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L'idea del cooperatore nella mente di don Bosco

Per designare i suoi aiutanti non religiosi, don Bosco tergiversò parecchio prima di risolversi ad assumere la denominazione di «cooperatori salesiani», apparsa solamente al termine di una lunga catena di eventi.


L’idea del cooperatore nella mente di don Bosco

Don Bosco non si vergognò mai di chiedere l’elemosina

A Tolone, nel 1881, dopo una conferenza, «Don Bosco in ferraiolo e con il piatto d’argento nelle mani fece il giro della chiesa questuando. Durante tale operazione accadde un incidente degno di rilievo. Un operaio, nell’atto che Don Bosco gli presentava il piatto, voltò la faccia dall’altra parte, alzando sgarbatamente le spalle. Don Bosco, passando oltre, gli disse con tutta amorevolezza: “Dio vi benedica”. L’operaio allora si mette la mano in tasca e depone un soldo nel piatto. Don Bosco, fissandolo in faccia, gli disse: “Dio vi ricompensi”. L’altro, rifatto il gesto, offre due soldi. E Don Bosco: “Oh mio caro, Dio vi rimeriti sempre di più”. Quell’uomo, ciò udito, cava fuori il portamonete e dona un franco. Don Bosco gli dà uno sguardo pieno di commozione e si avvia; ma, quel tale, quasi attratto da una forza magica, lo segue per la chiesa gli va appresso nella sacrestia, esce dietro di lui in città e non lascia di stargli alle spalle, finché non lo vede scomparire» (Memorie Biografiche XV, 63).

I cooperatori di don Bosco

          Per designare i suoi aiutanti non religiosi, don Bosco tergiversò parecchio prima di risolversi ad assumere la denominazione di «cooperatori salesiani», apparsa solamente al termine di una lunga catena di eventi.

          L’introduzione del testo di regolamento, pubblicato ad Albenga nel 1876, si apriva con le parole: «Al lettore. Appena s’incominciò l’Opera degli Oratorii nel 1841 tosto alcuni pii e zelanti sacerdoti e laici vennero in aiuto a coltivare la messe che fin d’allora si presentava copiosa nella classe de’ giovanetti pericolanti. Questi Collaboratori o Cooperatori furono in ogni tempo il sostegno delle Opere Pie che la Divina Provvidenza ci poneva tra mano».

          Non solo Cooperatori con promessa, ma una vasta rete di cooperazione, sostegno, simpatie, beneficenza…, curatissima. Va recuperata questa geniale intuizione di don Bosco, potenziata da don Rua e successori, che ha reso possibile la diffusione mondiale dell’Opera salesiana.

          Ultimamente si è cercato di dare più consistenza al Cooperatore, valorizzando una componente della visione di don Bosco (quella del salesiano “esterno”).

          In don Bosco c’è l’idea che gli veniva dalla riorganizzazione dei cattolici per la ricristianizzazione della società; l’idea della beneficenza alle opere salesiane; l’idea del “volontariato” laicale cattolico, pastorale (fare catechismi, cooperare i parroci) o sociale (educare, assistere, formare, proteggere).

          Fatti e conferenze di don Bosco integrano l’identità, le forme e i significati dell’azione della cooperazione. I destinatari sono cooperatori e benefattori, ma anche persone impegnate in diverse iniziative di apostolato (autonome o inserite in ambiti ecclesiali). La carità materiale occupa spazi estesi nei fatti e nelle parole, con appelli sempre più insistenti ed esigenti.

Nel secolo XXI

          Approvato dalla Santa Sede il 9 maggio 1986, promulgato dal rettor maggiore don Egidio Viganò il successivo 24 maggio, il Nuovo regolamento delinea l’immagine rinnovata del cooperatore salesiano all’alba del secolo xxi, in riferimento alla sua identità, al suo spirito, alla sua missione e all’organizzazione dell’associazione.

          «II Cooperatore è un cattolico che vive la sua fede ispirandosi, entro la propria realtà secolare, al progetto apostolico di Don Bosco: si impegna nella stessa missione giovanile e popolare, in forma fraterna e associata; sente viva la comunione con gli altri membri della Famiglia salesiana; opera per il bene della Chiesa e della società; in modo adatto alla propria condizione e alle sue concrete possibilità».

          Gli estensori di questo articolo hanno voluto ricollegarsi alle primitive intenzioni di don Bosco, secondo cui il cooperatore è un vero salesiano nel mondo, ossia un cristiano, laico o prete, che senza legami di voti religiosi, realizza la propria vocazione alla santità al servizio della missione giovanile e popolare secondo lo spirito di don Bosco. L’identità del cooperatore così delineata presenta tre tratti caratterizzanti: egli è un cristiano cattolico, è secolare ed è salesiano.

Don Pascual Chávez Villanueva

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