Unendo il respiro antico di una narrazione corale e l'intensitaÃÄ di un'invocazione, questo romanzo ci parla di noi, della possibilitaÃÄ di riconoscere anche in mezzo alla polvere cioÃÄ che inferno non eÃÄ.
del 28 ottobre 2014
Il nuovo romanzo di Alessandro D'Avenia è il ritratto di una città contraddittoria e meravigliosa, di luce e lutto, di una società soffocata dall’omertà ma capace di impareggiabili testimonianze di coraggio. 23 maggio 1992, la scuola sta per finire: un gruppo di liceali palermitani sta festeggiando in piscina, quando dalla tv giungono le immagini della strage di Capaci. Federico è uno di quei ragazzi. Porta il nome di un sovrano antico, e come lui ama la letteratura e la sua terra.
Mesi dopo, alla fine di un nuovo anno scolastico, proprio mentre si prepara ad andare a Oxford per un mese di studio, Federico incontra “3P”, il prof di religione: lo chiamano così perché il suo nome intero è Padre Pino Puglisi, e lui non se la prende, sorride. 3P lancia al ragazzo l’invito ad andare a Brancaccio a dargli una mano con i bambini del centro Padre Nostro, che don Pino ha inaugurato per strapparli alla ai “padrini” del quartiere, parodia violenta della paternità. Quando Federico attraversa il passaggio a livello che porta a Brancaccio, ancora non sa che in quel preciso istante comincia la sua nuova vita, quella vera. Quella sera tornerà a casa senza bici – gliela rubano –, con il labbro spaccato da un pugno e con la sensazione di dover ricominciare da capo: dal buio dei vicoli controllati da uomini senza scrupoli come il Cacciatore, 'U turco, Nuccio; dalle vite spesso disperate, sempre durissime, ma talora felici di Francesco, Maria, Dario, Serena e tanti altri; ma anche da Lucia, ragazza dagli occhi pieni di coraggio e limpidezza... Fino al 15 settembre 1993: il giorno del cinquantaseiesimo compleanno di padre Pino, lo stesso in cui viene ucciso. Il giorno in cui la bellezza e la speranza per Palermo restano affidate alle sue mani di ragazzo, chiamato a cercare e difendere ciò che, in mezzo all'inferno, inferno non è.
Dall’aletta di copertina:
Federico ha diciassette anni e il cuore pieno di domande alle quali la vita non ha ancora risposto. La scuola eÃÄ finita, l’estate gli si apre davanti come la sua cittaÃÄ abbagliante e misteriosa, Palermo.
Mentre si prepara a partire per una vacanza-studio a Oxford, Federico incontra “3P”, il prof di religione: lo chiamano cosiÃÄ percheÃÅ il suo nome eÃÄ Padre Pino Puglisi, e lui non se la prende, sorride. 3P lancia al ragazzo l’invito a dargli una mano con i bambini del suo quartiere, prima della partenza. Quando Federico attraversa il passaggio a livello che separa Brancaccio dal resto della cittaÃÄ, ancora non sa che in quel preciso istante comincia la sua nuova vita, quella vera. La sera torna a casa senza bici, con il labbro spaccato e la sensazione di avere scoperto una realtaÃÄ totalmente estranea eppure che lo riguarda da vicino. EÃÄ l’intrico dei vicoli controllati da uomini che portano soprannomi come il Cacciatore, ’u Turco, Madre Natura, per i quali il solo comandamento da rispettare eÃÄ quello dettato da Cosa Nostra. Ma sono anche le strade abitate da Francesco, Maria, Dario, Serena, TotoÃÄ e tanti altri che non rinunciano a sperare in una vita diversa, che li porti lontano quanto il pallone quando lo si calcia fortissimo nel campetto di terra battuta. Le strade dove si muove Lucia, che ha il coraggio di guardare il mondo con occhi luminosi e di non voler fuggire, percheÃÅ il solo lievito per un cambiamento possibile eÃÄ nascosto tra le mani di chi apre orizzonti dove il destino prevederebbe violenza e desolazione.
Con l’emozione del testimone e la potenza dello scrittore, Alessandro D’Avenia narra una lunga estate in cui tutto sembra immobile eppure tutto si sta trasformando, e ridaÃÄ vita a un uomo straordinario, che in queste pagine dialoga insieme a noi con la sua voce pacata e mai arresa, con quel sorriso che non si spense nemmeno di fronte al suo assassino, con il coraggio di chi nell’atto stesso di morire insegna come vivere a noi che restiamo. Un uomo semplice ma capace di generare la sola epica possibile oggi: quella quotidiana, conquistata passo dopo passo sul confine tra luce e lutto, parola e silenzio.
Unendo il respiro antico di una narrazione corale e l’intensitaÃÄ di un’invocazione, questo romanzo ci parla di noi, della possibilitaÃÄ – se torniamo a guardare la vita con gli occhi dei bambini che tutti siamo stati – di riconoscere anche in mezzo alla polvere cioÃÄ che inferno non eÃÄ.
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