Il Papa: «Smartphone e tv a tavola? Così si è poco famiglia»

Francesco all'udienza generale: in questo modo prevale l'egoismo...

Il Papa: «Smartphone e tv a tavola? Così si è poco famiglia»

 

«Una famiglia che non mangia quasi mai insieme, o in cui a tavola non si parla ma si guarda la televisione, o lo smartphone, è una famiglia poco famiglia». All’udienza generale in piazza San Pietro papa Francesco, che ha dedicato la catechesi al tema della «convivialità» sottolineando che «in questo nostro tempo, segnato da tante chiusure e da troppi muri, la convivialità, generata dalla famiglia e dilatata dall’eucaristia, diventa un’opportunità cruciale».

 

«Oggi – ha detto Francesco – rifletteremo su una qualità caratteristica della vita familiare che si apprende fin dai primi anni di vita: la convivialità, ossia l’attitudine a condividere i beni della vita e a essere felici di poterlo fare. Ma condividere, saper condividere è una virtù preziosa! Il suo simbolo, la sua icona, è la famiglia riunita intorno alla mensa domestica. La condivisione del pasto – e dunque, oltre che del cibo, anche degli affetti, dei racconti, degli eventi… – è un’esperienza fondamentale. Quando c’è una festa, un compleanno, un anniversario, ci si ritrova attorno alla tavola. In alcune culture è consuetudine farlo anche per un lutto, per stare vicino a chi è nel dolore per la perdita di un familiare. La convivialità è un termometro sicuro per misurare la salute dei rapporti: se in famiglia c’è qualcosa che non va, o qualche ferita nascosta, a tavola si capisce subito. Una famiglia che non mangia quasi mai insieme, o in cui a tavola non si parla ma si guarda la televisione, o lo smartphone, è una famiglia poco famiglia. Quando i figli a tavola sono attaccati al computer, al telefonino e non si ascoltano fra loro, questo non è famiglia, è un pensionato!».

 

Il cristianesimo, ha sottolineato Jorge Mario Bergoglio, «ha una speciale vocazione alla convivialità, tutti lo sanno. Il Signore Gesù insegnava volentieri a tavola, e rappresentava talvolta il regno di Dio come un convito festoso. Gesù scelse la mensa anche per consegnare ai discepoli il suo testamento spirituale, lo fece a cena, condensato nel gesto memoriale del suo Sacrificio: dono del suo Corpo e del suo Sangue quali Cibo e Bevanda di salvezza, che nutrono l’amore vero e durevole». In questa prospettiva, «possiamo ben dire che la famiglia è “di casa” alla messa, proprio perché porta all’eucaristia la propria esperienza di convivialità e la apre alla grazia di una convivialità universale, dell’amore di Dio per il mondo». In questo nostro tempo, «segnato da tante chiusure e da troppi muri, la convivialità, generata dalla famiglia e dilatata dall’Eucaristia, diventa un’opportunità cruciale. L’Eucaristia e le famiglie da essa nutrite possono vincere le chiusure e costruire ponti di accoglienza e di carità». L’eucaristia di una Chiesa di famiglie «è una scuola di inclusione umana che non teme confronti! Non ci sono piccoli, orfani, deboli, indifesi, feriti e delusi, disperati e abbandonati, che la convivialità eucaristica delle famiglie non possa nutrire, rifocillare, proteggere e ospitare».

 

«Oggi molti contesti sociali pongono ostacoli alla convivialità familiare. È vero, oggi non è facile. Dobbiamo trovare il modo di recuperarla, a tavola si parla, a tavola si ascolta, niente silenzio che non è il silenzio delle monache ma quello dell'egoismo, del telefonino del televisore, recuperare la convivialità pur adattandola ai tempi. La convivialità sembra sia diventata una cosa che si compra e si vende, ma così è un’altra cosa. E il nutrimento non è sempre il simbolo di una giusta condivisione dei beni, capace di raggiungere chi non ha né pane né affetti. Nei Paesi ricchi siamo indotti a spendere per un nutrimento eccessivo, e poi lo siamo di nuovo per rimediare all’eccesso. E questo “affare” insensato distoglie la nostra attenzione dalla fame vera, del corpo e dell’anima. Quando non c'è convivialità c'è egoismo, ognuno pensa a se stesso. Tanto più che la pubblicità l’ha ridotta a un languore di merendine e a una voglia di dolcetti. Mentre tanti, troppi fratelli e sorelle rimangono fuori dalla tavola. È una vergogna!». In questo senso, «l’alleanza viva e vitale delle famiglie cristiane, che precede, sostiene e abbraccia nel dinamismo della sua ospitalità le fatiche e le gioie quotidiane, coopera con la grazia dell’Eucaristia, che è in grado di creare comunione sempre nuova con la sua forza che include e che salva. La famiglia cristiana mostrerà proprio così l’ampiezza del suo vero orizzonte, che è l’orizzonte della Chiesa Madre di tutti gli uomini, di tutti gli abbandonati e gli esclusi, in tutti i popoli. Preghiamo perché questa convivialità familiare possa crescere e maturare nel tempo di grazia nel prossimo Giubileo della Misericordia».

 

 

Iacopo Scaramuzzi

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