Donboscoland

Difendo la vita con l'aiuto di Galileo

Fede e ragione Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Elio Sgreccia, torna nella discussione sul referendum respingendo l'accusa di sostenere posizioni dogmatiche. E lancia l'allarme contro una politica che ragiona in termini utilitaristici. L'embrione è un essere umano fin dalla fecondazione: ciò che sostiene la Chiesa è confermato dalla scienza.


Difendo la vita con l’aiuto di Galileo

da Quaderni Cannibali

del 12 maggio 2005

Non posso nascondere il mio disagio quando vedo definire «dogmatici » coloro che difendono l’umanità e l’individualità dell’embrione e il conseguente valore morale che è proprio della persona dotata di spiritualità. Infatti, questi difensori dell’embrione umano, tra i quali io mi onoro di appartenere, sono aderenti al dato scientifico e vogliono essere più galileiani di chi li accusa di dogmatismo. L’identità biologica, genetica e organismica dell’embrione che ne fa un essere umano, nuovo, vivo, attivo, individualizzato e capace di svilupparsi per un suo progetto interno — non si offendano i lettori se siamo costretti a ripeterci—fin dal momento della fecondazione, non è frutto di dogma, ma di mera scienza e lo possiamo dimostrare con le parole di scienziati che, non solo non sono dogmatici, ma talora non sono neppure credenti e si dimostrano fedeli seguaci di Galileo.

Cito soltanto due passi. Il primo passo è di uno dei più noti biologi, il prof. Scott F. Gilbert, il cui trattato è intitolato: Developmental Biology, seventh edition 2003, p. 25. All’inizio del 2˚capitolo, parlando dello sviluppo e della classificazione degli animali afferma: «Quando noi consideriamo un individuo, siamo soliti considerare soltanto una stretta parte del suo proprio ciclo vitale; quando noi consideriamo un cane, per esempio, rappresentiamo abitualmente un cane adulto. Ma un cane è cane sin dal momento della fecondazione dell’uovo del cane con lo spermatozoo del cane e rimane cane anche quando è divenuto un vecchio cane prossimo alla morte». Dunque (e pensiamo che la stessa biologia valga anche per qualsiasi animale superiore, compreso l’uomo), l’individuo cane nasce dal momento della fertilizzazione o fecondazione: questa non è una affermazione di un dogmatico. Voglio citare un altro passo di un noto biologo non credente, lo studioso A. Vescovi, che ha scritto recentemente: «Lo sviluppo di un essere umano comincia dall’incontro di uno spermatozoo con una cellula uovo, in un processo che prende il nome di fecondazione. La fecondazione comprende una serie di eventi successivi che vanno dal contatto dello spermatozoo con la cellula uovo alla fusione delle membrane cellulari, all’unione dei pronuclei delle due cellule (ognuno dei quali possiede 23 cromosomi) per dare origine ad una nuova cellula che possiede un patrimonio genetico completo o diploide (46 cromosomi).

(A. L. Vescovi-L. Spinardi, La natura biologica dell’embrione, in Medicina e Morale, 2004/1, p. 55). Potrei citare molti, a centinaia, altri biologi, genetisti, cattolici e non, ma sempre fedeli al dato sperimentale: sull’identità e lo statuto dell’embrione esistono volumi recenti ben documentati. È stata la cosiddetta «teoria gradualista» che ha voluto aprioristicamente supporre che un individuo che si sviluppa, passi da uno stadio indifferenziato e confuso alla graduale identità. Ma non è così. L’individuo che si sviluppa ha già un’identità e si muove nel suo sviluppo con un programma predeterminato da un codice genetico che contiene non soltanto la determinazione della specie cui appartiene, ma anche le note individualizzanti e i suoi meccanismi di sviluppo. Tutto questo è ben spiegato nel trattato citato sopra e in qualsiasi altro trattato di biologia che si rispetti. La «teoria gradualista» ha preso le mosse dal Rapporto Warnock in Inghilterra quando si inventò il termine «pre-embrione ».

 

Ma (si faccia ben attenzione!) i biologi presenti in quel Comitato, fra cui Ann McLaren, non potendo negare apertamente, confessarono che la definizione del pre-embrione fu frutto di una «decisione» sollecitata da fattori non definiti e cioè non scientifici; ecco le parole: «Poiché la temporalizzazione dei differenti studi di sviluppo (dell’embrione) è critica, una volta che il processo di sviluppo è iniziato, non c’è stadio particolare dello stesso che sia più importante di un altro: tutti sono parte di un processo continuo e se ciò non si realizza normalmente nel tempo giusto e nella sequenza esatta, lo sviluppo ulteriore cessa. Perciò da un punto dì vista biologico, non si può identificare un singolo stadio di sviluppo dell’embrione, al di là del quale l’embrione in vitro non dovrebbe essere mantenuto in vita» (Report of the Committee of Inquire into Human Fertilization and Embriology, cap. 17, p. 2), e più avanti prosegue dicendo: «Tuttavia si è convenuto che questa fosse un’area nella quale si doveva prendere una precisa decisione, al fine di tranquillizzare la pubblica ansietà». (Ibidem, p. 65).

 

L’annidamento, la cerebralizzazione etc. sono le varie fasi dello sviluppo, l’essere che si sviluppa è definito sin dal momento della fertilizzazione. La cosa riguarda anche l’ootide, nome giunto per ultimo, per definire uno stadio iniziale che partirebbe dal momento della penetrazione della membrana dell’ovulo da parte della testa dello spermatozoo fino al momento in cui i due patrimoni genetici, quello dell’ovulo e quello dello spermatozoo, si incontrerebbero completamente fino a fondersi; in questo stadio si vorrebbe considerare «l’ovulo fecondato», come un «non ancora», un «ootide» (o un prezigote 2n, un non ancora zigote con due nuclei). È stata conosciuta da poco questa proposta e ci sono stati dibattiti in merito, ma questa novità, che verrebbe da Oltreoceano, non risulta agli occhi degli sperimentatori tradizionali qualcosa di confuso e di non determinato; al contrario, biologi autorevoli affermano che dopo la penetrazione della testa dello spermatozoo dentro la membrana dell’ovulo cominciano ad agire precisi meccanismi di causalità e all’interno della cellula uovo e all’esterno di essa; ad es. bloccando l’ingresso di altri spermatozoi e orientando con un linguaggio biologico tutto il materiale genetico che — peraltro — non avrebbe bisogno di fondersi per agire sinergicamente; in altre parole quello che si vuol definire un ootide altro non è che un embrione, più precisamente uno zigote nelle sue primissime fasi.

 

Al momento la teoria dell’ootide non convince né al di qua né al di là dell’Oceano. Bisognerebbe quantomeno aspettare prima di introdurre una denominazione non scientifica, con il rischio di introdurre una nuova decisione nel campo dell’embriologia. Per dirla tutta, viene il dubbio che qui si verifichi una sorta di «conflitto di interesse »: la definizione dell’ootide potrebbe essere portata avanti per un interesse «politico », al fine di ottenere all’interno della stessa legge 40 uno spazio per poter congelare gli embrioni (gli ovuli fecondati) con l’artifizio di chiamarli ootidi. E l’interesse politico potrebbe imparentarsi con quello professionale di coloro che intendono ampliare la zona della fecondazione artificiale e con quello economico, legato alle sperimentazioni e ai brevetti. A questo punto — dopo aver letto l’articolo dell’on. Giuliano Amato pubblicato l’11 aprile sul Corriere con il titolo «I dogmatici dell’embrione lo trattano come muffa »—io sarei tentato di dare del dogmatico proprio all’on. Amato, dal momento che stimo galileiani tutti coloro che difendono i dati scientifici dell’embriologia consolidata; ma non voglio usare la parola dogma perché il «dogma» è una verità molto seria e fondata sui dati della Rivelazione. Penso, invece, che l’utilitarismo è il principio orientativo di molti laicisti e di molti politici quando vogliono perseguire, a tutti i costi, il soddisfacimento di interessi di categoria e l’accoglimento di un presunto «diritto al figlio» o un guadagno elettorale. Suggerirei comunque all’on. Amato di riconsiderare la sua affermazione dove dice: «Quell’entità (leggi l’embrione) non c’è all’atto della fecondazione dell’ovocita, né c’è nelle ore successive che portano alla formazione dell’ootide quando i cromosomi paterni e materni non si sono ancora congiunti». Per quanto ne sappia, questa teoria è tutta da dimostrare e, almeno per ora, non può reggersi come linea di condotta, neppure se viene fatta propria da «politici» abituati a prendere «decisioni».

 

Chi invoca Galileo non può prendere sul serio la teoria dell’ootide «non ancora embrione». Se la politica entra a comandare la scienza e a cambiare i dati della biologia, si può arrivare a qualsiasi dirottamento dei dati, come quello che sta scritto nell’Enciclopedia dei tempi dell’Urss, dove l’aborto viene definito come un «intervento chirurgico minore». Trovo ancora che l’articolo dell’on. Amato cada in un’altra confusione che ritengo doveroso segnalare: si identifica «il principio di precauzione» con il «tuziorismo» là dove è stato scritto «...ma il tuziorismo, e cioè il principio di precauzione, non è un principio assoluto...». Il principio di precauzione, introdotto nelle trattazioni sulle biotecnologie (in particolare quelle vegetali e animali, negli OGM) ha a che fare con il dubbio sull’eventuale rischio di danno alla salute che una determinata tecnologia può comportare; così inteso esso non è assoluto e cioè non comporta l’astensione assoluta da ogni intervento. In presenza di un dubbio del genere il principio di precauzione chiede di agire in condizioni di cautela tali da potersi fermare in qualsiasi momento quando si dovesse presentare tale rischio. La cautela è un dovere morale proporzionato alla gravità del rischio. Il tuziorismo, invece, cui si fa riferimento in campo morale non è equivalente al principio di precauzione e non è neppure da interpretare come Rigorismo morale sistematico, ma specificamente si applica di fronte ad una situazione in cui, mentre si sta per compiere un atto distruttivo su un obiettivo, insorge il dubbio di fatto se si tratti di un individuo umano o no. In tale dubbio si deve tenere la linea più sicura, e cioè astenersi dall’intervento.

 

Si fa l’esempio del cacciatore che dubita se dietro la siepe si trovi un cerbiatto che pascola o un bambino che gioca. In questo caso il principio dì astenersi è assoluto in presenza del semplice dubbio serio. Di fronte all’ootide il dubbio che si tratti di un essere umano è piuttosto forte (per me e per molti è certezza) e l’intraprendere un congelamento o autorizzare una legge che ne permetta il congelamento con tutto quello che ne segue, configura un illecito morale assoluto. In questo senso il concetto è stato introdotto nella «Donum Vitae» (1987). Non vorrei ampliare le ragioni del mio dissenso con lo scritto dell’on. Amato, dilungandomi a citare anche la lettura sbagliata della legge 40 (art. 14 relativo all’impianto di tre embrioni), ove basta ricordare che non esiste l’obbligo legale di fecondare tre embrioni, ma si indica soltanto il massimo consentito; a norma di legge il ginecologo può benissimo fecondarne uno solo. C’è l’obbligo, questo sì, di impiantare gli eventuali embrioni fecondati per evitare che siano buttati nel lavandino. Ma anche quest’obbligo non è coercibile, secondo le «linee guida» che interpretano la legge. Non capisco, poi, cosa c’entri l’essere contro Galileo o prima di Galileo, quando non si è d’accordo con la proposta di legge che prevede (firma di Amato e di Tonini) di utilizzare gli embrioni congelati per la sperimentazione o il prelievo delle cellule staminali, facendo leva sulla ragione per cui sono embrioni comunque destinati a morire, e perciò sono ritenuti come «premorti » (sic!).

 

Dunque si inaugurerebbe (con il consenso presunto di Galileo!) per decisione politica, un’altra categoria di esseri umani, quelli che sono vivi ma possono essere valutati come «premorti». Di questo passo, in forza dell’utilitarismo sociale (o socialista?) che ispira chiaramente la proposta, si potrebbe fare la sperimentazione soppressiva sui condannati a morte, sui malati terminali e, perché no, anche su qualche malcapitato ritenuto ormai «ammuffito» e vicino a morire decidendo che oramai è «un premorto». Dove sono andati a finire i diritti umani che negano di praticare i maltrattamenti o le torture sui prigionieri o sui condannati secondo la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948 e tutte le successive applicazioni? La legge 40 non è perfetta, ma almeno fa divieto della crioconservazione e delle sequele infauste che si profilano per questi embrioni crioconservati, e può rappresentare, non sul terreno religioso cattolico (che non avrebbe bisogno di alcuna legge!), ma proprio sul terreno laico, la salvaguardia di alcuni diritti fondamentali, anzitutto del diritto alla vita di ogni essere umano comunque concepito.

 

mons. Elio Sgreccia

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