La masturbazione reciproca: fare l’amore è un’altra cosa

La masturbazione, il sesso orale, il sesso anale sono solo dei surrogati dell’intimità sessuale: dobbiamo avere il coraggio di dirlo forte e chiaro. Io oggi ce l’ho, quel coraggio, perché sono stata schiava di queste cose, credendo di proteggermi e di vivere una bella intimità, e invece ho capito che sono nata per altro.

La masturbazione reciproca: fare l’amore è un’altra cosa


 

 

La masturbazione, il sesso orale, il sesso anale sono solo dei surrogati dell’intimità sessuale: dobbiamo avere il coraggio di dirlo forte e chiaro. Io oggi ce l’ho, quel coraggio, perché sono stata schiava di queste cose, credendo di proteggermi e di vivere una bella intimità, e invece ho capito che sono nata per altro.

 

di Cecilia Galatolo, tratto da puntofamiglia.net

 

 

La scorsa volta dicevamo che ci sono degli atti che – vissuti dentro o vissuti fuori del matrimonio – spersonalizzano l’intimità sessuale. Tra questi, ad esempio, la masturbazione reciproca. Nel mondo odierno dire che qualcosa, in materia sessuale, “non andrebbe fatto” equivale a farsi stampare in fronte l’etichetta di “bigotto”, “moralista”, “retrogrado”. Lo so. Però accetto di correre il rischio, perché ciò che ho scoperto vale più della paura di venire guardata male e merita di essere portato alla luce. Poiché non mi piace argomentare solo con delle teorie (alle idee astratte preferisco i fatti, le storie vissute) riporto ora la testimonianza di una ragazza reale. A lei la parola.

 

«Mi chiamo Clelia, ho 29 anni e vorrei raccontarvi come sono arrivata a scegliere la castità nella mia vita. Con “castità” non intendo solo la scelta di “aspettare il matrimonio per il sesso”, ma anche di fare pulizia da tutto ciò che “sporca il sesso”. 

 

A sedici anni ho vissuto la mia prima storia, l’attrazione fisica tra me e il mio ragazzo era molto forte. Ricordo quello che pensavo: era il ragazzo più bello che avessi mai incontrato e quasi non mi capacitavo che avesse scelto proprio me, tra tante. Era dolce, romantico e mi scioglievo ogni volta che mi guardava con i suoi grandi occhi chiari: mi sembrava di aver trovato il principe azzurro. Ben presto abbiamo ho sentito nascere il desiderio di unirci fisicamente.

 

Ero stata educata in una famiglia cattolica e i miei genitori credevano nel valore della verginità. Sostenevano che bisognasse aspettare il matrimonio per fare l’amore, ma io non ne ero più molto convinta da adolescente: mi sembrava un dogma vecchio e superato, al quale nessuno dava più credito. Penso di non essere l’unica ragazza cattolica ad aver vissuto come “imposizione” questo principio dato dalla famiglia. Basta guardare un film o ascoltare i coetanei… chi propone ancora la “castità”? Quel “dogma” mi pesava ancora di più ora che nella mia vita c’era Federico. 

 

Volevo fare di testa mia, seguire il mondo, fare a meno degli insegnamenti ricevuti. (Mentre racconto questo – sapendo come è finita – mi sento molto come il figlio della parabola del Figliuol prodigo). Comunque, pur disposta e rinnegare i valori “di casa”, dei miei, della Chiesa, al tempo stesso non me la sentivo di avere subito rapporti completi con Federico a quella età, perché mi rendevo conto che il sesso era una cosa importante e, pur non essendo contraria ai contraccettivi (le mie amiche ne facevano già uso), io non me la sentivo di usarli a sedici anni (avevo paura che non funzionassero proprio sempre – cosa che comunque mi avevano detto anche in una lezione di educazione sessuale: nessun metodo ha l’affidabilità del 100% – e che sarei potuta rimanere incinta). 

 

Senza avere ancora le idee chiare su come vivere concretamente la nostra sessualità nel fidanzamento, io e Federico ci siamo lasciati trasportare dagli eventi: abbiamo iniziato a spogliarci e a “concederci” ogni giorno qualcosa di più, credendo di avvicinarci al sesso, mentre ciò che facevamo ci allontanava soltanto dall’unità che viene da un vero rapporto sessuale! La masturbazione, il sesso orale, il sesso anale sono solo dei surrogati: dobbiamo avere il coraggio di dirlo forte e chiaro. Io oggi ce l’ho, quel coraggio, perché sono stata schiava di queste cose, credendo di proteggermi e di vivere una bella intimità, e invece ho capito che sono nata per altro. Sono nata per fare l’amore con un uomo, per diventare un solo corpo e una sola anima con lui, guardandoci negli occhi. Allora, però, non lo sapevo. E così ho passato un anno e mezzo a compiere questi gesti. Non parlavo di ciò con i miei genitori, per le mie coetanee era tutto normale, ma io mi sentivo “sporca”, anche se non volevo ammetterlo. Non mi sentivo a posto, soprattutto quando facevo la comunione (perché in tutto ciò io ero credente e andavo ancora in chiesa. Mi professavo cristiana e mi confessavo anche. Questo, però, non lo dicevo in confessione. Non lo vedevo come un peccato, non volevo vedere che stavo facendo uno scempio del mio corpo, anche se in fondo lo sapevo). 

 

Dopo due anni di relazione, io e Federico ci siamo lasciati, proprio quando ormai ero quasi sicura di voler vivere con lui un rapporto intimo completo. Ai tempi, ho vissuto quella separazione come un dramma, ma oggi so che doveva andare proprio così: Federico non era la mia vocazione. A 19 anni ho incontrato Gesù (non più in modo superficiale, ma davvero!): la sua presenza è penetrata in ogni sfera del mio esistere e tutto, ma proprio tutto, in me è cambiato. Ho iniziato a guardare la vita e anche il mio corpo in modo nuovo. A 20 anni, nel pieno di questa euforia generata dalla conversione, ho conosciuto Simone, un ragazzo serio, onesto, puro. Dopo qualche mese di frequentazione ci siamo messi insieme. Ed è stato lui a dirmi in modo chiaro che le cose che facevo con Federico erano “sleali”, che fare l’amore era tutta un’altra cosa. Io gli dicevo che non sapevo se definirmi vergine o meno e lui senza giudicarmi ma con onestà mi ha risposto: “Anche se non hai fatto l’amore nel vero senso della parola, non puoi dire di essere vergine”. 

 

Avevo bisogno di sentirmi dire quelle parole, per convertirmi fino in fondo. Per scegliere davvero la castità. Io e Simone abbiamo deciso insieme di attenderci fino al matrimonio e di vivere, una volta sposati, l’atto coniugale senza scorciatoie, in modo vero. Ora che siamo sposati da cinque anni e che ci amiamo nel modo pensato da Dio, posso dire ancora di più di essere caduta in una menzogna con Federico: quella di usarci a vicenda. Invece, il nostro corpo è un dono, non un arnese da usare per produrre godimento! Oggi vi dico in totale onestà che non rifarei quello che ho fatto con Federico, mentre rivivrei 100 volte il mio secondo fidanzamento in castità, durato tre anni e mezzo. Se con Federico ogni momento era buono per appartarci (lasciando troppo in secondo piano tutto il resto!) la dolcezza, il dialogo, la condivisione che io e Simone abbiamo coltivato in quel periodo, il conoscerci senza lasciare posto alla malizia e alla ricerca sfrenata del piacere, ce la ritroviamo ancora oggi, come preziosa eredità per la vita sponsale. Non è da folli aspettarsi e donarsi nella pienezza: come diceva Madre Teresa di Calcutta, la castità nel fidanzamento aiuta a preservare, a conservare vergine l’amore».  

 

Volete sapere di più della castità? Conoscere altre storie? Avere qualche consiglio per viverla anche voi? Seguitemi anche i prossimi fine settimana!

 

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