Meeting Animatori

1. Scelta tra amici buoni e amici cattivi



1. SCELTA TRA AMICI BUONI E AMICI CATTIVI

 

Le buone e le cattive compagnie. Comunità animatore come luogo privilegiato per incontrare amici buoni, che
condividono i nostri ideali, alcune nostre scelte, uno stesso stile e una stessa passione. Sono amicizie che ci fanno
camminare. Ci si incoraggia vicendevolmente nella ricerca del bene. Sostegno importante per non sentirci soli.


 


Imparare a proprie spese


Nelle prime quattro classi dovetti imparare a mie spese a trattare con i compagni. Li avevo divisi mentalmente in tre
categorie: buoni, indifferenti, cattivi
. I cattivi, appena conosciuti, li evitavo assolutamente e sempre. Gli indifferenti li
avvicinavo se ce n'era bisogno e li trattavo con cortesia. I buoni cercavo di farmeli amici, li trattavo con familiarità.
All'inizio, in città non conoscevo nessuno. Tenevo quindi una certa distanza con tutti. Dovetti tuttavia lottare per non
diventare lo schiavetto di nessuno. Qualcuno voleva portarmi in un teatro, un altro a giocare a soldi, un terzo a
nuotare nei torrenti. Un tizio voleva arruolarmi in una banda che faceva man bassa di frutta negli orti e nella
campagna. Un tale fu così sfacciato da invitarmi a rubare un oggetto prezioso alla mia padrona. Mi sono liberato da
tutti questi squallidi compagni evitando rigorosamente la loro compagnia man mano che scoprivo di che pasta erano
fatti. A tutti dicevo che mia madre mi aveva affidato alla padrona di casa, e che per amore di mia madre non potevo
andare da nessuna parte senza il permesso della signora Lucia. Questa mia volontaria dipendenza dalla signora Lucia
mi procurò anche un utile finanziario. Vedendo che poteva fidarsi di me, mi affidò suo figlio. Era di carattere
irrequieto, gli piaceva moltissimo il gioco, pochissimo lo studio. Anche se frequentava una classe superiore alla mia,
sua madre mi pregò di dargli ripetizioni. Lo trattai come un fratello. Con gentilezza, giocando con lui, riuscii a
portarlo in chiesa a pregare. Nello spazio di sei mesi cambiò. A scuola riuscì ad accontentare i professori e a prendere
buoni voti. La madre fu così contenta che mi condonò la pensione mensile. Ero stimato e obbedito come il capitano
di un piccolo esercito
. Mi cercavano da ogni parte per organizzare trattenimenti, aiutare alunni nelle case private,
dare ripetizioni. La divina Provvidenza mi aiutava così a procurarmi il denaro per i libri di scuola, i vestiti e le altre
necessità, senza pesare sulla mia famiglia.


 


Capitano di un piccolo esercito


Quelli che avevano cercato di farmi partecipare alle loro squallide imprese, a scuola erano un disastro. Così
cominciarono a rivolgersi a me in maniera diversa: mi chiedevano la carità di prestare loro il tema svolto, la
traduzione fatta. Il professore, venuto a conoscere la faccenda, mi rimproverò severamente. «La tua è una carità
falsa - mi disse - perché incoraggi la loro pigrizia. Te lo proibisco assolutamente».
Cercai una maniera più corretta per aiutarli. Spiegavo ciò che non avevano capito, li mettevo in grado di superare le
difficoltà più grosse. Mi procurai in questa maniera la riconoscenza e l'affetto dei miei compagni. Cominciarono a
venire a cercarmi durante il tempo libero per il compito, poi per ascoltare i miei racconti, e poi anche senza nessun
motivo, come i ragazzi di Morialdo e di Castelnuovo. Formammo una specie di gruppo, e lo battezzammo Società
dell'Allegria. Il nome fu indovinato, perché ognuno aveva l'impegno di organizzare giochi, tenere conversazioni,
leggere libri che contribuissero all'allegria di tutti. Era vietato tutto ciò che produceva malinconia, specialmente la
disobbedienza alla legge del Signore
. Chi bestemmiava, pronunciava il nome di Dio senza rispetto, faceva discorsi
cattivi, doveva andarsene dalla Società. Mi trovai così alla testa di un gran numero di giovani.
Di comune accordo fissammo un regolamento semplicissimo: 1. Nessuna azione, nessun discorso che non sia degno di
un cristiano. 2. Esattezza nei doveri scolastici e religiosi. Questo avvenimento mi diede una certa celebrità.


 


I giorni dell'allegria e della disciplina


«Se non hai un amico che ti corregga, paga un nemico» Nella Società dell'Allegria c'erano giovani splendidi. Ricordo
Guglielmo Garigliano di Poirino e Paolo Braje di Chieri. Essi partecipavano volentieri ai nostri giochi, ma prima di tutto
eseguivano con impegno i doveri di scuola. Entrambi amavano i giochi rumorosi, ma amavano pure raccogliersi nel
silenzio a parlare con Dio. Nei giorni di festa, dopo le adunanze che si tenevano nella scuola, ci recavamo nella chiesa
di sant'Antonio. I Gesuiti, che gestivano questa chiesa, ci facevano stupende lezioni di catechismo. Raccontavano fatti
ed esempi che ricordo ancora oggi. Lungo la settimana, la Società dell'Allegria si radunava nella casa di uno dei soci
per parlare di religione. Vi interveniva liberamente chi voleva. Garigliano e Braje erano tra i più assidui. Durante
quelle riunioni alternavamo giochi allegri, conversazioni su argomenti cristiani, lettura di buoni libri, preghiere. Ci
davamo a vicenda buoni consigli, ci aiutavamo a correggere i difetti personali.


Attività di gruppo


Ognuno ha un foglio bianco e al centro del foglio scrive il proprio nome. Facendo memoria di chi quest’estate c’era
in comunità animatori, si scrivono i nomi dei propri compagni più o meno vicini al proprio, in base alla relazione che
si è creata. Vicino ad ogni nome si scrive poi un qualcosa (valore, stile…) che si è condiviso con lui o lei.
Chi tra tutti i miei amici mi ha contagiato di più nel fare il bene quest’estate e perché? Cosa mi ha trasmesso?

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