Di notte, tutto si amplifica: ogni demone prende vita e forza. Di notte, si è soli coi propri pensieri, con le proprie paure, con ciò che si scopre di sé. Ma è il momento forse più calmo e lento in cui poter stare con gli occhi piantati su ciò che spaventa per sfidarlo a duello, per non sottrarsi alla battaglia, ma attraversarla.
Rubrica a cura di Laura Giulian
Alcuni segnali, indice di disagio e depressione, sono, tra i vari, il cominciare a smettere di prendersi cura di sé. Intere giornate in pigiama, poca voglia di farsi una doccia, di mangiare. Tutto si spegne, nulla sembra avere più senso. Quando la tenebra avvolge col suo mantello, comincia derubando quelle piccole routine che, invece, rendono belli i volti, fanno sentire vivi e permettono di attendere di incontrare una nuova giornata, persone, occhi. Spesso si evita perfino di guardarsi allo specchio. Non ci si “vede” più e non ci si sente “visti” L’immagine riflessa diventa come una lama a due tagli: gli occhi che ci fissano possono giudicare e condannare oppure promettere novità, evoluzione.
Il lockdown è stata una lunga notte, innegabile. Questi ultimi mesi sono diventati la soglia tra la fine della notte e l’alba, il momento che richiede coraggio, il coraggio di essere svegli ai primi bagliori.
Lo specchio è il primo “altro” con cui comincia ogni giornata e permette di decidere se ciò che si vede riflesso è “abbastanza”, è all’altezza, se va modificato perché il mondo se lo aspetta, lo richiede, oppure se davanti a quell’immagine ci si sente in pace. È una lotta che richiede energia soprattutto in quel momento della vita in cui si sta scoprendo che faccia indossare davanti agli altri e a se stessi, che cosa di sé si vuole o si può mostrare, cosa va tenuto nascosto e cosa è ancora nebuloso, misterioso, incompreso.
Di notte, tutto si amplifica: ogni demone prende vita e forza. Di notte, si è soli coi propri pensieri, con le proprie paure, con ciò che si scopre di sé. Ma è il momento forse più calmo e lento in cui poter stare con gli occhi piantati su ciò che spaventa per sfidarlo a duello, per non sottrarsi alla battaglia, ma attraversarla. È quello spazio di tempo che permette, allora, di scegliere, una volta sorta l’alba, di far tacere la sveglia, di uscire da sotto alle coperte e di presentarsi all’appello dello specchio con speranza e determinazione. E se, dalla notte, si esce avendo dato un nome al proprio nemico, alle proprie paure, è una conquista importante. San Paolo ha descritto perfettamente questa lotta che diventa risorsa intoccabile: “Quando sono debole, allora sono forte” (2Cor 12,10)
“Ho sempre avuto molto da fare, troppo per concentrarmi su me stessa e per analizzarmi come sto facendo in questo periodo. Da ormai più di un anno, siamo in una situazione che non ci concede di vivere la solita vita frenetica; bellissima ma veloce, vivace ma senza pause. In quest’anno, sono passata dal godermi la pace di casa e la mia famiglia, che non era stata riunita per un bel po’, al cercare nuovi hobby e il modo per migliorare me e il modo in cui spendo le mie giornate. Ho pensato molto in tutto questo tempo, forse troppo, a come stava procedendo la mia vita prima di fermarsi di punto in bianco. Ho sempre cercato di comportarmi come gli altri volevano che io mi comportassie, in qualche modo, questo periodo mi ha aiutata a disintossicarmi dalla società e dall’idea che voglio che gli altri abbiano di me. Ho ridimensionato molti problemi che credevo insormontabili, ho capito un po’ meglio me stessa, le mie paure e i motivi per cui non riesco ad essere me al cento per cento. La prima quarantena sicuramente mi ha cambiata: mi ha fatta diventare più insicura e più introversa, ma ora sto imparando a conoscere le mie debolezze e a provare a trasformarle in punti di forza. Tutto questo mi ha insegnato a fregarmene del pensiero altrui perché quelli con cui dobbiamo fare i conti a fine giornata siamo noi stessi, a non sprecare il mio tempo, a non dare mai nulla per scontato, a godermi ogni istante e a prendermi del tempo per me.”
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