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CRONACHE DALLA SCOGLIERA - Storia di una pietra che imparò l’amicizia

Cosa ne sa una pietra dell'amicizia? Se ne sta tutto il giorno appisolata a prendere il sole, ad ascoltare i racconti delle onde. Tutto è uguale e forse le va bene così. Poi, una notte, sente una storia diversa da tutte le altre. È una storia semplice, ma così vera che inizia ad entrare nella sua vita monotona. E a cambiarla...


CRONACHE DALLA SCOGLIERA  

Storia di una pietra che imparò l’amicizia

 

Giorno 1  

26 febbraio 2020

 

Non so se sia normale, dico, una pietra parlante. Per voi umani, no di certo; ma noi, qui sotto, sotto i vostri piedi, chiacchieriamo che è un piacere. A volte non riesco nemmeno a sentire la roccia qui vicino a me, da quanto chiasso c’è. E quando arrivano le onde, davvero non si sente più niente: si impongono con i loro tamburi e le trombe, scuotono tutta la sabbia, percuotono le conchiglie. Però le onde, devo dire la verità, sono davvero delle brave cantastorie. Ci dicono tutto del mare, del cielo, dei gabbiani, degli uomini. Ci raccontano tutte le vostre storie, soprattutto quelle che voi urlate al mare nelle vostre notti più buie, credendo di non venire ascoltati da nessuno. Ma avete scelto il mare come vostro confidente e le onde sono chiacchierone. Ascoltano tutto, fino ad ogni vostro singhiozzo più sommesso e poi vanno a raccontare ogni cosa nella loro strada di correnti. Alla fine, volenti o nolenti, arrivano a noi, stanche rocce. E noi ce ne stiamo buone buone ad ascoltare le loro storielle sotto il sole di mezzogiorno, quando fa caldo e sudiamo tutte di sale. Allora le onde ci accarezzano, ci rinfrescano con i loro schizzi giocosi, e piano ci assopiamo, cullate dalla loro voce profonda che sa di coralli e pesci. Le nuvole lente se ne vanno dal cielo, qualcuna porta il vento del Nord, ne sento gli spifferi. Sento la neve e sogno mari bianchi e immobili, fatti di silenzio, lo stesso delle stelle ghiacciate. Mi avvolge. Cado, rotolo tra i fiocchi di cristallo, la neve che addolcisce ogni mio spigolo. Le onde, fuori, iniziano a spegnersi, mute. È bonaccia. Mi sveglio, e no, non apro gli occhi; abbiate pazienza se non vi spiego come funzioniamo noi pietre, non capireste. Mi sveglio, dicevo, e lassù il sole è diventato una tiepida luna. Accanto a me sento ancora gocce salate, ma non sono le lacrime del mare. Una donna piange in silenzio, non parla. Guarda solo il mare, e so che il mare ha già capito ogni cosa. Le onde accarezzano i suoi piedi, rannicchiati accanto a me. Mi posa una sua mano giovane lì dove voi uomini tenete chiuso il cuore e sento il suo tremore, mi smuove, mi sembra di cadere. Una sua lacrima mi bagna una fessura, la assorbo, s’ insinua in me e un brivido mi scombussola il cuore. Un cuore di pietra. Sì, sappiatelo, c’è, lo sento battere sotto il mio petto. Anche la ragazza sembra accorgersene, si aggrappa a me. Chiude gli occhi. Un’onda mi sorprende, improvvisa. Dice un nome, quasi non lo sento, c’è troppo rumore in quel sussurro. “Alberto”, dice, “Alberto è morto”.

 


testi: Anita Marton 
grafiche: sr. Giulia Collodel 

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