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Diario di prof. - I voti contano alla fine

Non è vero che i voti a scuola non contano e che uno studente vale molto di più della valutazione dei docenti! O meglio è verissimo, ma quando lo si afferma...



Diario dei prof. - I voti alla fine contano

di Marco Pappalardo

 

Non è vero che i voti a scuola non contano e che uno studente vale molto di più della valutazione dei docenti! O meglio è verissimo, ma quando lo si afferma, in realtà ci credono in pochi, poiché tutti gli altri ne sono consapevoli solo in teoria, finché quel voto, alto o basso che sia, non tocchi a loro in qualche modo o qualcuno vicino. Lo si vede particolarmente alla fine degli esami di licenza media e pubblicati gli esiti degli Esami di Stato. Entrano in gioco meccanismi interessanti: c’è chi esce immediatamente dalla chat della classe, chi fa finta che gli altri non esistano più, chi scarica veleno davanti e dietro, chi minaccia denunce, chi chiede l’accesso agli atti (che dovrebbero essere accessibili subito senza doverli richiedere, per togliere l’idea che si voglia nascondere qualcosa), chi magari contento del proprio voto, non capisce perché quel compagno lo ha uguale o più alto; infatti contano persino le valutazioni altrui, visto che c’è sempre chi agli occhi degli altri non lo ha meritato e subito scatta il confronto gridando all’ingiustizia. Insomma, tutti amici fino agli esami, qualcuno in meno subito dopo, che peccato! Fino ad un momento prima sei il migliore prof. del mondo e ad un tratto il nemico numero uno, dimenticando inoltre che il voto finale è dato da una commissione. Si comprendono alcuni studenti con la giusta delusione, quella espressa con equilibrio, con le domande adatte per cercare di capire, capaci di guardare indietro ma soprattutto avanti; quelli a cui, dopo averli ascoltati (nessun docente può far finta che non esistano più, conclusi gli esami!), forse uno o due punti in più li metteresti per aver saputo affrontare il momento e il confronto. Incomprensibili sono coloro che tirano fuori i paragoni con i compagni, che fanno pure i nomi di chi – secondo loro – non meritava quel voto, bruciando tre o cinque anni vissuti insieme (oltre che il futuro); a questi non toglieresti certo uno o due punti, poiché saresti ulteriormente convinto del voto assegnato, frutto pure di una evidente immaturità. E poi strano e variabile è il concetto di giustizia e ingiustizia: se da me hai ricevuto buoni voti e li hai accettati contento, perché dalla stessa persona non accogli i voti negativi? Non ti chiedo di essere contento, ci mancherebbe, ma il prof. non può essere “giusto” solo quando la cosa aggrada!

 

Un prof. non può farci l’abitudine seppur con alle spalle tanti anni di insegnamento e numerosi esami; ci sta un po’ male, ma non gli vuole male, anzi ancora più bene! A volte ci si mettono in mezzo anche alcuni genitori, cosa ancora accettabile per le scuole medie, esagerata per i maturati e, soprattutto, interverranno dopo ogni voto non gradito all’università? Tutti affermano che all’università sarà un’altra storia e che dimostreranno quanto valgono veramente; io lo spero con tutto il cuore e sono contento che ogni mio alunno trovi la propria strada, si appassioni agli studi, raggiunga ottimi risultati, mi “dimostri” che ho errato a valutarlo alla fine! Naturalmente, valutando – azione difficilissima – si può sbagliare e si sbaglia, ed è una grande responsabilità; sarebbe più semplice attraverso un quiz con le crocette e i punteggi definiti in base alle risposte esatte, sbagliate, date o non date. Più facile sì, senza implicazioni personali, con l’azzeramento delle lamentele, ma privando la scuola (e gli esami) di una necessaria dinamica formativa per la vita: confrontarsi con qualcun altro, affrontare il giudizio degli altri (non sulla persona bensì sulla performance), riconoscere gli errori per migliorarsi, poter esprimere se stessi in vario modo, accettare i propri limiti, mettere in campo tutte le risorse, mostrare ciò che sai e soprattutto ciò che sei, cadere senza dare la colpa agli altri e sapersi rialzare, ricevere un voto che non piace, dispiacersi, ma saper guardare a quanto si è ricevuto di buono negli anni. In fondo sono questi i veri passi per il nuovo ciclo di studi e per la maturità, non i numeri!

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