... WORKSHOP: “Se mi prendono giuro che le pare le lascio a casa!”... 24 FEBBRAIO 2003 ‚Äì ore 8.30.Come tutti i giorni apro la mia posta elettronica... dunque... “Ricezione nuovi messaggi in corso da sara@donboscoland.it”... cooooosa? .... Zero messaggi ?!?!? Sì, sono io, Sara, o come dicevan tutti nel mese precedente la festa dei Giovani, sara@donboscoland.it... (continua...)
del 06 aprile 2003
 E ogni giorno ricevevo le tue mail. Inutile che ti guardi intorno… proprio le tue! Ti ricordi?
Esordivi dicendo: “Ciao! Sono ancora io!” o “Sono il tuo incubo!” o addirittura mi davi della “Gentile Responsabile” (…grazie!).
E io, ogni giorno, ho letto tutte le tue mail. Spesso mi scrivevi per chiedermi di trovarti un posto, di metterti nella lista d’attesa, di fare qualche strappo alla regola (l’età superiore ai 17 anni, le provenienze… non più di 6 per realtà!…), o anche solo per chiedere consigli (“Come mi vesto per il workshop di danza?”).
Alcune mi hanno fatto sorridere. “…Io ho 17 anni solo a giugno!!! Uffa!!! Questa è sfiga al 100%…” Altre mi hanno fatto riflettere. “…E’ dal 3 marzo dello scorso anno che sto aspettando con ansia e felicità la festa di quest’anno… adesso che finalmente è arrivata, qualcuno ha deciso di infrangere il nostro sogno e di buttare tutto nel cassonetto… Aiutami, Sara…”.
Scherzose, serie, a volte quasi disperate… Tutte le vostre mail facevano capire quanto ognuno di voi tenesse all’esperienza del workshop.
Vi confesserò una cosa: era la prima volta, quest’anno, che sentivo parlare di workshop.
E questo desiderio di esserci a tutti i costi, tutta questa voglia di protagonismo, hanno fatto sì che mi interrogassi a lungo: io da adolescente mi sarei sotterrata piuttosto che salire su un palco! Cosa significa essere in primo piano per due giorni? Come ci si sente a cantare guidati da uno come Pitteri? Perché veniva infranto un sogno anche solo passando dal workshop di danza II livello a quello di I livello?
A queste domande non ho saputo darmi grandi risposte ma una cosa continua a riecheggiare nelle mie orecchie: Gridatelo. Credo che il grido sia molto legato a questa voglia di esserci, di essere sentiti e visti… non in silenzio o sottovoce ma aprendo tutti i canali di comunicazione possibili: la voce, l’espressione corporea, perfino battendo sui tamburi.
Come animatori ed educatori dovremmo chiederci se vediamo e sentiamo abbastanza questi ragazzi, se gli adulti hanno orecchie e cuore aperto nei loro confronti, se il loro grido di protagonismo vuole comunicare gioia ed entusiasmo o, a volte, è solo un grido perché non c’è nessun altro mezzo per dire a tutti: “Io ci sono e valgo qualcosa! sono protagonista della mia vita così come lo posso essere sopra a un palco! Sono in grado di fare cose grandi se mi sai dedicare un tempo e uno spazio e “… non mi sbatti la porta in faccia come hanno fatto gli altri””.
Due giorni sono pochissimi nell’arco di un anno eppure… eppure, quella del workshop è un’esperienza attesa, desiderata… che non si vede l’ora di fare e che si ricorda poi per tutto l’anno. È una possibilità di incontro, divertimento e anche impegno… due giorni durante i quali davvero lasciare a casa tutte le “pare”, così come avete fatto voi, donando il vostro entusiasmo, la vostra allegria e la gioia della vostra età.
Il workshop sarà stato per voi davvero un’esperienza positiva (“…comunque vada sarà un successo!”) se, con tutto il vostro impegno, le vostre attese e le vostre speranze, avrete anche imparato a non prendervi troppo sul serio e ad ammalarvi  di questo virus contagioso che è la voglia irrefrenabile di gridare dai tetti tutta la vostra carica e la vostra gioia.
 
ops! Sara
Sara
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