L'ultimo libro del fotografo statunitense dedicato alla spiritualità e all'amore. Cento immagini per ripensare al mondo e all’umanità con occhi diversi. La presentazione a Milano con Emergency
Quello sguardo all’insù, a tutte le latitudini, che mira a qualcosa di superiore, e quello intorno a noi, nei confronti di chi ci sta accanto, di chi incontriamo nel cammino, di chi ha bisogno, tende una mano ed è in difficoltà. Steve McCurry le compone insieme tutte le forme di devozione nel suo nuovo volume fotografico Devotion, Amore e spiritualità, edito da Mondadori Electa.
Come si esprime la devozione? Il celebre fotografo americano risponde a questa domanda ponendo uno sguardo profondo su tutte le possibili sfaccettature che può assumere nel mondo: l’amore, la passione, la dedizione all’altro, la lealtà, il sacrificio, l’impegno. Una riflessione intima su come ogni individuo possa dedicare tutto sé stesso alla fede religiosa o agli altri. Oltre 100 immagini, di cui 75 mai pubblicate, per ripensare al mondo e all’umanità con occhi diversi, svelando il meglio dello spirito umano nei più diversi angoli del mondo e nelle più disparate situazioni. Ed ecco i volti di uomini in preghiera, i ritratti di monaci buddisti, artigiani al lavoro, bambini intenti a studiare, madri e padri dediti ad accudire i figli, una coppia anziana che si accompagna e si sostiene per strada.
Immagini che scorrono fra le pagine del libro e che domenica hanno animato la presentazione del volume a Milano, in occasione di Bookcity, al Piccolo Teatro Grassi, con McCurry sul palco affiancato da Rossella Miccio, presidente di Emergency. «Sono 40 anni che giro il mondo fotografando – ha ricordato il fotografo -. E l’ho fatto focalizzando il mio obiettivo sull’uomo, sulle persone, sulle loro attività e su come si dedicano a una causa o a qualcuno. Mossi da una fede religiosa o da percorsi spirituali, ma anche dall’impegno, dall’altruismo, dalla passione. Penso alla scelta di un medico che decide di lavorare in una zona guerra, in una situazione di pericolo. A occuparsi di malati e feriti in contesto completamente diverso dal suo, lì dove il sentimento che prevale è la compassione». Il pensiero di McCurry porta a Gino Strada. «In Afghanistan – continua –, passavo quotidianamente davanti all'ospedale di Emergency a Kabul. Quello è il simbolo della devozione di Gino Strada per gli altri. L’attività di Emergency in Afghanistan è stata fondamentale per salvare innumerevoli vite e offrire le cure essenziali a uomini, donne e bambini vittime di decine di anni di guerra: un impegno che si attua con la costruzione dei diritti, con il fare, non solo con il dire. Con i miei scatti dimostro che la vera “devozione” richiede azione, non solo buone intenzioni. Si manifesta attraverso l’altruismo, l’empatia e la compassione nella pratica, non solo nella teoria».
La presidente di Emergency riprende le parole del fotografo, evidenziando come i suoi scatti aiutino a «restituire dignità alle persone». Lo stesso principio che anima l’impegno di Emergency. «In quasi trent'anni di attività – ha detto Rossella Miccio – abbiamo curato quasi 13 milioni di persone. Abbiamo accolto nei nostri ospedali centinaia di migliaia di persone ferite e mutilate, abbiamo toccato con mano la devastazione delle guerre e della povertà. In tutti i Paesi in cui operiamo siamo impegnati a formare e coinvolgere lo staff locale, per restituire loro una possibilità di vita dignitosa. Ci è capitato in più occasioni di rimanere quando gli altri andavano via, come successo in Afghanistan e Sudan, perché pensiamo che soltanto rimanendo al fianco di queste popolazioni riusciremo a costruire non solo ospedali ma prospettive concrete di futuro».
Una devozione verso l’altro. Che arriva inevitabilmente da una spinta più forte, di chi sa guardare anche verso l’alto. «Abbiamo tutti bisogno di devozione verso qualcosa di superiore a noi stessi perché la nostra vita sia sopportabile», è la citazione di Atul Gawande, medico, chirurgo e giornalista statunitense, in una delle frasi che accompagnano le immagini, guidandone la riflessione. Una dimensione verso l’alto che aiuta ad affrontare le sfide della quotidianità. I piccoli e grandi problemi del mondo. «La fotografia – riprende McCurry – non può cambiare il mondo, ma può muovere un’azione positiva. La fotografia mostra visioni e suscita emozioni e reazioni. Aiuta a fornire informazioni e per certi versi a formare le persone, soprattutto i giovani, con le immagini. Far scattare loro una passione, il desiderio di impegnarsi per qualcosa, la scintilla di una vocazione, di una missione».
Una foto può allora davvero illuminare gli occhi, la mente, il cuore di chi la guarda. In forme diverse. «Qualunque sia la nostra cultura di appartenenza – è il messaggio d’apertura di Devotion, affidato allo scrittore inglese di origini indiane, Pico Iyer -, ci dedichiamo alla fede, alla famiglia e ai nostri obiettivi più grandi. Ora lo chiamiamo amore, ora preghiera o spirito di servizio, ma in realtà è solo una resa nei confronti di ciò che non si può mai conoscere pienamente. Le mani si uniscono, i cuori si aprono; siamo in ginocchio di fronte a tutto ciò che ci rende minuscoli. Non ci sorprende che l’opera di Steve McCurry sia sempre stata un atto di devozione, al servizio della devozione stessa. I gesti semplici e delicati al di là della cronaca, gli occhi luminosi e le mani calde ci trasportano oltre tutti i discorsi su Oriente e Occidente. I nomi dei luoghi si dissolvono, e con essi le date, per ricondurci a un umile desiderio universale: inchinarci davanti a quello che amiamo e cullarlo». Con devozione. Verso l’alto e verso l'altro.
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Tratto da: https://www.avvenire.it/agora/pagine/verso-l-alto-e-verso-l-altro-la-devozione-secondo-steve-mccurry
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