Il discorso del numero uno di Apple spinge i giovani laureati del MIT a riflettere su "Qual è il mio scopo?"...
del 21 giugno 2017
Il discorso del numero uno di Apple spinge i giovani laureati del MIT a riflettere su "Qual è il mio scopo?"...
Grazie e congratulazioni, classe 2017.[...]È un grande onore per me essere qui oggi con le vostre famiglie e i vostri amici, in un giorno così importante e straordinario. Il Mit e Apple hanno molto in comune: entrambi amano i problemi difficili. Amiamo cercare nuove idee e soprattutto amiamo trovare quelle idee. Idee realmente grandi, idee che possono cambiare il mondo.[...] Sono tante le cose di cui potete andare fieri. State concludendo un ciclo per passare alla meta successiva del vostro viaggio di vita, e state certi che ci saranno giorni in cui vi chiederete «dove mi sta portando tutto questo?», «qual è lo scopo?», «qual è il mio scopo?». Sarò onesto, mi sono chiesto anch’io le stesse cose e mi ci sono voluti quasi 15 anni per trovare una risposta. E forse, parlandovi del mio viaggio, vi aiuterò a risparmiare tempo.
La mia ricerca è iniziata presto. Al liceo ho pensato di aver capito quale fosse lo scopo della mia vita quando ho trovato una risposta alla classica domanda «cosa vuoi fare da grande?». E invece no. All’università credetti di averlo scoperto quando riuscii a rispondere alla domanda «cosa sai fare meglio?». Ma non c’ero ancora. Poi pensai di averlo capito quando trovai lavoro. In seguito mi dissi che ci voleva qualche promozione. Ma neanche questo ha funzionato. Cercavo di convincermi che la risposta fosse sempre dietro l’angolo successivo. E invece no. Questa situazione mi stava distruggendo. Una parte di me continuava a spingermi ad andare avanti e a raggiungere l’obiettivo successivo. L’altra parte invece continuava a chiedere «è tutto qui?». [...] Dopo una miriade di tentativi, alla fine, vent’anni fa, la mia ricerca mi ha portato in Apple. A quei tempi l’azienda stava lottando per sopravvivere. Steve Jobs era appena tornato e aveva lanciato la campagna «Think different». Voleva dare la possibilità ai folli — agli anticonformisti, ai ribelli, ai piantagrane, a tutti coloro che vedono le cose in modo diverso — di fare al meglio il loro lavoro. Steve pensava che bastasse questo per poter davvero cambiare il mondo.
Prima di allora non avevo mai conosciuto un leader con una tale passione, o un’azienda con uno scopo così chiaro e trascinante: servire l’umanità. Tutto lì, servire l’umanità. Ed è stato in quel momento, dopo 15 anni di ricerca, che è scattato qualcosa. Mi sentivo finalmente allineato. Allineato con un’azienda che creava cose rivoluzionarie con uno scopo ancora più sensazionale. Allineato con un leader convinto che la tecnologia che non esisteva ancora avrebbe reinventato il mondo di domani. Allineato con me stesso e la mia profonda esigenza di fare qualcosa di più grande. Naturalmente, all’epoca non ne ero consapevole. Ero semplicemente grato che mi fosse stato tolto un peso psicologico. Ma, con il senno di poi, tutto ha acquisito un senso. Non avrei mai trovato il mio scopo lavorando in un’azienda che non avesse un suo scopo ben definito. Steve e Apple mi hanno dato la possibilità di dedicarmi con tutto me stesso al lavoro, di abbracciare la loro mission e di farla mia. Come posso servire l’umanità? Questa è la domanda più importante della vita. Quando lavori a qualcosa che è più grande di te, trovi un senso, trovi lo scopo. Quindi la domanda che spero vi poniate da questo momento in poi è «come posso servire l’umanità?».
La buona notizia è che essendo qui oggi, siete sulla buona strada. Al Mit avete imparato che la scienza e la tecnologia hanno il potere di migliorare il mondo. Grazie alle scoperte fatte proprio qui, miliardi di persone stanno conducendo una vita più sana, produttiva e appagante. E se mai riuscissimo a risolvere anche uno solo dei grandi problemi del mondo, dal cancro ai cambiamenti climatici, alla disuguaglianza educativa, sarà grazie alla tecnologia. Ma la tecnologia da sola non basta. E talvolta può anche essere parte del problema.
L’anno scorso ho avuto l’opportunità di conoscere papa Francesco. È stato l’incontro più incredibile della mia vita. È un uomo che ha passato più tempo a dare conforto agli abitanti delle favelas che a colloquio con i capi di Stato. Non ci crederete, ma sa tante cose sulla tecnologia. Era evidente che avesse studiato la materia, le sue opportunità, i rischi e l’aspetto morale. Quello che mi ha detto durante l’incontro, in una sorta di preghiera, è qualcosa che ci sta molto a cuore in Apple. Ma ha espresso questa preoccupazione condivisa in un modo completamente nuovo: l’umanità non ha mai avuto così tanto potere su se stessa, eppure nulla può garantire che questo potere sarà usato saggiamente. Oggi la tecnologia è parte integrante di quasi tutti gli aspetti della nostra vita, e la maggior parte delle volte viene usata a fin di bene. Eppure, le potenziali conseguenze negative sono sempre più concrete e incombenti. Le minacce alla sicurezza e alla privacy, le notizie false e i social media che diventano antisociali. A volte quella stessa tecnologia che è stata concepita per unirci finisce per dividerci. La tecnologia può fare grandi cose. Ma non vuole [consapevolmente, ndr] fare grandi cose. Non vuole fare niente. Questo ruolo spetta a noi. Spetta ai nostri valori e al nostro impegno verso i nostri familiari, i vicini di casa, le nostre comunità, spetta al nostro amore per la bellezza e alla convinzione che le nostre fedi sono interconnesse, al nostro senso civico e alla nostra bontà d’animo.
Non ho paura che l’intelligenza artificiale dia ai computer la capacità di pensare come gli esseri umani. Sono più preoccupato delle persone che pensano come i computer, senza valori o compassione, senza preoccuparsi delle conseguenze. Questo è quello che vi chiedo di aiutarci a combattere. Perché se la scienza è una ricerca nell’oscurità, allora l’umanità è una candela che ci mostra dove siamo e i pericoli che dobbiamo affrontare. Come disse una volta Steve, la tecnologia da sola non basta. È la tecnologia unita alle arti liberali, a loro volta unite alle scienze umanistiche, che fa cantare i nostri cuori. [...]
Qualsiasi cosa facciate nella vita e qualsiasi cosa noi facciamo in Apple, dobbiamo infonderla dell’umanità con cui ciascuno di noi è nato. È una responsabilità enorme, ma lo è anche l’opportunità che ci offre. Sono ottimista perché credo nella vostra generazione, nella vostra passione, nel vostro viaggio per servire l’umanità. Contiamo tutti su di voi. Là fuori ci sono tante cose e persone che cospirano per rendervi cinici. Internet ci dà tanto ed è di supporto a moltissime persone, ma può anche essere un luogo dove le regole del buon gusto smettono di esistere e dilagano invece superficialità e negatività. Non lasciate che queste piccolezze vi portino fuori strada. Non lasciatevi abbindolare dagli aspetti triviali della vita. Non date retta ai troll e soprattutto, vi prego, non diventatelo voi stessi. Misurate il vostro impatto in termini di umanità e non di «mi piace», considerando le vite che andate a toccare; non in termini di popolarità, ma di persone che aiutate. Mi sono accorto che vivo meglio da quando ho smesso di preoccuparmi di ciò che gli altri pensano di me. Sarà lo stesso per voi. Rimanete concentrati su ciò che conta davvero. Ci saranno volte in cui la vostra dedizione a servire l’umanità verrà messa a dura prova. Siate pronti. La gente cercherà di convincervi che dovete tenere l’empatia al di fuori della vita lavorativa. Non accettate questo falso presupposto. A un’assemblea degli azionisti di alcuni anni fa qualcuno ha messo in discussione l’investimento e l’impegno di Apple a favore dell’ambiente. Mi ha chiesto di fare in modo che Apple investisse esclusivamente in iniziative ecologiche che garantissero un ritorno sull’investimento. Ho cercato di essere diplomatico. Ho sottolineato il fatto che Apple crea molte cose, per esempio le funzioni di accessibilità per chi è affetto da disabilità, che non generano un ritorno. Facciamo le cose che facciamo perché sono le cose giuste da fare, e salvaguardare l’ambiente ne è un esempio concreto. Quella persona ha continuato a insistere, finché non ho perso la pazienza e gli ho detto «se non accetti la nostra posizione, non dovresti essere un azionista Apple».
Quando siete certi che la vostra causa è giusta, dovete avere il coraggio di difenderla. Se vedete un problema o un’ingiustizia, pensate che nessuno tranne voi può risolverlo. Proseguendo nel vostro cammino, usate la vostra mente, le vostre mani e i vostri cuori per creare qualcosa che sia più grande di voi. Ricordate sempre: non esiste un’idea migliore di questa. Come disse Martin Luther King , «tutte le vite sono interconnesse. Siamo tutti legati in un unico destino». Se tenete sempre ben presente questa idea, se scegliete di vivere la vostra vita a metà strada tra la tecnologia e le persone che aiuta, se vi impegnate a creare il meglio, a dare il meglio e a fare il meglio per tutti, non solo per alcuni, allora oggi l’umanità può ben sperare.
Tim Cook
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