Il Signore chiama tutti alla santità

La santità non è una cosa per privilegiati, il Signore chiama tutti, da tutti aspetta Amore: da tutti, dovunque si trovino; da tutti, qualunque sia il loro stato, la loro professione o mestiere. Questa idea della santità per tutti - che dovrebbe scatenare un immenso cambiamento anche sociale - ancora non è "passata" fino in fondo nell'opinione pubblica cattolica...

Il Signore chiama tutti alla santità

Cinquanta anni fa il Concilio Vaticano II asserì, senza essere pienamente compreso dall’opinione pubblica cattolica, l’universalità della vocazione alla santità. A distanza di 10 lustri, Il Santo Padre torna sull’argomento e nel messaggio consegnato ai fedeli in occasione dell’udienza del 13 aprile 2011, dal titolo Santità, ribadisce con forza che la santità è per tutti e con acuto spessore teologico, attraverso un ragionamento sillogistico, dimostra la verità dell’asserzione, spiegando che Dio, con il suo Spirito, ci anima dal di dentro e ci guida grazie al suo amore, permettendoci di tendere verso l’alto e condividere, un giorno, la vita eterna.

L’intuizione conciliare

Mentre ci apprestiamo a festeggiarne il 50esimo anniversario, non è fuori luogo domandarci quale sia in effetti l'idea principale del Concilio Vaticano II, quella che riassume le grandi "aperture" verso la società di oggi (con l'invito a cogliere i "segni dei tempi"), e verso le altre religioni e opinioni ("i semi di verità" diffusi ovunque ma che vengono comunque da Cristo): la riscoperta del laicato e della Parola di Dio, che un certo clericalismo rischiava di oscurare, e infine anche il rinnovamento liturgico e la continuità sui temi dell'etica, a cominciare dalla condanna dell'aborto.

Il gesuita Virginio Rotondi, che fu tra i grandi divulgatori delle novità conciliari, non aveva dubbi: proclamare la vocazione universale alla santità e' stata la più grande intuizione dell'assise conciliare. Nella costituzione dogmatica sulla Chiesa, la Lumen gentium, al numero 40 si legge: "È evidente per tutti che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano".

Non si può dire che questa idea sia nuova per la Chiesa, perché San Paolo aveva detto con chiarezza queste cose, ma certo esse non erano più al centro della predicazione. Anche se, contro tendenza, già nel 1930 Jose' Maria Escrivà de Balaguer, il fondatore dell'Opus Dei proclamato santo da Giovanni Paolo II, assicurava: "La santità non è una cosa per privilegiati, il Signore chiama tutti, da tutti aspetta Amore: da tutti, dovunque si trovino; da tutti, qualunque sia il loro stato, la loro professione o mestiere".  

E dobbiamo ammettere che 50 anni dopo il Concilio questa idea della santità per tutti - che dovrebbe scatenare un immenso cambiamento anche sociale - ancora non è "passata" fino in fondo nell'opinione pubblica cattolica, che legge spesso le iniziative della Chiesa in senso riduttivo, come una sorta di politica non partitica.

Il messaggio del Papa

Benedetto XVI ha dedicato a tutto questo l'Udienza Generale del 13 aprile 2011, nella quale spiega che "la pienezza della vita cristiana e non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell'unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti". Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa, ha osservato il Papa teologo, "parla con chiarezza della chiamata universale alla santità, affermando che nessuno ne è escluso".

"Una vita santa - ha ammonito - non è frutto principalmente del nostro sforzo, perché è Dio, il tre volte Santo, che ci rende santi, è l'azione del suo Spirito che ci anima dal di dentro, è la vita stessa di Cristo Risorto che ci è comunicata e che ci trasforma". La santità ha dunque "la sua radice ultima nella grazia battesimale, nell'essere innestati nel Mistero pasquale di Cristo, con cui ci viene comunicato il suo Spirito, la sua vita di Risorto". San Paolo, ha rimarcato ancora il Papa, "sottolinea in modo molto forte la trasformazione che opera nell'uomo la grazia battesimale e arriva a coniare una terminologia nuova, forgiata con la preposizione 'con': con-morti, con-sepolti, con-risucitati, con-vivificati con Cristo; il nostro destino è legato indissolubilmente al suo".

Il sillogismo incentrato sull’amore

Ma "come può avvenire che il nostro modo di pensare e le nostre azioni diventino il pensare e l'agire di Cristo? Qual è l'anima della santità?", si è chiesto ancora il Papa teologo, ritrovando la risposta proprio nel Concilio Vaticano II che ci offre un'indicazione precisa; ci dice che la santità cristiana non e' altro che la carità' pienamente vissuta". In proposito il Papa ha ricordato la frase di Sant'Agostino "Ama e fa' ciò che vuoi". "Chi è guidato dall'amore, chi vive la carità pienamente - ha confermato Benedetto XVI - è guidato da Dio, perché Dio è amore". 

Un cammino per tutti

Il Pontefice teologo si è chiesto però "possiamo noi con i nostri limiti tendere così in alto?". La Chiesa, durante l'anno liturgico, ha risposto, "ci invita a fare memoria di una schiera di santi, di coloro cioè che hanno vissuto pienamente la carità, hanno saputo amare e seguire Cristo nella loro vita quotidiana. Essi ci dicono che è possibile per tutti percorrere questa strada". "In ogni epoca della storia della Chiesa, ad ogni latitudine della geografia del mondo, i santi appartengono a tutte le età e ad ogni stato di vita, sono volti concreti di ogni popolo, lingua e nazione". "Devo dire anche che per la mia fede personale - ha confidato Joseph Ratzinger - molti santi, non tutti, sono vere stelle nel firmamento della storia. Non solo alcuni grandi santi, che amo e conosco bene, sono per me indicatori di strada, ma anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate: persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede". 

"Questa bontà alla quale sono maturati nella fede della Chiesa - ha sottolineato ancora Benedetto XVI - è per me la più sicura apologia del cristianesimo e segno di dov'e' la verità". Nella comunione dei santi, ha rilevato, "coltiviamo la ferma speranza di poter imitare il loro cammino e condividere un giorno" la "vita eterna". "Come è grande, bella e semplice - ha continuato Ratzinger - la vocazione cristiana vista in questa luce. Tutti siamo chiamati alla santità: è la misura stessa della vita cristiana". Di qui l'invito "ad aprirsi all'azione dello Spirito Santo, che trasforma la nostra vita, per essere anche noi come tessere del grande mosaico di santità che Dio va creando nella storia, perché il volto di Cristo splenda nella pienezza del suo fulgore". "Non abbiamo paura - ha concluso - di tendere verso l'alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola, anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore".

Salvatore Izzo

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