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Cronaca di una visita

Tre minuti: questo è il tempo concesso per sostare di fronte alla Sindone. Alla fine solo una parola rimane...


Cronaca di una visita

 

Tre minuti: questo è il tempo concesso per sostare di fronte alla Sindone.

 

Ci pensi mentre percorri la coda che ti porterà a contemplare la tanto discussa reliquia, mentre ti immagini quali saranno i sentimenti, magari le emozioni, che attraverseranno il tuo cuore quando sarai davanti al lenzuolo; quello stesso lenzuolo che hai già veduto tante volte in fotografie più o meno dettagliate, ma che ora potrai finalmente osservare dal vivo. Basteranno tre soli minuti per farsi un’idea definitiva di che cosa è in realtà quel pezzo di lino? Sono sufficienti tre minuti per far sbocciare la fede nel cuore di chi non crede? Sono abbastanza tre minuti per soddisfare il desiderio di venerazione per coloro che riconoscono il volto di Dio nell’immagine impressa sulla tela?

 

I pensieri ti si affollano nella mente, misti magari a qualche sprazzo di preghiera, mentre la coda procede, più o meno velocemente, verso la meta di questo strano pellegrinaggio. Strano perché di ciò che vai a visitare sai magari già tutto ciò che c’è da sapere; strano perché dell’oggetto che vedrai hai già visto tutto quello che è possibile vedere; strano perché, pur conoscendo anticipatamente ed esattamente ciò che ti si parerà davanti agli occhi, nel cuore ti aspetti qualcosa di nuovo, di sorprendente: segretamente ti aspetti qualcosa di miracoloso.

 

Poi, ad un tratto, dopo tanti vagheggiamenti, entri nella semioscurità della Basilica. Percorri gli ultimi passi su quel palchetto di legno foderato che sembra quasi prenderti per mano per condurti davanti all’oggetto di tante attese, mentre tenti le prime sbirciatine a quello che tra poco vedrai chiaramente. Infine, quasi inaspettatamente, ti ci trovi di fronte, e senza che tu te ne renda conto il cronometro scatta. Le parole di un’orazione lontana si spandono per l’aria, ma tu le senti a malapena, perché ora ci sei davanti alla Sindone e l’immagine di quell’uomo imbrattato di sangue e percosse ti assorbe totalmente, ti pacifica il cuore, ti sgombra la mente e ti attira a sé. Tanto che l’unico pensiero che ti rimbomba in testa è che sei troppo lontano. Tanto che l’unico desiderio che ti fa eco nel cuore è che vorresti essere lì vicino, toccarla, annusarla, stropicciarla al tuo petto in un abbraccio virtuale con la persona che essa rappresenta. Così come ha fatto Maria.

 

Perché allora non ci sono più dubbi: è Lui, non può essere che Lui quell’uomo. E dentro tutta quella sofferenza così crudamente ritratta intravedi anche la beatitudine del sacrificio, la gioia della risurrezione: perché dentro quel lenzuolo il cadavere non c’è, ne rimane soltanto il riflesso, come l’ombra scarlatta di Colui che è vivo, per sempre. E così, quando i tre minuti sono finiti, solo una parola ti rimane nel cuore: GRAZIE.

 

 

Andrea Torquato Giovanoli

http://costanzamiriano.com

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