La famiglia ordinaria, quella che ogni giorno vive e lavora, combatte la sua battaglia per accogliere la vita e far crescere i figli, è completamente ignorata dai mezzi di informazione. Semplicemente non fa notizia...
del 20 marzo 2019
La famiglia ordinaria, quella che ogni giorno vive e lavora, combatte la sua battaglia per accogliere la vita e far crescere i figli, è completamente ignorata dai mezzi di informazione. Semplicemente non fa notizia...
“Como, fiocco rosa per la mamma dei record: undici figli a 38 anni”: titolava così il Corriere della Serapoche settimana fa per raccontare la storia di Claudia e Diego, lei mamma a tempo pieno e lui consulente informatico. Sposati da 17 anni. “Una famiglia normale come tante altre”, dice Claudia, frastornata dalle interviste, “semplicemente più numerosa”. Grazie a questa esperienza, che senza dubbio esula dall’ordinario, la famiglia ordinaria ha bucato lo schermo, ha trovato spazio anche sulla carta stampata e sul web di informazione. Ma una rondine non fa primavera.
Quale immagine di famiglia emerge sui mezzi di informazione? Ad una prima indagine, il quadro non è molto confortante. La vita ordinaria non interessa perché, si dice, la banalità del quotidiano non fa notizia. Eppure, tante volte dietro il velo del consueto vi sono esperienze bellissime che andrebbero conosciute e potrebbero contribuire a far emergere lo straordinario ruolo sociale della famiglia.
Non appare neppure la vita straordinaria di tante famiglie, non c’è mai spazio per raccontare testimonianze che danno alla famiglia un volto eroico. Penso ad esempio all’associazione Mamme matteche raccoglie un gruppo di famiglie che hanno scelto di adottare quei bambini che gli altri scartano, cioè i bambini affetti da grave disabilità. In una società che ha fatto dell’inclusione il suo mantra, una testimonianza come questa dovrebbe stare in prima fila. E invece non trova spazio.
In questa generale disattenzione, l’unica famiglia che appare sui mezzi di informazione è quella multiproblematica o, meglio ancora, quella in cui avvengono tragedie che attirano la morbosa curiosità dei lettori. Amplificare il male non solo non è una buona informazione ma è anche una plateale deformazione della realtà.
Si dirà che questa famiglia non fa notizia. Eppure chi legge i quotidiani si accorge che uno spazio sempre maggiore viene dato al mondo animale. Non si tratta di storie straordinarie. Evidentemente c’è una precisa strategia culturale che passa e s’impone attraverso l’appoggio sistematico dei grandi mezzi di comunicazione. Tutto questo non avviene quando si tratta della famiglia. Anzi, possiamo registrare un sistematico depistaggio, una fomentata indifferenza. Eppure …
La famiglia ordinaria, quella che ogni giorno vive e lavora, combatte la sua battaglia per accogliere la vita e far crescere i figli, quella che cerca di intrecciare vita domestica e lavorativa, responsabilità educativa e impegno sociale, quella che porta il peso della disabilità di figli e di genitori anziani, quella che ammortizza i costi sociali della disoccupazione … questa famiglia non appare. Eppure, per usare una bella immagine di Ernesto Galli della Loggia, “nei grandi disastri delle biografie personali e della storia collettiva, in tutti gli 8 settembre della vita, è a quella zattera sconnessa che finiamo ogni volta per aggrapparci disperatamente, inevitabilmente, per cercarvi un momento di respiro o l’ultimo aiuto possibile”.
La famiglia è un buon punto di partenza. La famiglia come luogo in cui l’amore non resta un sentimento egoistico ma diventa una storia di condivisione e di servizio. La famiglia come grembo in cui la vita nasce e cresce. La famiglia come casa in cui i figli imparano che la solidarietà non è solo una bella parola ma una sfida impegnativa che chiede a ciascuno di farsi più piccolo per dare spazio all’altro. La famiglia in cui Dio non è assente per principio ma è presente perché senza di Lui non avremmo il coraggio di ricominciare ogni giorno a tessere una storia in cui il bene comune è più importante del benessere individuale.
È questo la motivazione che alcuni anni fa, nonostante i pochi mezzi, ho spinto alcuni sposi a fondare Punto Famiglia, prima la rivista e poi l’editrice. Volevamo entrare nell’agorà mediatico con una nostra voce. Eravamo e siamo convinti che la famiglia sia un punto attorno al quale possiamo ritrovarci e dal quale ripartire per una società dal volto umano.
don Silvio Longobardi
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