Ogni settimana, un commento al Vangelo della domenica alla luce della spiritualità di San Francesco di Sales
Dal Vangelo secondo Luca (3,1-6)
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Nella precisione della politica e della datazione ordinaria, accade l’ineffabile, ciò che è più grande di ogni descrizione: «La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto».
L’evangelista Luca ci tiene parecchio alla precisione, non solo storico-geografica, ma soprattutto nell’offrirci riferimenti per una fede autentica in Cristo Gesù.
Qual è il centro di questo messaggio cristiano? «Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Per evitare ogni confusione o «macedonia» di fede, bisogna subito affermare che l’unico vero Dio di tutti è solo ed unicamente il Padre di Gesù Cristo. Poi, è vero che solo alcuni, cioè nella Chiesa, hanno ricevuto questo annuncio esplicito, in forma chiara, adeguata, bella. In tanti altri uomini e donne lo Spirito Santo può guidare al Padre secondo vie a noi sconosciute (Concilio Ecumenico Vaticano II).
Francesco di Sales, in un tempo e immerso in una cultura secondo la quale dovevano essere solo i religiosi, le religiose ad aspirare alla santità, all’autentica e gioiosa vita cristiana, ripropone una verità evangelica straordinaria. In tanti lo dicono e l’hanno detto, ma san Francesco di Sales è ricordato in modo proprio bello per il tono cordiale e convincente al tempo stesso che egli utilizza. Ascoltiamolo.
«Nella creazione Dio comanda alle piante di portare frutto, ciascuna secondo il proprio genere. Allo stesso modo, ordina ai cristiani, piante vive della Chiesa, di portare frutti di devozione, ciascuno secondo la propria natura e la propria vocazione. La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla nubile, dalla sposa. Il suo esercizio deve essere proporzionato alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli.
Ti sembrerebbe giusto che un vescovo pretendesse di vivere come un certosino? E che dire di gente sposata che non volesse mettere da parte qualche soldo più dei cappuccini? Di un artigiano che passasse le sue giornate in chiesa come un religioso? E di un religioso sempre alla ricerca di servizi da rendere al prossimo come il vescovo? Non ti pare che una tal sorta di devozione sarebbe ridicola, squilibrata e insopportabile?
Eppure, queste stranezze capitano spesso, e la gente, che non distingue, o non vuol distinguere, tra la devozione e le originalità di chi pretende essere devoto, mormora e biasima la devozione, che non deve essere confusa con queste stranezze.
La devozione autentica non rovina proprio niente, anzi perfeziona tutto. Quando è contraria alla vocazione legittima, senza esitazione, è indubbiamente falsa».
La «devozione» intesa da san Francesco di Sales: di cosa si tratta? È ciò che don Bosco chiamerebbe «unione con Dio», la preghiera autentica, la «grazia di unità» tra l’amore rivolto direttamente a Dio e la dedizione ai fratelli e le sorelle, specialmente i più poveri e bisognosi.
di don Paolo Mojoli sdb
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