La storia di Anna Negri Valvo, nell’oblazione di vita secondo l’amore.
«Anna ha scelto ed è andata alla radice della responsabilità nei confronti della vita, quando e dove questa è più fragile e indifesa. La sua decisione ultima non poteva che essere così come è stata fino in fondo, lineare, indiscussa, fermissima perché la sua umanità aveva questa impronta. Non imposta dall’esterno, da un codice arcano o a rischio di essere ritenuto antiquato, ma limpida, coerente e coraggiosa espressione di umanità vera».
Queste parole di mons. Luigi Stucchi, già vescovo ausiliare di Milano, descrivono chiaramente la storia e la vicenda di Anna Negri Valvo, giovane mamma morta a 37 anni l’11luglio 2005, due mesi dopo aver dato alla luce la terzogenita Rita, avendo rifiutato con fermezza cure invasive che mettessero a rischio o interrompessero l’esistenza della piccola, dopo che le era stata diagnosticato un tumore allo stomaco con necessità immediata di un intervento chirurgico.
Recentemente è stato scritto un libro sulla sua storia, dal titolo La vita dentro, a cura di Maria Teresa Antognazza, che ha collaborato con il papà di Anna, Mario Negri, per la ITL di Milano.
Io ho conosciuto Anna quando collaboravo con un settimanale diocesano: all’epoca lei era nella redazione; di lei mi colpivano due cose: lo sguardo di una serenità disarmante ma determinato; poi, secondo me, aveva una “marcia” in più rispetto a noi collaboratori. Infatti, dopo la scuola di giornalismo e superato l’esame di Stato per l’abilitazione alla professione (il giornalismo era la sua passione), aveva incominciato a lavorare come collaboratrice per il quotidiano Avvenire, impegno che aveva mantenuto anche dopo il trasferimento a Roma, avendo sposato, nel 1998, Enrico Valvo che, avendo vinto un concorso, si apriva alla carriera diplomatica e aveva iniziato a lavorare al ministero Affari Esteri. Per un anno ha avuto anche un incarico all’ufficio stampa della provincia di Milano, nel corso del quale ha avuto modo di incontrare personalità di spicco tra cui l’ex presidente dell’Unione Sovietica Mikhail Gorbaciov.
Originaria di Venegono Inferiore, in provincia di Varese, dopo il matrimonio “segue” il marito nella carriera diplomatica anche se questo comporterà per lei qualche “sacrificio”, come il non poter più lavorare nei quotidiani ˗ in quanto moglie di un diplomatico ˗ obiettivo per il quale si era impegnata tantissimo, mettendoci tanta passione. Ma non ha mai recriminato su questo né rimpianto il passato: era consapevole di dover dare una nuova direzione alla sua vita che aveva scelto per amore (parola che ha contraddistinto in modo sublime tutte le scelte della sua vita).
Nel 2000 il trasferimento in Turchia, a Smirne, dove Enrico era stato nominato console: qui nasce la secondogenita, Irene, mentre la primogenita, Silvia, era nata a Roma. Nel 2003 una nuova destinazione: ad Ankara, la capitale turca, dove il marito, su richiesta esplicita dell’ambasciatore Vittorio Claudio Surdo, sarà il consigliere politico durante il semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea.
Durante la permanenza in Turchia, Anna, non potendo scrivere per i giornali, si dà molto da fare e coltiva diversi interessi con quella determinazione a cui accennavo prima: impara il turco, poi, diceva, «forse mi metterò a scrivere dei racconti per bambini» (cosa che poi farà), inizia a parlare un po’ il francese e aiuta in Consolato seguendo, soprattutto, l’organizzazione degli eventi culturali, come la stagione dei concerti, assecondando così la sua innata passione per la musica. Continua lo studio delle lingue e inizia ad insegnare italiano all’Università.
Anna aveva molto a cuore l’educazione delle sue figlie e passava più tempo possibile con loro, non facendo mai mancare niente per la crescita delle bambine: era molto scrupolosa ed “esigente” in questo delicato compito.
Sul finire del 2004 Anna è di nuovo incinta per la terza volta: la gravidanza inizia con forti disturbi (già in precedenza li aveva accusati quando sentiva determinati odori, quando mangiava). Quando una notte sta molto male si reca dal gastroenterologo che, dopo una gastroscopia, le dice che è un’ulcera ma, a causa del sanguinamento, l’esame non permette ai medici di vedere la massa tumorale già presente. Ai primi di febbraio del 2005, durante una visita di controllo all’ospedale di Ankara, fa una nuova gastroscopia e i medici comunicano ad Anna ed Enrico la terribile notizia: non si tratta di ulcera ma di un linfoma gastrico, un tumore diffuso ed esteso alla mucosa dello stomaco. Lì i medici le dicono che si deve operare immediatamente con l’interruzione della gravidanza e partire con le cure: Anna però vuole percorrere un’altra strada e parlare con alcuni specialisti italiani. Per questo rientra in Italia e comincia una serie di accertamenti, fin quando all’Istituto Europeo di oncologia di Milano le dicono che si poteva operare senza rinunciare al suo bambino: si trattava di un intervento importante con la completa asportazione dello stomaco: era proprio quello che sperava di sentirsi dire!
Con quella “determinazione gentile” che l’ha contraddistinta diceva: «Accetto tutte le cure ma assolutamente rifiuto quelle che dovessero incidere sulla creatura che aspetto». Dopo l’operazione la gravidanza procede abbastanza regolarmente; Anna scalpita per far nascere la sua creatura perché aveva detto di volersi poi curare e tornare a vivere per la sua famiglia. Rita nasce a maggio e Anna è raggiante ma la malattia è molto aggressiva, ha prodotto metastasi e, complice l’estrema debolezza del suo organismo, si arriva alla fine.
Il giorno prima di morire ha voluto chiamare nella sua camera Silvia e Irene dicendo loro: «Fate le brave…»; vola in cielo, tra le braccia del suo amato Enrico, l’11 luglio 2005. Al funerale, in una chiesa gremita, mons. Stucchi, nell’omelia, dice: «Anna ha fatto la sua scelta… solo così ha potuto guardare tutti con gli occhi di sempre, resi ancora più luminosi e penetranti. Solo così ha potuto guardare le sue bimbe con lo stesso cuore di mamma. Solo così il suo grembo ha fatto fiorire la vita. Per quest’ultimo passaggio la vita non è solo fiorita ma ha toccato il vertice stesso dell’amore… Carissima Anna il nostro dolore e la nostra preghiera sono pieni di gratitudine per il tuo esempio di vita».
I familiari, pur nel dolore per la prematura scomparsa, con grande spirito di fede fanno scrivere sulla bella foto ricordo la preghiera di sant’Agostino per la morte della mamma Monica: «Signore non ti chiediamo perché ce l’hai tolta, ti ringraziamo perché ce l’hai donata». Ma i frutti di vita buona di Anna sono continuati anche dopo la sua morte: come si diceva aveva scritto delle favole per le sue bambine e all’amministrazione comunale di Venegono Inferiore venne l’idea di farne un libro che fu pubblicato nel 2006 con il titolo Lupo Adelmo e le sue avventure, riscuotendo grande successo. Da qui sono partite diverse edizioni del “Concorso letterario Anna Negri Valvo” destinato ai più piccoli nello scrivere storie a partire dalla lettura dei racconti di Anna. Infine, nel novembre 2006, veniva benedetto il nuovo asilo nido comunale di Venegono e, per decisione unanime del Consiglio comunale e sollecitata dai genitori del paese, veniva intitolato alla figura di Anna. Il sindaco di allora, Pierluigi Oblatore, diceva nel suo discorso: «Anna è la testimone di un amore talmente forte da non esitare a scegliere la vita oltre il dolore e la sofferenza. Intitolare l’asilo nido a questa nostra concittadina è stato un onore per me e per l’intera popolazione che oggi volentieri rappresento».
Una bellissima testimonianza d’amore a cui possono “guardare” tutti, non solo le mamme e le spose di oggi e del futuro.
di Vezio Zaffaroni
tratto da avvenire.it
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