Risolte le più preoccupanti situazioni, grazie all'aiuto della Provvidenza, per dare un alloggio ai tanti giovani che bussavano alla sua porta, aprendo case e oratori nuovi in città, Don Bosco non nasconde le tante altre difficoltà alle quali dovette far fronte per creare un clima familiare, educativo e religioso...
Risolte le più preoccupanti situazioni, grazie all’aiuto della Provvidenza, per dare un alloggio ai tanti giovani che bussavano alla sua porta, aprendo case e oratori nuovi in città, Don Bosco non nasconde le tante altre difficoltà alle quali dovette far fronte per creare un clima familiare, educativo e religioso, senza equivoci. Erano anni difficili anche politicamente: i moti per l’unità d’Italia, le manifestazioni politiche pubbliche, le fazioni anticlericali che tentavano di neutralizzare il grande ascendente spirituale e umano che aveva sui giovani, misero alla prova la sua tenacia nell’opporsi ai tentativi di immischiarlo nelle vicende politiche e di parte, compresa la sua fedeltà al suo sacerdozio a servizio dei suoi ragazzi, a servizio della Chiesa.
Riportiamo, come esempio tra i tanti, qualche tratto del dialogo con il Marchese Roberto d’Azeglio, promotore di grandi manifestazioni politiche, nelle quali voleva coinvolgere anche Don Bosco con i suoi ragazzi. Ma Don Bosco voleva rimanerne estraneo; le considerava come «accettazione di princìpi dalle funeste conseguenze». – Sig. Marchese, è mio fermo sistema tenermi estraneo a ogni cosa che si riferisca alla politica. Non mai pro, non mai contro. – Che cosa volete dunque fare? – Fare quel po’ di bene che posso ai giovanetti abbandonati, adoperandomi con tutte le forze affinché diventino buoni cristiani in faccia alla religione e onesti cittadini in mezzo alla civile società. – Capisco, ma vi sbagliate, e se persistete in questo principio voi sarete abbandonato da tutti, e l’opera vostra diventerà impossibile... – Vi ringrazio del vostro buon volere e dei consigli che mi date. Invitatemi a qualunque cosa dove il prete possa esercitare la carità, e voi mi vedrete pronto a sacrificare vita e sostanze. Ma io voglio essere ora e sempre estraneo alla politica. Conclude Don Bosco, piuttosto amaramente: «Quel rinomato patrizio mi lasciò e d’allora in poi non ci furono più relazioni tra noi. Dopo di lui parecchi altri laici ed ecclesiastici mi abbandonarono».
Nuove opere e iniziative, difficoltà, minacce, attentati
Don Bosco racconta della grande soddisfazione quando poté inaugurare la nuova chiesa di San Francesco di Sales rispondente al numero sempre più crescente di ragazzi. Ma è anche in quegli anni che Don Bosco, per contrastare gli errori provenienti da una ossessiva propaganda dei protestanti, ai quali il governo aveva riconosciuto la libertà di culto, volle mettere in mano ai fedeli, soprattutto ai giovani, qualche strumento per fare chiarezza e superare larghe sacche di ignoranza: fu questa la pubblicazione mensile delle Letture Cattoliche, edizioni di piccolo formato, di carattere popolare, istruttivo che furono accolte con grande favore popolare ed ebbero larghissima diffusione. Ma esse disturbarono anche le parti avverse, che fecero di tutto per farlo desistere dalla pubblicazione.
Qualcuno passò anche alle minacce e ai fatti, tentando di farlo fuori con astuti inganni e attentati veri e propri. Raccontandone alcuni, così si introduce Don Bosco nelle sue Memorie: «Sembrano favole gli attentati che vo raccontando, ma purtroppo sono dolorose verità che ebbero numerosissimi testimoni », tra i quali c’erano di frequente gli stessi ragazzi di Don Bosco. Racconta infatti che una sera di agosto stava con i suoi giovani accanto al cancello che immette nell’Oratorio, quando giunse un forsennato che gridava: «Voglio Don Bosco, Voglio Don Bosco». Tutti fuggirono e Don Bosco ebbe appena il tempo di chiudere il cancello mentre l’altro, in preda alla furia, mordeva e sbatteva le stanghe per aprirlo... Fu chiamata la pubblica sicurezza che riuscì a catturarlo. Seppero che era stato pagato per fare fuori Don Bosco. Altra volta fu chiamato presso una signora moribonda. Don Bosco vi andò ma, per prudenza, con alcuni dei suoi giovani più grandi che rimasero sulle scale dell’appartamento...
Quando Don Bosco entrò, ad attenderlo c’erano quattro uomini robusti. Dopo una breve discussione, cominciò una pioggia di finte bastonate tra loro, dirigendosi però verso Don Bosco. Scrive: «Indovinai tosto il gioco, che consisteva nel farmi la festa. Non avendo tempo da pensare, diedi mano a una sedia, me la misi in capo, e sotto quel parabastonate camminando verso l’uscita riceveva quei colpi di bastone che, con gran rumore, cadevano sopra la sedia. Uscito da quella fucina di Satana, mi lanciai tra le braccia dei miei giovani che a quel rumore e a quegli schiamazzi volevano a ogni costo entrare». Don Bosco ne uscì salvo solo, ma ebbe una ferita al pollice, «di cui porto ancora la cicatrice».
Il cane Grigio
Tra tante pericolose vicende, la Provvidenza gli venne in aiuto anche con un fatto singolare di cui lui stesso non sa dare una precisa spiegazione. Si tratta di un cane di belle proporzioni che, improvvisamente, più volte gli si affiancava per condurlo fino all’Oratorio o lo difendeva da aggressioni pericolose. Lo chiamarono “ il cane Grigio”.
Scrive nelle Memorie: «Il cane Grigio fu un tema di molti discorsi e di varie supposizioni... Ora, lasciando a parte le strane storielle che di questo cane si raccontano, io vi verrò esponendo quanto è pura verità». E racconta del suo primo incontro con questo misterioso cane. «Un sera oscura, alquanto sul tardi, veniva a casa soletto, non senza un po’ di panico, quando mi vedo accanto un grosso cane che, a primo aspetto, mi spaventò; ma facendo moine come se io fossi il suo padrone, mi accompagnò sino all’Oratorio. Ciò avvenne molte altre volte, sicché posso dire che il Grigio mi ha reso importanti servigi. Ne esporrò alcuni». E qui, infatti espone una serie di curiose situazioni in cui il cane diventa il vero protagonista in difesa di Don Bosco. Racconta che una sera nebbiosa di novembre, scendendo da Via della Consolata per recarsi all’Oratorio, venne assalito da due loschi figuri che gli buttarono addosso un mantello e gli turarono la bocca con degli stracci. Don Bosco si vedeva perduto, quando, improvvisamente, sbucò il cane che, assaliti i due briganti, con la veemenza di un furioso mastino, li fece fuggire mentre gridavano, a loro volta, di richiamare indietro quel cane. «Tuttte le sere, continua nel suo racconto Don Bosco, quando non era accompagnato, passati gli edifizi, mi vedeva spuntare il Grigio... ». La prima volta, vedendolo entrare nel cortile, i ragazzi lo presero a sassate per farlo fuggire, ma saputo che era “il cane di Don Bosco”, cominciarono ad accarezzarlo in mille modi e lo condussero da Don Bosco che era in refettorio. Scrive, quasi divertito, «ero a cena con alcuni preti e chierici e con mia madre. A quella vista inaspettata rimasero tutti sbigottiti: «Non temete, dissi, è il mio Grigio: lasciatelo venire». Il cane andò accanto a Don Bosco, non volle neppure un pezzetto di pane, pose il capo sulle ginocchia di Don Bosco quasi volesse dargli la buona sera, poi si lasciò accompagnare fino all’uscita dell’Oratorio e scomparve. L’ultima volta che lo vide fu nel 1866.
Don Bosco si trovava da solo sulla strada che da Buttigliera (quattro chilometri dai Becchi), conduce al paese di Moncucco, presso la famiglia dei Moglia che lo stavano attendendo. Si faceva notte e la mèta era ancora lontana. Gli prese un po’ di paura. Pensò: “Oh, se avessi il mio Grigio, quanto mi sarebbe opportuno”. Dal prato accanto, ecco spuntare il Grigio che gli corse incontro a fargli gran festa. Lo accompagnò fino in casa dei suoi ospiti. Durante la cena il Grigio scomparve, per sempre». È storia di Santi: la Provvidenza non li lascia mai soli: ha i suoi metodi e i suoi misteri; chi si affida, non resta deluso.
Don Emilio Zeni
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