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C'è posta per te! Approfondimenti Salesiani da Giovani per i Giovani

«Miei carissimi figliuoli, penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio: di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Sento il peso della mia lontananza da voi. Sono le parole di chi vi ama teneramente in Gesù Cristo». (Don Bosco)Madre Mazzarello insiste molto sull'unione dei cuori. I verbi ricorrenti sono: “aiutatevi”, “compatitevi”, “avvisatevi” (L 56, 8 e 55, 7). Dice alle suore di avere “le une verso le altre tutta la carità, di aiutarsi nei lavori” (L 27, 10); invita ad “animarsi a vicenda nel bene spirituale e temporale” (L 35, 8). Alle missionarie lontane scriveva “oh, quanto mi siete lontane, [...] ma coraggio, siamo ben vicine col cuore” (L 37, 1).


C’è posta per te! Approfondimenti Salesiani da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 01 gennaio 2002

 

 

 

 

 

C’è posta per te! … occhio al mittente!

 

Miei carissimi figliuoli,

penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio: di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Sento il peso della mia lontananza da voi. Sono le parole di chi vi ama teneramente in Gesù Cristo.

 

In una delle sere scorse, mi era ritirato in camera quando mi parve che mi si presentassero innanzi due dei giovani dell'Oratorio.

-                    Don Bosco! mi conosce?

-                    Tu sei Valfrè, ed eri nell'Oratorio prima del 1870.

Vidi che in un luogo era radunato un crocchio di giovani che ascoltava una storia narrata da un prete. In un altro un chierico che giocava con altri giovanetti. Si cantava, si rideva e dovunque chierici, preti e intorno giovani che schiamazzavano allegramente. Fra i giovani e i Superiori regnava grande cordialità e confidenza. Ero incantato a tal spettacolo.

 

Un secondo allievo si avvicinò:

-                    D. Bosco, vuole conoscere e vedere i giovani che oggi sono nell'Oratorio?

 

Negli atti e nel viso di molti giovani si leggeva una noia, una spossatezza, una musoneria, una diffidenza che faceva pena al mio cuore.

-                    Hai visto i tuoi giovani?

-                    Li vedo.

-                    Quanto sono differenti da noi!

-                    Purtroppo! Quanta svogliatezza in questa ricreazione.

-                    Di qui proviene la freddezza di tanti nell'accostarsi ai Santi Sacramenti; il non corrispondere di molti alla loro vocazione; di qui i segreti e le ingratitudini verso i Superiori.

-                    Capisco. Come si possono rianimare questi miei giovani?

-                    Con la carità!

-                    Con la carità? Ma i miei giovani non sono amati abbastanza? Tu sai quanto per essi ho sofferto e quanto soffro ancora adesso.

-                    Non parlo di lei, ma di chi fa le sue veci.

-                    Non vedi come consumino gli anni giovanili per i ragazzi?

-                    Vedo, ma ciò non basta, manca il meglio: che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati. Osservi i giovani in ricreazione. Dove sono i nostri Salesiani?

 

 

Vidi che pochi preti e chierici erano fra i giovani. I Superiori non erano pi√π l'anima della ricreazione.

 

- Negli antichi tempi dell'Oratorio, non stava sempre in mezzo ai giovani specialmente in tempo di ricreazione? Era un tripudio di paradiso, un'epoca che ricordiam con amore, perché l'amore era quello che ci serviva di regola e per lei non avevamo segreti. Perché i suoi Salesiani non si fanno suoi imitatori?

 

La causa del cambiamento dell'Oratorio è che un certo numero di giovani non ha confidenza coi Superiori. Anticamente i cuori erano aperti ai Superiori, che i giovani amavano ed ubbidivano. Ma ora i Superiori sono temuti e poco amati. Bisogna che si rompa quella barriera della diffidenza e sottentri la confidenza cordiale.

Famigliarità coi giovani specialmente in ricreazione. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli. Ecco il maestro della famigliarità. Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione coi giovani diventa come fratello.

 

Vostro amico in G.C. Sac. Gio. Bosco

 

(dalla Lettera dell’ 84)

 

A cura di Oscar Tiozzo

raxo83@libero.it

 

Il comandamento del cuore

 

Don Costamagna era il salesiano mandato da don Bosco a Mornese per fare da cappellano e da direttore spirituale alle prime Figlie di Maria Ausiliatrice. Aveva il compito di aiutare le suore a vivere insieme alle ragazze del Collegio e dell’Oratorio, come don Bosco faceva a Valdocco. Regolarmente informava don Bosco dell’andamento della casa, dimostrando in più di un’occasione, grande stima e ammirazione per madre Mazzarello e in particolare per la sua capacità di trasformare il Collegio di Mornese nella casa in cui regna “l’Amor di Dio”.

Nelle numerose lettere che Madre Mazzarello scrisse nel corso della sua vita traspare chiaramente questa sua grande preoccupazione che le sue suore vivano in pienezza la carità. Tale esortazione si ripete quasi in ogni lettera.

“Abbiatevi grande carità, amatevi l’un con l’altra” (L 23, 1). E poi la domanda, una specie di esame di coscienza del cuore: “Ditemi un po’, vi volete tutte bene? Vi usate carità l’una verso l’altra?” (L 27, 10); “vi volete ancora tutte bene?” (L 51, 3).

“Il più che importa è che andiate d’accordo fra voi altre, […] aiutatevi sempre da vere sorelle” (L 63, 4)

Il cuore che vive nello spazio di Dio diventa “generoso e grande” (L 27, e 47). Vive le urgenze dell’amore perché conosce l’amore di Dio che ci ha amato per primo e ci rende capace di amare gli altri: solo così l’amore è perfetto. “Formiamo un cuore solo per amare Gesù” (L 18, 2).

La carità nasce sempre da un cuore che sa dimenticare se stesso. Solo passando attraverso il mistero pasquale di Cristo si può realizzare la fraternità che è dono di Dio.

La carità si esprime concretamente. Madre Mazzarello usa spesso un’espressione che sottolinea l’importanza di renderla visibile, anche attraverso una modalità particolare: il buon esempio.

“[…] ricordati di dare buon esempio con belle maniere” (L 28, 6); “[…] dovete con il vostro buon esempio far star allegre anche le altre”  (L 35, 7).

Alle suore missionarie che hanno già un gruppo di ragazze dice: “Sappiate corrispondere alla grande grazia che il Signore vi ha fatto, procurate con il vostro buon esempio e con l’attività di attirare tante anime al Signore” (L 37, 2).

Il buon esempio è quindi una modalità di rapportarsi; è uno stile di amorevolezza che, altrove, madre Mazzarello descrive come “pazienza lunga e dolcezza senza misura” (L 27, 11).

Il Maccono, primo biografo di madre Mazzarello, dice che “non lasciava partire nessuna suora senza raccomandarle di essere di buon esempio”. E’ l’insegnamento di San Paolo: “comportatevi da figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità” (Ef 5, 8-9); e “coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone” (Tito 3, 8).

Buon esempio, come lo intende madre Mazzarello, significa essere prime nell’amore, quindi nel perdono, nell’aiuto, nell’attenzione.

Questo va dimostrato soprattutto a chi ci è vicino, alle persone che condividono il quotidiano con noi: “Sii sempre piena di carità con tutti, ma specialmente con le tue consorelle” (L 67, 7).

Madre Mazzarello rivela un cuore veramente “molto sensibile”, e, nelle lettere, usa espressioni colme di tenerezza, di affetto autenticamente umano.

L’amore vero esce da un cuore libero e pacificato che ha conosciuto per esperienza che “la carità copre un gran numero di peccati” (Gc 5, 20).

Colei che ha detto: “Fate con libertà tutto ciò che richiede la carità” (L 35, 3), può anche dire con libertà alle sorelle: “ti voglio bene”.

Scrive a sr. Laura Rodriguez, prima Figlia di Maria Ausiliatrice del Sud America: “Sebbene non vi conosca vi voglio tanto bene […]” (L 18, 1); a sr. Marietta Armelonghi: “[…] sta’ allegra, che ti voglio bene sai[…]” (L 33, 9).

La carità realizza la fraternità attraverso le parole, i gesti della vita quotidiana, nel perdono accordato e dimostrato. La fraternità è fatta da una carità creativa e intelligente, piena di discernimento, capace di leggere i bisogni degli altri e di comprenderli in profondità. “[…] appena vi accorgete che qualcuna abbisogna di qualche conforto fateglielo tosto avere e consolatevi e aiutatevi a vicenda […]” (L 26, 5).

Madre Mazzarello insiste molto sull’unione dei cuori. I verbi ricorrenti sono: “aiutatevi”, “compatitevi”, “avvisatevi” (L 56, 8 e 55, 7). Dice alle suore di avere “le une verso le altre tutta la carità, di aiutarsi nei lavori” (L 27, 10); invita ad “animarsi a vicenda nel bene spirituale e temporale” (L 35, 8).

Alle missionarie lontane scriveva “oh, quanto mi siete lontane, […] ma coraggio, siamo ben vicine col cuore” (L 37, 1).

“Essere unite col cuore” (L 29, 3), avere nel cuore “il pensiero di Cristo” (1 Cor 2, 16): questo era impegno di vita a Mornese, per questo quella casa era diventata la “Casa dell’Amor di Dio”; qui “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato” (Fil 4, 8) trova espressione e la diversità diventa celebrazione dell’infinita creatività di Dio.

 

          A cura di sr. Linda e sr. Manuela

lindas.p@libero.it 

m.gubana@libero.it

 

Oscar Tiozzo

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