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BAMBINI DI STRADA

Il fenomeno riguarda soprattutto Africa e America Latina Ma colpisce anche l'Est e con numeri meno drammatici coinvolge Francia, Spagna e Irlanda. Meninos, ricetta europea contro «Capitan Uncino». A Roma un Convegno ha messo a confronto l'impegno delle Chiese del Vecchio Continente contro un'emergenza che riguarda 100milioni di minori, vittime di droga, sfruttatori e mercanti d'organi.


BAMBINI DI STRADA

da Attualità

del 01 ottobre 2004

  

Il problema sociale costituito dal fenomeno dei ragazzi di strada è uno dei segni dei tempi della condizione umana contemporanea, cui la Chiesa sta già rispondendo e sempre di più deve attrezzarsi a farlo. Di fronte all'emergenza, però, ci sono diversi segnali di speranza, evidenziati dalla mobilitazione di governi, società civile, organismi non governativi, diocesi, congregazioni e parrocchie, al punto da essere riusciti ad arrestare il dilagare di questa piaga in alcuni Paesi.

A parlare di «segno dei tempi» è stato l'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale per i migranti e gli itineranti, aprendo il Primo incontro europeo per la «pastorale dei ragazzi di strada» che si è svolto a Roma ieri e l'altro ieri. Un'analisi europea, ma che guarda alla realtà di tutto il mondo, grazie alle esperienze e alle problematiche che sono state passate in rassegna con il contributo di numerosi operatori sul campo.

 

Le cifre danno già da sole l'allarme: secondo le statistiche di Amnesty international, si deve parlare di almeno 100 milioni di ragazzi di strada, che salgono a 150 per l'Organizzazione internazionale del lavoro. Di questi, 45 milioni si trovano in America Latina, 10 in Africa, 40 in Asia, mentre in Europa il fenomeno è forte nella regione orientale, ma presente anche in Paesi come Irlanda, Spagna e Francia, sia pure su scala più ridotta, con «soltanto» poche migliaia di ragazzi coinvolti. E questi «abitanti della strada», come li ha chiamati monsignor Marchetto, meritano attenzione da parte del Pontificio Consiglio, che vuole attivare una funzione di monitoraggio e raccordo di esperienze. Ma anche avanzare delle proposte di natura educativa, in quanto dietro la fuga e la vita in strada da parte di un ragazzo, c'è sempre una situazione familiare di grande disagio. E di pericolo, perché sono in agguato i tanti «Capitan Uncino» - come li ha definiti Marchetto - cioè spacciatori, turisti occidentali in cerca di sesso facile, pr ocacciatori di «merce» per il traffico di organi, sfruttatori della prostituzione, ma anche «squadroni della morte» se si pensa che in Brasile, negli ultimi cinque anni, questi nuovi «tutori dell'ordine» hanno ucciso, per lo più impuniti, 16.500 bambini. Conoscere la realtà è dunque il primo passo per «cercare soluzioni adeguate».

 

Una visione d'insieme del fenomeno è stata offerta dal professor Mario Pollo, sociologo, docente in diverse Università Pontificie, esperto di temi giovanili, che ha sottolineato prima di tutto come «l'allarme» e l'alto livello di attenzione che regna in alcuni Paesi non sia dovuto a «ragioni umanitarie» ma piuttosto a «esigenze di auto-protezione» perché i ragazzi vengono visti come coloro che «mettono in crisi la sicurezza della vita sociale».

 

Ma quali sono, in concreto, le iniziative di «contrasto» che vengono messe in atto? A questa domanda, il professor Pollo ha fornito una risposta sulla base dei risultati di un questionario che è stato diffuso diversi mesi fa ed ha fatto da base per il dibattito successivo. Pollo ha così potuto delineare cinque tipi di risposte-intervento. Il primo tipo mira ad offrire ai ragazzi un luogo di residenza oltre che di accoglienza. Vi rientrano i collegi, le case famiglia, i focolari, gli ostelli-rifugi e le comunità terapeutiche. Il secondo tipo è costituito da strutture di aggregazione, educative, quindi, di tipo prevalentemente diurno, come gli oratori, i centri sociali, gli asili e le attività per le vacanze. Il terzo tipo di iniziative è costituito dalle azioni tese al sostegno, al recupero scolastico e alla formazione professionale dei ragazzi come i doposcuola, le attività di recupero scolastico e i laboratori professionali. Il penultimo tipo riunisce le azioni educative svolte negli stessi luoghi di vita dei ragazzi, come il sostegno familiare, l'azione educativa di strada, il sostegno individuale e di gruppo e le attività di prevenzione del consumo di droga. Il quinto ed ultimo gruppo è format o dalle attività di sostegno ai bisogni primari, come l'alimentazione, il vestiario e in generale la cura del corpo. C'è da aggiungere poi, dal versante dell'assistenza cattolica, che una parte significativa dei progetti porta i ragazzi a riscoprire il senso della vita, perforando la scorza di rudezza e insensibilità che si sono costruiti, loro malgrado, per poter sopravvivere.

 

Fabrizio Mastrofini

http://www.avvenire.it

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