Referendum in Lombardia e Veneto: simultaneità e prossimità paiono le parole chiave per capire. La questione territoriale si risolve con la relazione...
del 08 novembre 2017
Referendum in Lombardia e Veneto: simultaneità e prossimità paiono le parole chiave per capire. La questione territoriale si risolve con la relazione...
I referendum in Lombardia e Veneto, non sono solo il riapparire carsico della questione settentrionale. Invito a ragionare su un tema pre-politico: la questione territoriale. Partendo, come sempre, dalle piccole e fredde passioni economiche, la struttura dei modelli produttivi e della composizione sociale, si sarebbe detto un tempo. Evitando, se è possibile, le grandi passioni identitarie che oggi, Catalogna docet, paiono prendere il posto delle ideologie. Ripartendo dai fondamentali, non dai fondamentalismi, nel salto d’epoca che tra flussi globali e luoghi di prossimità fa riapparire il territorio e anche le fibrillazioni dei confini nella geoeconomia.
Epoca non più fordista, città e grandi fabbriche, non più, nel modello italico solo manifattura distrettuale o di filiera, ma conoscenza globale in rete, capitalismo delle reti che impone il salto selettivo all’industria 4.0, la logistica del produrre per competere e nodi urbani da terziario evoluto di economia dei servizi che disegnano le global city che temperiamo sognando smart city. È anche questa una grande passione nell’ipermodernità dell’accelerazione. In altre epoche di discontinuità della storia Braudel aveva fissato questa lunga deriva nel rapporto duale città-contado, sostenendo che non esiste città ricca senza campagna florida e viceversa. Dinamica presente sin dal primo capitalismo nella sua evoluzione sino al quarto, al quinto, al sesto di oggi essendo arrivato al capitalismo delle reti.
Ma per tornare ai temi minuti del Lombardo-Veneto, per capire, serve usare le categorie impolitiche delle piccole e grandi passioni, dell’economia di prossimità da microcosmo e di quelle ipermoderne dei flussi o identitarie. Non usando da politologi l’analisi del voto partendo da Milano, alzando lo sguardo al “contado” lombardo e arrivando in Veneto capiamo un po’ di più della questione territoriale. La grande passione di Milano, della sua neoborghesia dei flussi, finanza, reti e quartieri generali delle imprese globali, più che al locale, guarda a Bruxelles per l’Ema, a Francoforte e al competere con ricerca e università nello spazio globale. Passione che ha contaminato anche la sua composizione sociale che, pur tra precariato e gig economy, spesso sogna California facendo start up e messa al lavoro nel ciclo di Amazon. Si sente città anseatica nel mare dei flussi, nodo di rete tra il sistema Paese e città regione, non solo in Lombardia, ma sull’asse del grande nord. Non a caso Gian Felice Rocca ha posto questo spazio di posizione in un suo scritto come rappresentazione altra dai referendum.
Ma basta uscire dal cerchio magico della Milano “de territorializzata nei flussi” (Bassetti) che riappaiono le piccole e fredde passioni che fanno votare, più che a Milano, il territorio per il referendum. Riappaiono le mitiche valli bergamasche e bresciane, i laghée di Van de Sfroos cantautore lombardo, i capitalisti molecolari della pedemontana lombarda, i sindaci dei piccoli comuni e di quelle che chiamiamo aree interne.
Per rimanere sull’asse pedemontano il farsi smart city di Bergamo del sindaco Gori, e di Brescia con le loro università, il lake district di Como e Lecco e le reti degli aeroporti di Malpensa, Orio al Serio e Ghedi, che si vuole fare hub per il trasporto merci, disegna a sua volta poli di città. Città con intorno il territorio dei resistenti a fronte del tendere ad essere smart city, con in mezzo tanti sindaci dei poli urbani come Gori che hanno il torcicollo trovandosi in mezzo e guardando contemporaneamente al loro territorio e a Milano con la sua area metropolitana in divenire.
È una passione grande, ma di tutt’altro segno, il risultato ampio del Veneto. Se Milano cammina avanti con i piedi nei flussi, il Nord Est cammina, si evolve, ma con la testa all’indietro. Certo, la passione del Leone della Serenissima, così come l’essere regione di confine con le autonomie del Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, pesa, se vogliamo leggere il superamento alto del quorum con la lente della grande ideologia identitaria. Ma se vogliamo tornare alle piccole e fredde passioni economiche, chi ha descritto il Nord Est come il laboratorio del primo post fordismo dell’impresa diffusa e del capitalismo molecolare da qui deve ripartire. Quel modello produttivo segnato dalla crisi è ancora culturalmente egemone, anche se, partendo da quel tessuto in evoluzione giungono oggi segnali di ripresa forte. Trainati da medie imprese internazionalizzate immerse nelle dinamiche Industria 4.0. Ripresa del produrre che non è ancora metamorfosi alla milanese.
Ciò che colpisce del voto è la simbiosi dei risultati elettorali tra tutte le città venete e il loro territorio e le vallate. Manca la città regione che attrae flussi, fa condensa e si fa polo delle “cento città” venete che guardano sia a Monaco che a Milano, con Verona giano bifronte e Venezia, che non lo è pur essendo polo del turismo globale come parco a tema storico immutabile. È un territorio in transizione che si confronta con il fare rete tra città e università, il capitalismo delle reti dell’AV e con la difficoltà di chi ha visto e subìto nella crisi un salto d’epoca selettivo. La questione territoriale è prima di tutto questione sociale ed economica. Anche se letta scavando nella parola pesante identità. Questa, come dice un grande filosofo, non sta nel rinserramento e nella chiusura ma nella relazione. Oserei dire che così letto il referendum è una domanda di relazione. Non è questione solo di schieramenti politici, visto che è posta anche dal presidente Bonaccini dell’Emilia Romagna ,con la sua valle dei motori che va nel mondo, e dal Presidente Emiliano della Puglia, che è sempre più polo attrattivo dei flussi turistici globali.
Simultaneità e prossimità mi paiono le parole chiave per capire. I flussi inducono l’essere simultaneamente a Milano e nel mondo, la prossimità delle nostre economie di territorio cerca relazioni per trasformarsi nella metamorfosi. Qui occorre mettersi in mezzo, tenendo conto che non c’è smart city senza smart land, ridisegnando funzioni e ruoli delle regioni in rapporto con lo stato centrale e l’Europa. Nella relazione c’è la soluzione. Non guardiamo alla Catalogna, ove gli attori in gioco con il silenzio pesante dell’Europa, mi paiono stiano tutti quanti giocando al rinserramento. La questione territoriale si risolve con la relazione.
Aldo Bonomi
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