è una parola greca che significa allo stesso tempo “arrivo” e “presenza”, e con tale duplicità di significato si presta in modo eccellente a illuminare questo mistero della fede.

La Parusia del Risorto sarà effettivamente un “arrivo” e una “venuta” perché sarà la manifestazione della gloria di Gesù agli occhi degli uomini di ogni epoca. Tutti finalmente vedranno lo splendore della Verità sul volto del Crocifisso Glorificato e quanti hanno camminato nelle sue vie entreranno con lui alla festa di nozze.

Ma la Parusia del Signore non sarà l’arrivo di Uno che finora era assente. La Sua “presenza” già ora accompagna i nostri passi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt.28,20).

Ecco perché la Chiesa vigila: non solo perché attende l’incontro definitivo, ma perché si sa già accompagnata dal suo Buon Pastore e nella vigilanza vuole accoglierne la presenza, per seguirlo nell’amore.

ATTENDERE NON E' SOLO ASPETTARE

Colui che verrà alla fine dei tempi nella gloria è colui che è venuto nell’umiltà di Betlemme e che continua a venire in ogni istante della storia, negli eventi e nelle persone, nella Sua Parola, nell’azione dei suoi discepoli, ma soprattutto nella celebrazione dei  sacramenti.

Mai come in essi, e in particolare nell’Eucarestia, il credente viene immerso nel mistero della venuta di Gesù; mai come allora egli è educato a impostare tutta la sua vita come attesa: “Annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.

Attendere non è solo aspettare ma, come dice l’etimologia della parola, “ad-tendere”, cioè tendere a, volgere l’animo e la mente, protendersi verso ...

Verso Colui che viene e verrà, Colui che è la nostra speranza, il tesoro nascosto e la perla preziosa che ci fa vendere ogni altro bene, che è la terra promessa per cui ci mettiamo in viaggio come Abramo, abbandonando le nostre piccole sazietà.

La sua attesa ci fa vivere, la sua promessa: “verrò presto!” ci fa guardare lontano, oltre il visibile, l’essenziale.

“Dimmi che cosa attendi .. e ti dirò chi sei!”

 

don Giovanni Battista Borel

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