Dopo aver dedicato il primo anno del triennio di preparazione al Bicentenario della Nascita di Don Bosco a conoscerne la soria e il secondo anno a cogliere in lui i tratti dell'educatore, in questo terzo e ultimo anno intendiamo andare alla sorgente del suo carisma, attingendo alla sua spiritualità.
«DA MIHI ANIMAS, CETERA TOLLE»
Attingiamo all’esperienza spirituale di Don Bosco, per camminare nella santità secondo la nostra specifica vocazione. «La gloria di Dio e la salvezza delle anime».
Carissimi fratelli e sorelle della Famiglia Salesiana,
dopo aver dedicato il primo anno del triennio di preparazione al Bicentenario della Nascita di Don Bosco a conoscere la sua figura storica e il secondo anno a cogliere in lui i tratti fisionomici dell’educatore e ad attualizzare la sua prassi educativa, in questo terzo e ultimo anno intendiamo andare alla sorgente del suo carisma, attingendo alla sua spiritualità.
La spiritualità cristiana ha come centro la carità, ossia la vita stessa di Dio, che nella sua realtà più profonda è Agape, Carità, Amore. La spiritualità salesiana non è diversa dalla spiritualità cristiana; anch’essa è centrata nella carità; in questo caso si tratta della “carità pastorale”, ossia quella carità che ci spinge a cercare “la gloria di Dio e la salvezza delle anime”: «caritas Christi urget nos».
Come tutti i grandi santi fondatori, Don Bosco ha vissuto la vita cristiana con una ardente carità e ha contemplato il Signore Gesù da una prospettiva particolare, quella del carisma che Dio gli ha affidato, ossia la missione giovanile. La “carità salesiana” è carità pastorale, perché cerca la salvezza delle anime, ed è carità educativa, perché trova nell’educazione la risorsa che permette di aiutare i giovani a sviluppare tutte le loro energie di bene; in questo modo i giovani possono crescere come onesti cittadini, buoni cristiani e futuri abitanti del cielo.
Vi invito, dunque, cari fratelli e sorelle, membri tutti della Famiglia Salesiana, ad attingere alle sorgenti della spiritualità di Don Bosco, ossia alla sua carità educativa pastorale; essa ha il suo modello in Cristo Buon Pastore e trova la sua preghiera e il suo programma di vita nel motto di Don Bosco «Da mihi animas, cetera tolle». Potremo così scoprire un “Don Bosco mistico”, la cui esperienza spirituale sta a fondamento del nostro modo di vivere oggi la spiritualità salesiana, nella diversità delle vocazioni che a lui si ispirano.
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Conoscere la vita di Don Bosco e la sua pedagogia non significa ancora comprendere il segreto più profondo e la ragione ultima della sua sorprendente attualità. La conoscenza degli aspetti della vita di Don Bosco, delle sue attività e anche del suo metodo educativo non basta. Alla base di tutto, quale sorgente della fecondità della sua azione e della sua attualità, c’è qualche cosa che spesso sfugge anche a noi, suoi figli e figlie: la profonda vita interiore, quella che si potrebbe chiamare la sua “familiarità” con Dio. Chissà che non sia proprio questo il meglio che di lui abbiamo per poterlo invocare, imitare, seguire per incontrare il Cristo e farlo incontrare ai giovani.
Oggi si potrebbe tracciare il profilo spirituale di Don Bosco, partendo dalle impressioni espresse dai suoi primi collaboratori, passando poi al libro scritto da Don Eugenio Ceria, il “Don Bosco con Dio”, che fu il primo tentativo di sintesi a livello divulgativo della sua spiritualità, confrontando quindi le varie riletture dell’esperienza spirituale di Don Bosco fatte dai suoi Successori, per giungere infine a quelle ricerche che segnarono una svolta nello studio del modo di vivere la fede e la religione da parte di Don Bosco stesso.
Questi ultimi studi risultano più fedelmente aderenti alle fonti, aperti alla considerazione delle varie visioni spirituali che hanno influito su Don Bosco o che con lui hanno avuto contatti (San Francesco di Sales, Sant’Ignazio, Sant’Alfonso Maria dei Liguori, San Vincenzo dÉ Paoli, San Filippo Neri, …), disponibili a riconoscere che la sua è stata comunque un’esperienza originale e geniale. Sarebbe interessante a questo punto avere un nuovo profilo spirituale di Don Bosco, ossia una nuova agiografia così come oggi la teologia spirituale la intende.
Il Don Bosco “uomo spirituale” ha interessato Walter Nigg, pastore luterano e professore di Storia della Chiesa all’Università di Zurigo, che così scriveva: “Presentare la sua figura sorvolando sul fatto che ci troviamo di fronte ad un santo sarebbe come presentare una mezza verità. La categoria del santo deve avere la precedenza rispetto a quella di educatore. Qualsiasi altra graduatoria falserebbe la gerarchia dei valori. D’altra parte il santo è l’uomo nel quale il naturale sconfina nel soprannaturale e il soprannaturale è presente in Don Bosco in misura notevole […] Per noi non ci sono dubbi: il vero santo dell’Italia moderna è Don Bosco”(1).
Negli stessi anni ottanta del secolo scorso l’opinione era condivisa dal teologo P. Dominique Chenu o.p.; alla domanda di un giornalista che gli chiedeva di indicargli alcuni santi portatori di un messaggio di attualità per i nuovi tempi, rispondeva: “Mi piace ricordare, anzitutto, colui che ha precorso il Concilio di un secolo, Don Bosco. Egli è già, profeticamente, un modello di santità per la sua opera che è rottura con un modo di pensare e di credere dei suoi contemporanei”.
In ogni stagione e contesto culturale si tratta di rispondere a queste domande:
- che cosa ha ricevuto Don Bosco dall’ambiente in cui è vissuto? in che misura è debitore al contesto, alla famiglia, alla scuola, alla chiesa, alla mentalità della sua epoca?
- come ha reagito e cosa ha dato al suo tempo e al suo ambiente?
- come ha influito sui tempi successivi?
- come lo hanno visto i suoi contemporanei: salesiani, popolo, chiesa, laici? come lo hanno compreso le successive generazioni?
- quali aspetti della sua santità oggi appaiono a noi più interessanti?
- come tradurre nell’oggi, senza ricopiare, il modo in cui Don Bosco al suo tempo ha interpretato il Vangelo di Cristo?
Queste sono domande a cui dovrebbe rispondere una nuova agiografia di Don Bosco. Non si tratta di pervenire alla identificazione di un profilo di Don Bosco definitivo e sempre valido, ma di evidenziarne uno adeguato alla nostra epoca. É evidente che di ogni santo si sottolineano gli aspetti che interessano per la loro attualità e si trascurano quelli che non si ritengono necessari nel proprio momento storico o si stimano irrilevanti per caratterizzarne la figura.
I santi infatti sono una risposta al bisogno spirituale di una generazione, l’illustrazione eminente di ciò che i cristiani di un’epoca intendono per santità. Evidentemente l’auspicata imitazione di un santo non può che essere “proporzionale” al riferimento assoluto che è Gesù di Nazareth; infatti ogni cristiano, nella concretezza della sua situazione, è chiamato a incarnare a modo proprio l’universale figura di Gesù, senza ovviamente esaurirla. I santi offrono un cammino concreto e valido verso questa identificazione con il Signore Gesù.
Nel commento alla Strenna che proporrò alla Famiglia Salesiana, questi saranno i tre contenuti fondamentali che svilupperò. Al termine di essi offrirò alcuni impegni concreti che qui già anticipo nella loro completezza.
1. Esperienza spirituale di Don Bosco
La spiritualità è un modo caratteristico di sentire la santità cristiana e di tendere ad essa; è un modo particolare di ordinare la propria vita all'acquisto della perfezione cristiana e alla partecipazione di uno speciale carisma. In altri termini è il vissuto cristiano, un’azione congiunta con Dio che presuppone la fede.
La spiritualità salesiana consiste di vari elementi: è uno stile di vita, preghiera, lavoro, rapporti interpersonali; una forma di vita comunitaria; una missione educativa pastorale sulla base di un patrimonio pedagogico; una metodologia formativa; un insieme di valori e atteggiamenti caratteristici; una peculiare attenzione alla Chiesa e alla società attraverso settori specifici di impegno; un'eredità storica di documentazione e scritti; un linguaggio caratteristico; una serie tipica di strutture e opere; un calendario con feste e ricorrenze proprie; ...
Il punto di partenza dell’esperienza spirituale di Don Bosco è “la gloria di Dio e la salvezza delle anime”; ciò è stato da lui formulato nel suo programma di vita “da mihi animas, cetera tolle”. La radice profonda di tale esperienza è l’unione con Dio, come espressione della vita teologale che si sviluppa con la fede, la speranza e la carità, e dello spirito di autentica pietà. Questa esperienza si traduce in azioni visibili; senza le opere la fede è morta e senza la fede le opere sono vuote. Infine essa ha come punto di arrivo la santità: la santità è possibile a tutti, dipende dalla nostra cooperazione con la grazia; a tutti è data la grazia per essa.
La nostra spiritualità corre il rischio di vanificarsi perché i tempi sono cambiati e perché talvolta noi la viviamo superficialmente. Per attualizzarla dobbiamo ripartire da Don Bosco, dalla sua esperienza spirituale e dal sistema preventivo. I chierici del tempo di Don Bosco vedevano ciò che non andava e non volevano essere religiosi, ma erano incantati da lui. I giovani hanno bisogno di “testimoni”, come scrisse Paolo VI. Ci vogliono "uomini spirituali", uomini di fede, sensibili alle cose di Dio e pronti alla obbedienza religiosa nella ricerca del meglio. Non è la novità che ci rende liberi, ma la verità; la verità non può essere moda, superficialità, improvvisazione: «veritas liberabit vos».
2. Centro e sintesi della spiritualità salesiana: la carità pastorale
Un’espressione di San Francesco di Sales dice: “La persona è la perfezione dell’universo; l’amore è la perfezione della persona; la carità è la perfezione dell'amore”.(2) É una visione universale che colloca in scala ascendente quattro modi di esistere: l’essere, l’essere persona, l’amore come forma superiore a qualsiasi altra espressione, la carità come espressione massima dell’amore.
La carità è il centro di ogni spiritualità cristiana: non è solo il primo comandamento, ma è anche la fonte di energia per progredire. L’accendersi della carità in noi è un mistero e una grazia; non proviene da iniziativa umana, ma è partecipazione alla vita divina ed effetto della presenza dello Spirito. Non potremmo amare Dio se Lui non ci avesse amato per primo, facendoci sentire e dandoci il gusto e il desiderio, l’intelligenza e la volontà, per corrispondervi. Non potremmo nemmeno amare il prossimo e vedere in esso l’immagine di Dio, se non avessimo l’esperienza personale dell’amore di Dio.
La carità pastorale è una espressione della carità, che ha molte manifestazioni: l’amore materno, l’amore coniugale, la compassione, la misericordia, il perdono, ... Essa sta ad indicare una forma specifica di carità. Richiama la figura di Gesù Buon Pastore, non soltanto per le modalità del suo operare: bontà, ricerca di chi si è perso, dialogo, perdono; ma anche e soprattutto per la sostanza del suo ministero: rivelare Dio a ciascun uomo e a ciascuna donna. É più che evidente la differenza con altre forme di carità che rivolgono attenzione preferenziale a particolari bisogni delle persone: salute, cibo, lavoro. L’elemento tipico della carità pastorale è l’annuncio del Vangelo, l’educazione alla fede, la formazione della comunità cristiana, la lievitazione evangelica dell’ambiente.
La carità pastorale salesiana ha poi una sua caratteristica propria, documentata anche dagli inizi della nostra storia: “La sera del 26 gennaio 1854 ci siamo radunati nella camera di Don Bosco e ci venne proposto di fare con l’aiuto del Signore e di San Francesco di Sales una prova di esercizio pratico di carità verso il prossimo, ... D’allora è stato dato il nome di salesiani a coloro che si proposero o si proporranno questo esercizio”.(3) La carità pastorale è centro e sintesi della nostra spiritualità, che ha il suo punto di partenza nell’esperienza spirituale di Don Bosco stesso e nella sua preoccupazione per le anime. Dopo Don Bosco, i suoi Successori hanno riaffermato la stessa convinzione; è interessante il fatto che tutti si siano premurati di ribadirlo con una convergenza che non lascia spazio al dubbio. Essa si esprime nel motto “da mihi animas, cetera tolle”.
3. Spiritualità salesiana per tutte le vocazioni
Se è vero che la spiritualità cristiana ha elementi comuni e validi per tutte le vocazioni, è pur vero che essa è vissuta con differenze peculiari e specificità a secondo del proprio stato di vita: il ministero presbiterale, la vita consacrata, i fedeli laici, la famiglia, i giovani, gli anziani, … hanno un loro modo tipico di vivere l’esperienza spirituale. Lo stesso vale per la spiritualità salesiana.
Nella “Carta di identità della Famiglia salesiana” sono stati individuati i tratti spirituali caratteristici di tutti i suoi gruppi; ciò viene rilevato soprattutto nella parte terza di questo documento. D’altra parte i vari gruppi legittimamente, per la loro origine e per il loro sviluppo, hanno storie e caratteristiche spirituali proprie, che sono da conoscere e costituiscono una ricchezza per tutta la Famiglia stessa.
Nel tempo si è sviluppata pure una spiritualità giovanile salesiana. Pensiamo, oltre alle tre biografie dei giovani Michele Magone, Domenico Savio e Francesco Besucco, scritte da Don Bosco, alle pagine che gli indirizza attraverso il “Giovane provveduto” ai giovani stessi, alle Compagnie, … Sarebbe interessante conoscere gli sviluppi della spiritualità giovanile salesiana nel tempo, fino ad arrivare agli anni novanta, quando è stata data anche una formulazione autorevole di questa spiritualità anche attraverso il Movimento Giovanile Salesiano. É da approfondire cosa e come proporre ai giovani non credenti, indifferenti o appartenenti ad altre religioni, elementi di spiritualità salesiana giovanile.
I gruppi della Famiglia salesiana coinvolgono numerosi laici nella loro missione. Siamo consapevoli che non vi può essere un coinvolgimento pieno, se non c’è anche una condivisione dello stesso spirito. Comunicare la spiritualità salesiana ai laici corresponsabili con noi dell’azione educativa pastorale diventa un impegno fondamentale. I salesiani, come anche altri gruppi della Famiglia salesiana, hanno fatto un lavoro esplicito di formulazione di una spiritualità laicale salesiana nel Capitolo generale XXIV (4). Certamente i gruppi laicali della famiglia salesiana costituiscono una fonte di ispirazione per tale spiritualità.
Dopo che siamo diventati maggiormente consapevoli che non vi può essere pastorale giovanile senza pastorale famigliare, ci stiamo interrogando su quale spiritualità familiare salesiana elaborare e proporre. Ci sono esperienza di famiglie che si ispirano a Don Bosco. Qui il cammino è ancora agli inizi, ma è una strada che ci aiuta a sviluppare la nostra missione popolare, oltre che giovanile.
4. Impegni per la Famiglia salesiana
4.1. Impegniamoci ad approfondire quale è stata l’esperienza spirituale di Don Bosco, il suo profilo spirituale, per scoprire il “Don Bosco mistico”; potremo così imitarlo, vivendo un’esperienza spirituale con identità carismatica. Senza appropriarci della esperienza spirituale vissuta da Don Bosco, non potremo essere consapevoli della nostra identità spirituale salesiana; solo così saremo discepoli e apostoli del Signore Gesù, avendo Don Bosco come modello e maestro di vita spirituale. La spiritualità salesiana, reinterpretata e arricchita con l’esperienza spirituale della Chiesa del dopo Concilio e con la riflessione della teologia spirituale di oggi, ci propone un cammino spirituale che conduce alla santità. Riconosciamo che la spiritualità salesiana è una vera e completa spiritualità: essa ha attinto alla storia della spiritualità cristiana, soprattutto a San Francesco di Sales; ha la sua sorgente nella peculiarità e originalità dell’esperienza di Don Bosco, si è arricchita con l’esperienza ecclesiale ed è giunta alla rilettura e alla sintesi matura di oggi.
4.2. Viviamo il centro e la sintesi della spiritualità salesiana, che è la carità pastorale. Essa è stata vissuta da Don Bosco come ricerca della “gloria di Dio e salvezza delle anime” e si è fatta per lui preghiera e programma di vita nel “da mihi animas, cetera tolle”. É una carità che ha bisogno di alimentarsi con la preghiera e fondarsi su di essa, guardando al Cuore di Cristo, imitando il Buon Pastore, meditando la Sacra Scrittura, vivendo l’Eucaristia, dando spazio alla preghiera personale, assumendo la mentalità del servizio ai giovani. É una carità che si traduce e si rende visibile in gesti concreti di vicinanza, affetto, lavoro, dedizione. Assumiamo il sistema preventivo come esperienza spirituale e non solo come proposta di evangelizzazione e metodologia pedagogica; esso trova la sua sorgente nella carità di Dio che previene ogni creatura con la sua Provvidenza, l’accompagna con la sua presenza e la salva donando la vita; esso ci dispone ad accogliere Dio nei giovani e ci chiama a servirlo in loro, riconoscendone la dignità, rinnovando la fiducia nelle loro risorse di bene ed educandoli alla pienezza di vita.
4.3. Comunichiamo la proposta della spiritualità salesiana secondo la diversità delle vocazioni specialmente ai giovani, ai laici coinvolti nella missione di Don Bosco, alle famiglie. La spiritualità salesiana ha bisogno di essere vissuta secondo la vocazione che ognuno ha ricevuto da Dio. Riconosciamo i tratti spirituali comuni dei vari gruppi della Famiglia salesiana, indicati nella “Carta di identità”; facciamo conoscere i testimoni della santità salesiana; invochiamo l’intercessione dei nostri Beati, Venerabili e Servi di Dio e chiediamo la grazia della loro canonizzazione. Offriamo ai giovani che accompagniamo la spiritualità giovanile salesiana. Proponiamo la spiritualità salesiana ai laici impegnati a condividere la missione di Don Bosco. Con attenzione alla pastorale famigliare, indichiamo alle famiglie una spiritualità adatta alla loro condizione. Infine invitiamo a fare esperienza spirituale anche giovani, laici e famiglie delle nostre comunità educative pastorali o dei nostri gruppi e associazioni che appartengono ad altre religioni o che si trovano in situazione di indifferenza di fronte a Dio; anche per loro è possibile l’esperienza spirituale come spazio per l’interiorità, il silenzio, il dialogo con la propria coscienza, l’apertura al trascendente.
4.4. Leggiamo alcuni testi di Don Bosco, che possiamo considerare come fonti della spiritualità salesiana. Vi propongo una raccolta di scritti spirituali di Don Bosco, in cui egli appare come un vero maestro di vita spirituale (5). Potremo così attingere a pagine che ci parlano con immediatezza del vissuto spirituale salesiano e dell’esperienza che ognuno di noi può assumere.
Don Pascual Chávez V., SDB
Rettor Maggiore
(1) W. NIGG, Don Bosco. Un santo per il nostro tempo, Torino, LDC, 1980, 75.103.
(2) Cfr. FRANCESCO DI SALES, Trattato dell'amore di Dio, Vol II, libro X, c. 1
(3) MB V, 9.
(4) CG24, Salesiani e laici: comunione e condivisione nello spirito e nella missione di Don Bosco, Roma 1996, nn.89-100.
(5) A. GIRAUDO (a cura), Insegnamenti di vita spirituale, LAS 2013.
Don Pascual Chávez
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